Il “preludio alle nozze michaelite”
è la preparazione spagirica dell’anima all’incontro con l’essere
androginico dell’altro: è il diamante che si risolve nella forma
della sua luce per poter essere un dono fluente dell’essere adamantino.
Incontro che avviene in una zona ancora ignota all’umano, al quale appare
mistero, zona d’altezza dell’idea pura: al cui livello conducono i veri
moti dell’ascesi meditativa, come tutti i pensieri che scaturiscono dalla
vittoria dell’anima sull’umano.
La prova dell’Amore Sacro è
come la prova della Soglia, o della massima impersonalità acquisibile
dall’iniziato. Egli è capace dell’Amore Sacro nella misura in cui
è capace di vincere ogni altro amore terrestre, che non è
amore ma vincolo. La prova è il superamento del limite vitale, del
limite della concentrazione, del limite del pensiero riflesso, dell’attaccamento
all’apparire: del limite dell’anima senziente e dell’anima razionale: oltre
questo limite soltanto, l’anima può realmente amare.
L’altro va amato non come si ama
nel mondo, ma muovendo nel Mistero Celeste che ha in sé la forza
creatrice dell’Amore futuro da cui sarà trasformata la Terra. C’è
bisogno di un pensiero nuovo, trivellante per sua costituzione adamantino-ferrea
sottile, sino al Fiore di Luce in cui sia continuamente percepibile l’esaurimento
della materia, la sparizione incessante del mondo fisico. Questo segno
trascendente è il grande aiuto per vincere il male, la tenebra.
Occorre vederlo nella sua aseità, libera da tutto. Tutto il falso
umano viene superato ed estinto, o risucchiato da questo vortice di luce
divoratore, dinanzi a cui tutto si acquieta. Si acquieta perché
operi puro e magico l’Amore.
Calma profonda, inalterabilità
lineare, senso di essere in stato di semplicità assoluta, una certezza
di intangibilità a qualsiasi alterazione, volontà riposante
nel profondo, sono l’introduzione alla contemplazione dell’essere dell’altro
per virtú di una correlazione primordiale, impercepibile e radicale,
assoluta, capace di imporsi su tutto. Questo è poi il senso della
percezione del fiore di luce, l’assoluto ekagrata libero in sé,
come obiettivo, come estraneo, come essente da sé. Perché
in questa sua essenza da sé sollecita la magia piú segreta
dell’anima, la forza creante della Luce di Vita, la forza che ha una sola
forma che la incarna pienamente nell’umano, quando l’umano è capace
di tale autosuperamento, da donarla ad essa: l’Amore del mondo, la virtú
sopraggiungente del Logos.
da una lettera del
marzo 1971 a un discepolo
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