Le influenze della sfera spirituale, per poter agire nel nostro mondo,
hanno bisogno di basi adeguate, anzitutto nell’ordine psichico e poi in
quello strettamente fisico: occorre ad esse un sistema analogo a quello
che, nella sua costituzione e nella gerarchia dei suoi elementi, presenta
l’organizzazione corporea.
Ora avviene che se tali influenze, ad un dato momento, per una qualunque
ragione, si ritirano dalle precedenti basi “fisiche”, patrie o regioni
o razze che siano, queste possono tuttavia restar cariche di forze psichiche,
che saranno tanto piú persistenti, quanto piú potente fu
il principio spirituale che di esse fece uso. Ne consegue che il
caso relativo a centri spirituali di valore decisivo per la storia dell’umanità,
spiritualmente estintisi da un tempo piú o meno lungo, è
quello cui si connettono i maggiori pericoli, soprattutto perché
nuove influenze invisibili, ma appartenenti al mondo inferiore, possono
impadronirsi di quei veicoli psichici per manovrarli secondo la direzione
e gli scopi che a loro interessano.
Si può dunque verificare il fatto che tutta la cultura e la
dialettica di un corpus tradizionale, che ebbero origine come espressione
di significati di un mondo in verità trascendente, vadano a rivestire
il complesso gioco di forze anti-spirituali, in cui anche i cosiddetti
“uomini in buona fede” divengano inconsapevoli pedine.
Nel mondo moderno le forze pure ed eterne della tradizione esoterica
vanno ricercate attraverso una liberazione individuale, di là da
ogni cristallizzazione culturale e da ogni consunzione dialettica mediante
“metafisica pura”, mediante “pensiero puro”. E si spera che, almeno da
qualcuno, tali espressioni non vengano fraintese.
Una tradizione deviata sino al punto da render possibile ogni abuso
da parte di forze anti-spirituali, sino all’alleanza con quel mondo materialistico
contro cui dovrebbe schierarsi, è davvero morta come tale, quanto
quella di cui non sussista alcuna continuazione visibile. Oggi, si assiste
al fenomeno di una “compensazione” o filosofica o scientista, come via
per la soluzione della crisi spirituale che consegue a simili morti.
L’ultima fase del periodo filosofico va divenendo un forzoso prolungamento
dei motivi per cui essa non può essere altro che l’ultima fase.
Si assiste al riversarsi di una sorta di “precipitato psichico” dell’ultima
dialettica filosofica: serie di sottoprodotti di una impotenza del pensiero
a ritrovarsi come valore cosciente di qua dalla serie delle ragioni: esistenzialismo,
neo-realismo, progressismo. E se si tien conto che ogni forma di spiritualismo
che rimanga nella negazione formale di un tale precipitato psichico in
definitiva mostra di patirne il vizio profondo e di essere soltanto un
aspetto esteriore, sentimentale, semi-cosciente, della paura che esso genera,
si può concludere che esistenzialismo, neo-realismo e progressismo
hanno una sostanza comune con certo misticismo di moda, con certe ”vie
di salvezza” estremamente facili, con certe manie collettive di redenzione.
La confusione in tal senso non ha limiti. All’uomo attuale non importa
piú che una cosa sia vera, ma soltanto che possa essere dimostrata.
In tal senso egli “pensa”, ossia si illude di pensare. In compenso agisce
illimitatamente, senza un controllo, senza una vera consapevolezza
di ciò che compie. A lui, avanzare verso una qualsiasi direzione
interessa in forma morbosa: che cosa sia poi questa direzione e quale il
suo intimo valore, egli nemmeno si chiede: cosí la dispersione continua
del suo mondo psichico è la conseguenza inevitabile di ogni forma
della sua azione.
Occorre riconoscere che la necessità di un incessante agitarsi
esteriore recata alle conseguenze piú esasperanti, senza alcuna
nozione del senso finale di esso e del risultato ultimo dell’orgia di attività
semplicemente caotiche, pone l’uomo fuori del suo centro e lo porta al
tradimento della propria originaria natura, che dovrebbe essere conforme
al principio di libertà cosciente.
In correlazione con il potenziamento sistematico delle facoltà
esteriori dell’uomo, si verifica una sorta di paralisi delle capacità
superiori, quelle che danno ad esso il diritto di riconoscersi al vertice
sovrasensibile, individuante, del processo proprio alla natura naturata.
Non soltanto egli rinuncia ad essere libero, ma diviene il pervertitore
del mondo della necessità naturale.
Divenendo meno che uomo e movendosi nel sub-umano, non
rinuncia tuttavia a giustificare mediante logica e a confermare con la
scienza questo suo decadere.
Continua a considerarsi aristócrate, essendo divenuto uno schiavo:
e proprio perché ha l’anima del servo – evidente soprattutto quando
rinuncia a pensare da sé – cerca all’esterno una libertà
che non riesce a conquistare nel proprio mondo interiore. È significativo
in tal senso l’inturgidimento dialettico di tutti gli attuali assertori
e ricercatori della libertà. Quando tanto se ne parla, allora veramente
è soltanto un flatus vocis: allora il mondo è pronto
perché gli impotenti a darsi una libertà (che è libertà
interiore) impongano al mondo la forza solidale della loro schiavitú.
