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Poter trovare il senso intimo ed univoco di quanto ci accade intorno non è compito facile: in ogni punto di una simile indagine, il collegare un certo numero di modi di presentarsi della verità mediante una connessione logica formale, attraverso una dialettica all’uopo mobilitata, può condurre lontano dalla verità lungo una “fuga” per la tangente dialettica, la quale finisce col divenire sufficiente a se stessa, essendo ormai staccata dal tema centrale.
Cosí nasce una “opinione”, la quale sarà una verità incompleta, o unilaterale, in conflitto con altre opinioni. D’altro canto, può avvenire che proprio il voler tenere fermo al tema centrale dia luogo a una dialettica che non riesca a far presa sul mondo “logico” delle verità unilaterali, a cui si è normalmente abituati.
Ora, non si può pretendere di darsi un orientamento giusto, secondo verità, senza vincere una certa pigrizia mentale, senza chiedere al nostro pensiero qualcosa di piú di quanto sinora ci ha dato, sciogliendolo dalla serie di cerebrazioni intorno a cui si è seriamente automatizzato.
È semplicistico chiedere che si sia semplici, che si volgarizzi, allorché si tratta di cogliere significati del mondo che agisce dietro ogni apparenza, dietro quella storia accidentale che ciascuno oggi, dal suo punto di vista, interpreta a suo modo. La verità univoca ha lo stesso tessuto del mondo spirituale, e questo, è bene tenerlo presente, è un mondo poco orecchiabile. La parola umana può tentare di degradarlo sul piano delle adeguazioni dialettiche intese a non disturbare l’universale automatismo mentale di questa società moderna, ma in definitiva non esprime che se stessa e nulla riflette dello spirituale.
Per poter trovare una direzione cosciente attraverso questo immane imperversare di equivoci, di false dottrine e di menzogne preparate a bella posta, non si può fare a meno di assumere su un piano decisamente spirituale, per non dire metafisico, i termini del problema: si tratta infatti di strappare alle forze che alimentano il caos attuale del mondo la maschera costituita dall’apparato ideologico e politico in cui sembrano esaurirsi.
I miti politici e le ideologie economico-sociali non vanno considerati come premesse effettive delle diverse correnti, ma come modi di apparire, come coperture teoriche di forze piú profonde che attraverso tali correnti manovrano. Si tratta di idee che, per esprimersi, hanno bisogno di usare forme non dirette: trovando la mediazione nell’anima umana, danno luogo ai cosiddetti “programmi” che sembrano punti di partenza ideologici, ma altro non sono che pretesti necessari per adoperare uomini e masse di uomini.
Il processo si può seguire storicamente nel fenomeno mondiale della cosiddetta “rivoluzione”, che sotto tale luce può rivelarsi per quello che veramente è, ossia una sorta di sovversione materiale ed esterioristica con sue posteriori trascrizioni ideologiche, intesa ad impedire l’attuarsi della vera rivoluzione che è quella dello spirito e che non può partire dal basso ma dall’alto: rivoluzione da cui ancora si è ben lontani.
Dalla rivoluzione francese a tutte le successive forme di socialcomunismo e di internazionalismo sovversivo, si può desumere una verità insospettata: che l’ideologia politica è semplicemente secondaria: essa è la mediazione necessaria a una manovra vasta quanto inesplicabile. La sua essenza è una volontà oscura, un’avversione misteriosa e profonda che, acquistando forza attraverso sotterranee istintività della natura umana, prorompe ad alimentare una lotta perpetua contro l’autentico spirituale, una rivolta permanente contro ogni superiore motivo dell’essere, in un modo che talora è persino disinteressato e impersonale, e che non fa esitare a travolgere e a distruggere tutto, a sacrificare tutto, compresi coloro che assume come temporanei strumenti.
Una sorta di corrente di dissoluzione in senso anti-spirituale pervade la storia moderna come manifestazione di una possente intelligenza del mondo inferiore manovrante gli uomini contro ciò che in essi si manifesta come principio di un ordine sovrasensibile: tutte le aberrazioni sociali e politiche, tutte le devastazioni della concezione meccanicistica ed ateistica, tutte le forme della sovversione sino all’alleanza col mondo della falsa religiosità e della spuria tradizionalità, sino all’estrema coalizione di tutto il mondo del materialismo automatizzato, non sono che effetti dell’azione di tale corrente.
