- Una nuova
intensità di pensiero è necessaria per un decisivo
affrancamento della coscienza dall’oscurità del
supporto: onde il supporto sia puro, operante in sé,
secondo il suo principio. L’assoluta contemplazione è
la condizione di tutto, su tutti i piani: la visione
semplice del fiore di luce e la calma, sino al silenzio,
del supporto del sentire. La solennità e la contenutezza,
la semplicità basale e il riposo in sé, sorreggono la
continuità della contemplazione assoluta. Questa
assolutezza è la chiave dell’Opera. Il difficile deve
essere affrontato con lo spirito della massima
semplicità: l’impossibile è la facies del
possibile. Ricordo questa linea dell’Opera, perché l’urgenza
esige la massima donazione di sé, l’impossibile. Che
diviene possibile.
- Oltre la
psiche, oltre ogni determinazione interiore, s’incontra
il puro adamantino della luce di vita, il segreto della
trasmutazione. Il puro adamantino è il pensiero che non
lascia residui fuori di sé, non lascia imagini di materia
o di psiche, o di natura, o di cosmo, impenetrabili all’idea.
Il vero pensiero vivente, non potendo essere invero
pensato, esige essere sperimentato come un ente
altrettanto o piú immediato che il pensiero: non è un
razionale. È un estrarazionale, è un moto del volere
essenziale.
- Nel
segreto contatto con le Entità spirituali che guidano il
nostro lavoro, si compie il rito nella comunione con la
figura dominante di Christ. Rosen. [Christian
Rosenkreutz], a cui è dedicato ogni giorno il pensiero
che si desta al suo luminoso movimento. Sotto la sua egida
è possibile continuare tutto come in un’oasi isolata e
custodita, non toccata dalle insidie che travagliano ogni
àmbito dello Spirito. Si ha il senso di una comunione con
un mondo che domina il sensibile e controlla lo svolgersi
degli eventi. «…Ad te autem non appropinquabit…».
Il rapporto è profondo e ogni momento conquistabile con l’animo
adeguato: è il rapporto connesso con la vita del Sacro
Amore.
- La quiete è
essenziale, voluta e lasciata essere: il riposo profondo,
la contemplazione della “quiete delle Gerarchie”. Una
contemplazione intenta, trasparente, assoluta, donatrice
della calma vera, silente. Le Gerarchie operano senza
sforzo, senza tensione, operano nel “riposo divino”,
immerse nella beata immobilità da cui si sprigiona l’infinito
movimento: non hanno bisogno di attingere forze, perché
sono la Forza: agiscono senza agire, abissalmente
sprofondate in sé. Questa calma noi dobbiamo evocare, per
essere calmi.
- Colui che
sperimenta il riposo assoluto delle Gerarchie, sia pure
nella loro possente dinamicità, attua il proprio essere
dal profondo dell’Io: il suo Divino. L’Io realizza un’attitudine
che è sua nel suo segreto essere. È ciò che l’anima
ridesta in sé come Amore Divino.