- È
ritrovato il ritmo, la contemplazione del diamante di luce,
dell’assoluto vortice esauritore-creatore senza
dimensione, che vive secondo la sua obiettiva necessità, ed
è tutto. Innanzi ad esso l’essere posante in sé
contempla: lascia essere l’infinita aseità dell’adamantino
senza dimensione. Lascia essere il fulcro della forza che
vince il destino, perché ha “vinto il mondo”. L’adamantino
divoratore-creatore porta fuori del karma, fa agire il
Logos-Michael; deve però operare dal profondo incorporeo
non-essere, non toccando nulla dell’essere che si sente,
per poter operare radicalmente, mutando l’essere. Può
crollare il mondo, allora: si rimane intoccabili, pur
registrando tutto.
- Occorre
procedere nel sentiero con la forza dell’Assoluto:
ricordando il rito e simultaneamente il volto reale dell’Impulso
cosmico: il volto del Mistero.
- C’è un
pensiero senza parole, senza imagini, senza tempo: un
pensiero ch’è tutto essenza e forza pura. A questo si
deve ricorrere in momenti pressanti per difficoltà e
oscurità. Non ci si deve lasciar annientare, o conformare,
ma si deve assurgere alla zona che è tutta essenza e pura
forza. Questa zona è quella del pensiero senza nome, senza
forma, senza tempo, è l’incorporeo assoluto, l’assoluta
forza di tutto ciò che è forte e si manifesta. È il puro
e beato Infinito, l’altezza tersa della purità che come
lampo percuote l’essere e lo ricrea.
- Ricollocato l’Io
al centro, di là da ogni condizionamento, restituitogli il
suo essere incondizionato, tutto l’essere può estinguersi
sino al nulla assoluto, sino all’atarassia vuota di
essere. Qui l’ekâgrata vero fiorisce, col potere
della necessità che non conosce ostacoli, e seguirlo è un
naturale guardare. È l’ekâgrata che muove al
livello della Vita della Luce.
- Fare di ogni
atto un motivo di correlazione con la Vita della Luce è il
segreto per interrompere il cieco condizionamento della
natura. Sussistere presso la negazione di quella che sembra
fortemente la base della vita, significa trovare la forza
che conduce oltre l’umano, oltre l’inferiore natura. Da
ogni punto risalire alla pura altezza, sí da ridurre tutto
il mondo a una posizione dell’Io: percepire se stesso come
potere causante del creato, significa ritrovare la fonte
dell’Amore che crea il mondo, ritrovarsi là dove in
realtà si è sempre senza saperlo. Questo è un sapere o
una animadversio di quel che già il nostro essere
nell’essenza è: difficile a comprendere. Si muove sempre
da questo centro di sé: non v’è movimento in noi che
attuando coscienza non muova da questo centro: io penso,
parlo, ricordo, vedo, sento, soffro: in sostanza sono sempre
all’origine, ma non mi trovo in essa bensí nel percorso
del moto che affètta l’origine: cosí che mi identifico
sempre con le tangenze o le contingenze del moto. Sono l’autore
che non sa di essere autore; ma neppure autore, perché il
moto mi è estraneo, in realtà: bensí Soggetto che non sa
di sé: è persino soggetto del suo non sapere di sé e
delle conseguenze che in tal senso è costretto a subire. Il
soggetto che nel suo identificarsi con sé diviene l’Io
Superiore, uno con l’Io Cosmico. La possente
impersonalità del Sacro Amore è la via verso l’Io
Superiore, ma invero chi cerca l’Io Superiore, seguendo il
sentiero che esso esige, troverà il Sacro Amore.
Massimo Scaligero
da una lettera dell’aprile
1971 a un discepolo |
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