Marxismo e democratismo, nella loro negazione di ogni valore trascendente, nella loro insofferenza per ogni forma di autorità che rechi un ordine dalla sfera dello spirito e nel cercare freneticamente una propria autorità che, sia pure nella forma piú tirannica, confermi questa insofferenza, non sono che gli ultimi aspetti del processo di una “rivoluzione capovolta”, in quanto insorgono contro quel mondo da cui dovrebbe partire la vera rivoluzione, e che recando una vera rinnovazione di valori li costringerebbe a smobilitare. In sostanza, marxismo e democratismo agiscono come strumenti di quelle forze conservatrici che mirano a prevenire l’evoluzione dell’uomo quale si svolgerebbe se “libertà” e “autocoscienza” cessassero di essere meri nomi e cominciassero ad essere atti della coscienza individuale.
Alle esigenze di rinnovamento e di giustizia sociale che oggi l’umanità intera presenta, marxismo e democratismo rispondono ammannendo, ciascuno a suo modo, un sistema in cui il rinnovamento e la giustizia sociale non sono che una finzione esteriore; infatti, le forze conservatrici antirivoluzionarie, che manovrano dietro le quinte, potranno riconfermare dittatorialmente il loro dominio.
Perché non si formi la vera “internazionale”, che è l’internazionale dello Spirito, si è mobilitata l’internazionale della materia contro ogni possibilità di una penetrazione dello Spirito nel piano sociale. E non passerà molto tempo che gli uomini si accorgeranno come marxismo e democratismo non fanno altro che il giuoco di un supercapitalismo internazionale alle spese degli ingenui proletariati di tutto il mondo e mediante il concorso di una cultura pervertita attraverso la disonestà degli intellettuali e la limitata visione del mondo dei fanatici di ogni specie.
Ma, come si è detto, queste correnti politico-sociali, nella loro formulazione teorica con cui abbagliano le masse, hanno semplicemente un pretesto dialettico, mentre nella sostanza delle loro realizzazioni sono mediatrici di un mondo profondamente anti-umano, ma dominante l’umano anche sotto le forme piú moderne di “civiltà”.
Il male è complesso e tanto piú grave in quanto dotato di inesplicabilità e sorreggentesi su tutti gli equivoci propri all’attuale cultura. Ecco, dunque, che non come un mito ma come un fatto ben piú reale di quello a cui si arresta l’indagine positiva e storicistica (che in fondo è una espressione del medesimo male) può ritrovarsi nell’epoca odierna ciò che la spiritualità antica intuiva come mondo “infero” ostacolante la missione morale dell’uomo.
Ma non può essere iniziata alcuna azione rettificatrice senza l’ausilio di una capacità di discriminazione, che non può essere improvvisata, né arbitrariamente escogitata: capacità di giusta visione che deve anzitutto avere inizio nel rapporto che l’individuo ha con se stesso. Tuttavia, per converso, è anche vero che il senso di discriminazione possa nascere da una volontà di riconoscere le forze che agiscono dietro gli avvenimenti esteriori.
In ogni corrente politica si può identificare come flusso centrale il combinarsi di diversi egoismi che hanno raggiunto, ciascuno da una esigenza pre-cosciente della “mala egoità”, una comune denominazione dialettica, la quale è poi sufficiente a creare la sintonia sul piano attivistico. Un interesse comune di ordine strettamente pratico è quello che rende attuabile l’accordo delle posizioni ideologiche, le quali in sostanza hanno il valore di una giustificazione teorica “dopo il fatto”.
Gruppi di egoismi coalizzati contro altri gruppi di egoismi mobilitanti il complesso armamentario della cultura e della propaganda, assumono come pretesto di questa volgare prassi il tormentato problema sociale in cui sono riflesse le difficoltà e le sofferenze di immense masse di uomini. Non si può perciò negare che molti di questi ossessionati dall’idea di partito e di attivismo politico, credano in buona fede di lavorare alla soluzione del problema sociale: non sanno essi che invece contribuiscono a una confusione maggiore della sua impostazione e della individuazione dei suoi termini.
Esistono peraltro forze internazionali, che possiamo chiamare “conservatrici”, in quanto mirano a mantenere immutato un potere acquisito nel dominio materiale: esse hanno soprattutto interesse a dominare quei movimenti economico-sociali che vorrebbero partire da premesse sinceramente rivoluzionarie. Avviene dunque che, sotto un’apparenza “progressista”, le correnti che hanno come contenuto immediato l’esigenza della evoluzione sociale in forma rivoluzionaria, divengano inconsapevolmente strumento di forze conservatrici.
