L’amore tra i due è la massima debolezza umana, in cui urge
la massima forza. Quella che è la corrente della caduta è
la forza che, assunta dallo spirito, diviene potere di riascesa, di salvazione.
Il bisogno dell’altro diviene ritrovamento di sé nell’altro: da
cui viene il dono della inesauribilità della forza, la forza che
si aggiunge come impulso superiore alla semplice forza umana.
Tutto l’umano allora cade in sé, sino a una cristallinità
intangibile, fuori della quale può essere tumulto, o tempesta, o
caos, che non ci tocca: perché fuori, intatto e trascendente, domina
il segno di luce, l’idea del ritrovamento del senso ultimo della forza:
la donazione al Christo. Dal quale fluisce come amore.
La forza del sacro amore riguarda l’avvenire della Terra, l’imminente
futuro dell’uomo. Decide della lotta tra l’uomo e i dèmoni: se l’uomo
può vincere, in quanto il “Cristo avanza senza combattere”.
Occorre preparare l’èmpito nuovo, la grande elevazione non tócca
da rumore umano, la grande indipendenza che lascia essere fuori di sé
il tumulto, il grande riposo dal fondamento, che lascia essere la serie
delle risonanze caotiche del mondo come in un torrente che si contempla,
o una cascata che batte nel fondo. In questa indipendenza è il clima
dell’amore invitto, che si fa palpito del mondo.
Che esige una catarsi e una benedizione: ossia il fiore del meditare,
che non conosce arresto di stanchezza, o di paura, perché è
il senso del grande coraggio: fa appello alla forza senza principio né
fine, che non si consuma, per quanto sia ogni momento distrutta dal mondo
che è intorno, perché è sempre nel momento del suo
crearsi dall’origine: attingere all’origine, o a ciò che è
all’origine, infatti, è il suo segreto, è tutta la sua virtú.
Perciò l’amore non può essere che un amore infinito, che
per scaturire di continuo prorompe spezzando il limite che di continuo
si riforma. È necessario volerlo oltre ogni ostacolo umano, oltre
ogni insidia luciferica, oltre ogni tranello ahrimanico, volerlo come forza
liberatrice, trasmutante di continuo nella dedizione e nella creazione,
nel sacrificio di sé e nella resurrezione, nell’annientamento e
nell’alta sublimazione, come un flusso perpetuo dominato dallo slancio
primo, dallo slancio che solo ha ragione di essere, dallo slancio di ritrovarsi
nell’altro oltre la vita, oltre la morte, oltre tutto.
(M. Scaligero, Manoscritti inediti, Quaderno
no XI, giugno1969)
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dell’Associazione Culturale Fondazione Massimo Scaligero
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