Non resta allora, agli ultimi uomini liberi (il che è dire:
ai primi oltre la sfera della necessità) che sparire nella
inviolabilità del “silenzio” e operare secondo princípi che
trascendono i programmi umani piú o meno scientificamente elaborati.
Qualunque cosa sia per ora detta nel senso di un vero di cui non esiste
neppure la nozione nell’ordine intellettuale, è destinata a perdersi
nella confusione di tante ideologie e di tante retoriche. Pure, l’appello
è permanentemente lanciato da chi sa perché occorre resistere
e può essere ancora raccolto da chi comunque ha deciso di non venire
ad alcun compromesso. Questa direzione puramente e coscientemente rivoluzionaria
di contro alla marea della sovversione conservatrice, falsamente religiosa
o progressista, alimentata dall’accidia dell’anima “borghese”, è
l’ultima difesa e al tempo stesso il primo fondamento di un ordine spirituale
alla cui perdita si deve l’attuale dramma dell’uomo.
Allorché il nominalismo ritorna sotto forma di dialettica o
spiritualistica o marxistica o scientistica, è difficile uscir fuori
dalla confusione delle parole. Viene allora scambiato il concetto di “universalità”
con quello di “internazionalizzazione”. L’influenza dell’ordine inferiore
usa per sé gli stessi concetti e gli stessi nomi che si riferirono
all’ordine celeste, in vista di un “possesso” in profondità del
sistema umano a lei legato mediante frenetico desiderio e oscurità
di coscienza.
Se si analizzano certe forme democratiche e demagogiche dell’attuale
politica dominante, non si può non avvertire un’influenza del genere:
il culto del popolo e l’idea che in esso stia il principio e la sanzione
di ogni autorità, non sono che inversioni di una giusta comprensione
del valore “popolo” e in definitiva agiscono come motivi di degradazione
e di peggiore oscuramento di questa collettività.
L’insorgere organizzato della quantità, la cui possibilità
di scatenamento sotto etichetta umanitaria e socialitaria non è
che un elemento del dominio di quell’ordine inferiore; cosí l’insofferenza
per ogni giusta autorità o per un dirigente che non abbia tratti
affini al tipo dei tribuni del popolo o ai dittatori promettenti la redenzione
del proletariato per meglio aggiogarlo o incatenarlo: sono aspetti di un
capovolgimento di valori rispondente a un sistema “tellurico” che da
invisibile oggi tende a divenire visibile, non senza prima aver giocato
l’umanità mediante un falso uso dei suoi maggiori ideali: libertà,
fratellanza, giustizia e simili.
Fede e scienza: antitesi dialettica, retoricamente risolta mediante
la contraffazione dello spirituale. Qui, incapacità metafisica e
falsa religiosità, pari per impotenza dinanzi alla diabolicità
del mondo moderno, in sostanza si conciliano con il mondo della materia
deificata e meccanizzata. Il religioso “tradizionalista” va di buon accordo
con il positivista piú o meno professante ateismo, perché
questi non lo disturba, non tenta piú di invadere con concetti metafisici
il suo dominio, anzi lo lascia padrone assoluto nel campo della fede e
del dogma. Allo stesso modo il positivista ateo va di buon accordo con
il professionista della religione ufficiale, perché questi già
da lungo tempo ha rinunciato a conoscere la realtà esteriore da
un punto di vista essenziale.
Il moderno religioso segue la moda, pronto a piú supini riconoscimenti
delle verità dell’esperienza e della realtà conoscibile matematicamente,
incapace di offrire una giustificazione superiore di questo mondo di concretezza,
e lascia il positivista della scienza sovrano assoluto nel suo campo, cosí
l’impotente della scienza stringe la mano all’impotente della fede.
Essi poi sono sempre pronti a formare un fronte comune contro chiunque
li disturbi, contro ogni dottrina che non si rassegni a questa doppia rinuncia
e affermi il diritto di un principio superiore sia al limite della fede
sia al limite della scienza, un principio cioè di spiritualità
solare, sintetica e dominatrice.
Questa spiritualità superatrice ad essi non può che presentarsi
rivoluzionaria e portatrice di un nuovo senso eroico della vita. Contro
di essa dunque viene scatenata una guerra che da un lato assume l’aspetto
di “tradizione” che vuol conservare se stessa e dall’altro assume l’aspetto
della rivoluzione popolare ed è la rivoluzione della materia contro
lo spirito, quella che spesso abbiamo chiamata la “falsa rivoluzione”.
Le due impotenze sono dunque sempre pronte ad allearsi e ad opporre
il mondo della loro potenza, che è ormai il veicolo e la base delle
influenze dell’ordine infero, contro ogni autentica rivoluzione dello spirito
che dall’alto tenda ad agire verso il basso, secondo leggi proprie non
sempre riducibili al livello dello sterile razionalismo umano.
Chi non sa scoprire il messaggio latente in questa immane sofferenza
dell’uomo, in questa inversione di valori e in questo sovversivismo mistico-materialistico,
non ha raggiunto ancora la dignità interiore necessaria per divenire
un combattente consapevole della guerra spirituale, della guerra sottile,
che ovunque agita l’umanità.
Selezione da: «Architrave» anno I, n. 4, Maggio
1948
Immagine: G. Doré «Vittoria di Michele
sui nemici dello Spirito»
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