Il sapere perenne del cuore è
il segreto della restituzione della vita. Questo segreto va realizzato:
è una chiave nuova ed eterna.
L’arte è la donazione assoluta,
senza residui, al Logos. Come un puro pensiero si scioglie dalla serie
dei mondi interiori per una vitalità diversa, piú determinata,
piú reale, o magica, allo stesso modo ascende come un potere puro
della volontà l’impulso della donazione alla figura celeste – simbolo
connesso a quello del San Graal – e apre il varco all’assoluta esperienza
sovrasensibile.
Tutta l’opera consiste nella continuità
della aseità del fiore di luce, che deve essere adamantino nella
sua centralità. Occorre seguire il filo adamantino della meditazione:
un lasciar essere tutto come prakriti, e un guardare tranquillo
il centro in cui scompare lo spazio e ogni forma spaziale: il fiore puro,
l’assoluto per sé, l’indipendenza incommensurabile, l’idea tersa
e nuda, il limpido accendersi nel suo sparire creante. È l’essere
che nasce dalla tenebra, il segno della resurrezione.
È il ritorno nella musica
dell’Universo, entro l’armonia delle sfere. Questo fiore va contemplato:
solo contemplato, il resto si compie secondo la sua magia. È il
continuo riaccendere ciò che divampa perenne, ma va riacceso là
dove la fiamma non può trarsi se non dal proprio essere, non dipendendo
da ciò che si consuma perché essa arda…
Una volta su questo sentiero,
non v’è altro che la ininterrotta azione rituale: l’acme raggiunta
pone un livello che non può piú essere perduto. Non piú
un momento di incertezza. La folgore è continua, l’istantaneità
diviene puro essere intemporale. Il momento del grande coraggio diviene
normalità: la donazione assoluta all’Amore Sacro diviene il contenuto
stesso della vita.
Tutto è la sicurezza del
moto di luce, non fermato da nulla, inarrestabile, attraversante tutto,
perché conosce il suo decorso e il suo senso finale. È l’assoluto
volere del fiore di luce, che si vuole da sé, per assoluta impersonalità,
grazie al suo profondo sparire.
L’Io che cessa di essere prigioniero
del rappresentare, ha il rappresentare come forza di visione: opera su
ciò che prima lo costringeva a un modo di vedere: si estrinseca
come Io: questo stabilire la sua relazione è l’amore.
Essendo l’attività sempre
conforme a una determinazione originaria, lo schema è quello della
potenza che si fa atto: l’amore di cui si ama è l’atto di un potere
che è stato inserito nella linea vitale come un destino, con la
sua logica e la sua possibilità di annientarsi. L’elemento volitivo
è dunque la verità dell’Amore.
L’Opus metaphysicum, il
piú severo, è il piú volitivo: coincide con l’assunto
finale del Graal, essendo il coronamento del processo dell’anima cosciente.
Occorre una dedizione educatrice
di tutto l’essere, che faccia comprendere che cosa in noi è inerte
e come inerte rifiuta la luce, rifiuta l’amore, rifiuta la redenzione.
L’offerta è una, ma è
possente nello scindere da sé il non redento, cosí che questo
possa divenire materia di ulteriore trasformazione o donazione.
Occorre una grandezza infinita
del cuore, un’ampiezza di donazione capace di colmare ogni deficienza e
soverchiare ogni umano errore: una fiumana di generosità salvatrice
capace di riempire l’abisso, di superare ogni frattura, di sanare ogni
ferita.
Da una lettera del
maggio 1970 a un discepolo
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