Molta sofferenza è intorno, molte prove, molto sacrificio: il
rimedio è riversare amore secondo l’anima che si riempie di donazione
di sé a ciò che è sacro e assoluto, secondo l’impegno
della perennità.
Spesso ho sentito dire da amici che venivano a chiedermi consiglio,
che soffrivano perché “si sentivano soli”. Non avevo mai ben capito
cosa significasse “sentirsi soli”, perché sempre, realizzando la
solitudine interiore, anzi cercandola, mi ritrovavo con il mondo, con la
vita interiore degli altri, per cui sentivo nella solitudine non un isolamento,
ma una via ascetica alla comunione con la realtà effettiva degli
esseri. Sentirmi solo è stata sempre per me una via alla beatitudine.
Ho molto analizzato ora il significato vero del “sentirsi soli”: è
il principio di una necessità di riconoscersi incapaci di amare.
È incapacità di poesia: poesia non come attività estetica,
ma come spirito alitante e libero.
Tutto il clima interiore del colloquio con l’altro deve essere poesia:
uno sprofondarsi in un’armonia risanatrice. Ognuno è chiamato alla
restaurazione dell’antica armonia, l’originario Eden dell’umana coppia,
lo sposalizio cristico.
Viviamo ore in cui il mondo ci è di fronte con tutto il suo
corrusco tessuto di forze e di brame: lotte etniche, guerre, fanatismi
classisti, livellamento ugualitario ecc. Questo può essere messo
in rapporto a un vacillamento di fede e di onore del combattente dello
spirito: un impegno spirituale mancato conferisce alle forze ostacolatrici
poteri legittimi sul mondo.
Oltre tutti i compromessi, superando i timori e le oscure limitazioni
umane, occorre portare tutto l’apparire al suo termine, costringendolo
a ciò di cui soprattutto ordinariamente si teme: portarlo a misurarsi
con l’essere. L’epoca è difficile, ma eroica e santa. Occorre aprire
il varco all’amore umano-sacro.
(M. Scaligero, Manoscritti inediti,
Quaderno XII, Luglio 1969)
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dell’Associazione Culturale Fondazione Massimo Scaligero
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