L’Archetipo Anno IV n. 3, Gennaio 1999

SCIENZA E COSCIENZA

  LA VERA RIVOLUZIONE

Può aspirare a un evento rinnovatore dell’umano, chi sappia riconoscere l’assunto cosmico della sua aspirazione. Essa comporta una responsabilità individuale capace di fare appello al principio superindividuale, che solo può liberarla dai vincoli fittizi del mondo e darle modo di operare incondizionatamente per la fraternità umana. Può aspirare alla Rivoluzione, chi muova dall’idea che essa è nel suo primo sorgere nella coscienza, sí da ravvisarla come essenza della fraternità. Chi cerchi la fraternità, infatti, la vede scaturire come idea, che congiunge individuo a individuo, vita a vita, opera a opera, dall’interna identità di ciascuno, o dallo spirito, che sa sempre ritrovare nell’ altro se stesso. Si può aspirare alla Rivoluzione, se si scorge l’idea che muove l’umano, la natura, la storia: non l’idea della dialettica hegeliana o marxiana, ma quella che si accende nell’intimo dell’anima come luce di conoscenza, principio di azione, virtú risolutrice dell’intelletto astratto.
Si può credere nella Rivoluzione come nella forza del meditare profondo che rinnova l’individuale, e, rinnovando l’individuale, ha il potere di rinnovare la relazione umana: ma è in realtà sperimentare la forza sovrarazionale del pensiero, che opera come obiettiva forza d’amore, in quanto ricongiunge nella coscienza l’umano con il superumano. Mostreremo come l’autentica azione rivoluzionaria scaturisca dalla possibilità che il moderno uomo razionale ritrovi in sé, oltre il limite mentale, il mondo delle idee viventi a cui un tempo attinse Platone. Quel livello fu raggiunto da un antico filosofo, appartenente alla nobile razza dei portatori dello spirito: a quel sublime livello dunque si elevò un tempo l’umano, nella forma mistica o estatica, lucida. Oggi quel livello può essere raggiunto nella forma cosciente, lucida. Dai pochi capaci di una simile esperienza, comincia la reale Rivoluzione. L’umanità non necessita di dialettiche rivoluzionarie, che non hanno in sé potere di mutare qualcosa, bensí di uomini capaci di un mutamento di coscienza, di una misura nuova dell’umano, quale è richiesta dall’attuale condizione di inavvertita caduta nel subumano.
Quando Hegel parla dell’estasi alla quale Platone deve l’esperienza sovrasensibile, sembra stupire che i moderni non comprendano come Platone conseguisse tale estasi nell’esperienza del concetto puro. È evidente che Hegel parla di qualcosa che gli è familiare: il trascendimento del mentale mediante il pensiero puro. Il còmpito a cui viene meno Hegel, nello svolgere la dialettica dell’idea, è il riconoscimento della realtà trasmutatrice della coscienza insita in tale esperienza metafisica: la possibilità di percepire direttamente il moto dell’idea come ente metadialettico: possibilità che svaní nel nulla delle dialettiche successive, materialiste o idealiste. Tale possibilità è il germe di quel mutamento di coscienza che la situazione attuale dell’uomo chiede disperatamente, senza che i filosofi, o gli psicologhi, o gli "spiritualisti", mostrino minimamente averne consapevolezza.
Riteniamo che abbia diritto di chiamarsi Rivoluzione soltanto l’azione rinnovatrice che scaturisca da un tale mutamento di coscienza, ossia dal coraggio interiore di uomini capaci di comprendere che cosa deve veramente essere superato nell’individuale natura, perché il rinnovamento abbia inizio. 

Massimo Scaligero

M. Scaligero, RIVOLUZIONE discorso ai giovani, Roma, Perseo, 1969, pagg.7-9

 

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