AcCORdo

Per uscire dall’attuale prigionia contratta e trovare l’infinito in un punto senza dimensione, a partire dall’essere che siamo, occorre estinguere in sé l’individuo antico: estinguere l’essere, lasciar svanire le velleità, morire, non essere, finire, scendere nel nulla, conoscere l’annientamento, l’atarassia, la neutralità nuda, lo sprofondare sino all’assenza pura, sino all’assenza assoluta del soggetto dell’annientamento: non essere, cessare di essere, togliere tutto, non volere.
Questo compito non è facile, ma è l’alto cammino per un risostanziarsi della Luce prima nell’essere che si è nel profondo, un ricominciare il proprio essere dall’origine, un annientarsi per essere: nel ritrovarsi, dopo l’annientamento, si ritrova la vera vita, la reale essenza, il pensiero puro, il gioiello splendente della liberazione, un ricamo trascendente di luce, di vita della luce: essenza che è nel mistero della obiettività senza limite e tuttavia è l’essenza della forza profonda. Il segreto è appunto questo: che l’essenza indipendente da noi sia veduta da noi: ché questo vederla è la via al riconoscere come nasca in verità in noi. Ciò che è veduto come pura obiettività è la nascita dell’Io, che può sperimentare l’identità con il mondo (obiettivo) in quanto comincia col separarlo da sé. E questo è il segreto dell’Io, ossia dell’anima, della Iside-Sophia.
Occorre tornare alla purità, per essere puri: ritrovare il pensiero della inalienabile luce, il fluire immateriale, la vena di lampo che si scinde da ogni scoria terrestre, la luce gemmante, il ricamo sorgivo intoccabile, il puro fiore di luce, il primo essere del pensiero, il piú interno sorgere della luce: il lampo che si scioglie dall’oscurità, perché i pensieri preparino l’imminente vita, perché il pensiero sia misura dell’eterno nell’anima e strumento della purificazione.
Quest’opera è lunga, profonda, eroica. L’Io, per ritrovarsi, deve ritrovare il Cristo, ma per ritrovare il Cristo deve ritrovare la Iside-Sophia.
Questa è la verità piú oggettiva: non soggiacere a una necessità esteriore allo Spirito, non essere presi da una brama ideale, essere mossi da una “privazione” o da un bisogno piú forte di sé: lasciar manifestarsi la forza che si è riconosciuta identica alla propria vocazione di reintegrazione dello Spirito, lasciar sorgere in sé la virtú d’Amore che riconduce nella sfera originaria della Luce: questa virtú è la Via al Graal.
Dono ineffabile del Graal è il potere di redenzione che dalla originaria luce giunge sino alla radice dei sensi. È la coscienza restituita come luce di pensiero all’Io.

Massimo Scaligero

da una lettera dell’agosto 1970 a un discepolo