Può aspirare a un evento
rinnovatore dell’umano, chi sappia riconoscere l’assunto cosmico della
sua aspirazione. Essa comporta una responsabilità individuale capace
di fare appello al principio superindividuale, che solo può liberarla
dai vincoli fittizi del mondo e darle modo di operare incondizionatamente
per la fraternità umana. Può aspirare alla Rivoluzione, chi
muova dall’idea che essa è nel suo primo sorgere nella coscienza,
sí da ravvisarla come essenza della fraternità. Chi cerchi
la fraternità, infatti, la vede scaturire come idea, che congiunge
individuo a individuo, vita a vita, opera a opera, dall’interna identità
di ciascuno, o dallo spirito, che sa sempre ritrovare nell’ altro se stesso.
Si può aspirare alla Rivoluzione, se si scorge l’idea che muove
l’umano, la natura, la storia: non l’idea della dialettica hegeliana o
marxiana, ma quella che si accende nell’intimo dell’anima come luce di
conoscenza, principio di azione, virtú risolutrice dell’intelletto
astratto.
Si può credere nella
Rivoluzione come nella forza del meditare profondo che rinnova l’individuale,
e, rinnovando l’individuale, ha il potere di rinnovare la relazione umana:
ma è in realtà sperimentare la forza sovrarazionale del pensiero,
che opera come obiettiva forza d’amore, in quanto ricongiunge nella coscienza
l’umano con il superumano. Mostreremo come l’autentica azione rivoluzionaria
scaturisca dalla possibilità che il moderno uomo razionale ritrovi
in sé, oltre il limite mentale, il mondo delle idee viventi a cui
un tempo attinse Platone. Quel livello fu raggiunto da un antico filosofo,
appartenente alla nobile razza dei portatori dello spirito: a quel sublime
livello dunque si elevò un tempo l’umano, nella forma mistica o
estatica, lucida. Oggi quel livello può essere raggiunto nella forma
cosciente, lucida. Dai pochi capaci di una simile esperienza, comincia
la reale Rivoluzione. L’umanità non necessita di dialettiche rivoluzionarie,
che non hanno in sé potere di mutare qualcosa, bensí di uomini
capaci di un mutamento di coscienza, di una misura nuova dell’umano, quale
è richiesta dall’attuale condizione di inavvertita caduta nel subumano.
Quando Hegel parla dell’estasi
alla quale Platone deve l’esperienza sovrasensibile, sembra stupire che
i moderni non comprendano come Platone conseguisse tale estasi nell’esperienza
del concetto puro. È evidente che Hegel parla di qualcosa che gli
è familiare: il trascendimento del mentale mediante il pensiero
puro. Il còmpito a cui viene meno Hegel, nello svolgere la dialettica
dell’idea, è il riconoscimento della realtà trasmutatrice
della coscienza insita in tale esperienza metafisica: la possibilità
di percepire direttamente il moto dell’idea come ente metadialettico: possibilità
che svaní nel nulla delle dialettiche successive, materialiste o
idealiste. Tale possibilità è il germe di quel mutamento
di coscienza che la situazione attuale dell’uomo chiede disperatamente,
senza che i filosofi, o gli psicologhi, o gli "spiritualisti",
mostrino minimamente averne consapevolezza.
Riteniamo che abbia diritto
di chiamarsi Rivoluzione soltanto l’azione rinnovatrice che scaturisca
da un tale mutamento di coscienza, ossia dal coraggio interiore di uomini
capaci di comprendere che cosa deve veramente essere superato nell’individuale
natura, perché il rinnovamento abbia inizio.
M. Scaligero,
RIVOLUZIONE discorso ai giovani, Roma, Perseo, 1969, pagg.7-9
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