Occorre dire che questo divenire strumento del gruppo di forze che tali correnti pretendono combattere, dipende da una loro insufficienza spirituale, da una loro incapacità di mediare la loro esigenza rivoluzionaria iniziale con una “conoscenza” non semplicemente dialettico-razionalistica, ma essenziale e sottile, della realtà sociale. Per esempio, non v’è nulla di piú anti-rivoluzionario che legarsi a idee e formule di una sociologia superata pienamente dai nuovi eventi: l’applicazione cieca e dogmatica di tali idee dà luogo ad un sovvertimento esclusivamente distruttivo che, impedendo il formarsi di una pura e creativa corrente rivoluzionaria, in sostanza finisce col fare il giuoco delle forze economiche conservatrici essenzialmente anti-rivoluzionarie.
Uno dei piú impressionanti aspetti di questa manovra occulta mirante a realizzare il sistema mondiale di un’umanità lavorante a beneficio di un gruppo di privilegiati, è il fenomeno della “falsa rivoluzione”. Esso si compie attraverso tutta la gamma del pathos delle folle popolari, pronto a vibrare mediante adeguate suggestioni facenti presa sulle naturali aspirazioni alla libertà, alla giustizia sociale. Su tale sostanza abilmente montata, non è difficile lavorare in modo da farla precipitare in uno stato di fatto, che è la realtà opposta alla iniziale aspirazione, ma proprio ciò che era voluto dagli occulti manovratori.
Chi abbia oggi il coraggio e l’interiore libertà di guardare di là dalle apparenze e oltre la spettacolosa orgia di parole, programmi e ideologie materialistiche infarcite di logica idealistica, senza eccessivi sforzi può scoprire come il marxismo che viene lanciato nel mondo allo scopo di redimere il proletariato e abbattere il capitalismo, in sostanza obbedisca al giuoco del supercapitalismo internazionale.
Infatti il marxismo, ponendo come fondamentale la negazione di qualsiasi autonomia sovrasensibile dell’uomo, deve consequenzialmente negare anche il valore dei princípi morali: affermando l’esclusiva realtà del mondo proprio al realismo primitivo, mondo che è principio e fine a se stesso, costruisce una sua esterioristica visione della vita che ha come suggestione centrale il cosiddetto “materialismo economico”.
Ora ad una possibilità di assoluto dominio del supercapitalismo, niente fa piú comodo di un’economia che non possa venir rapportata ad alcuna legge morale e che tuttavia possegga una dialettica perfettamente tessuta di pretesti di giustizia sociale. Solo a condizione che ogni principio spirituale sia escluso dalla prassi economica, il supercapitalismo può consolidarsi e giungere persino a finanziare la falsa rivoluzione. Esso diviene quindi un potere internazionalistico di tale formidabile influenza che può condurre i popoli alla guerra anche quando questa sia assolutamente contraria ai veri interessi di tali popoli. Il conflitto può nascere soltanto per ragioni di egemonia, non per divergenze nella sistemazione dei valori.
È questa una realtà che gli uomini ancora ignorano, ma che si presenta ad essi sotto forma di eventi fatali nella loro tragicità. Marxismo e supercapitalismo hanno una parentela in profondità. Col regime sovietico, ad esempio, data al proletario l’illusione della soluzione del suo problema economico, non si è fatto altro che togliere il capitale dalle mani dei capitalisti per trasferirlo nelle mani di pochissimi che in sostanza debbono dar via all’organizzazione impersonale del cosiddetto supercapitalismo di Stato. Il quale, per motivi “tecnici” e mediante una connivenza di carattere extrapolitico (che per ora diamo come ipotesi di studio) che è profondamente in contrasto con i reali interessi della collettività ormai scientificamente disanimata nello Stato-formicaio, è connesso con il supercapitalismo internazionale.
Solo mediante la finzione rivoluzionaria a cui la dialettica marxista conferisce ampia plausibilità, il supercapitalismo, ostacolato unicamente là dove rimangono nuclei di resistenza spirituale, può marciare alla conquista del mondo sino ad incatenarlo in un sistema ferreo di sfruttamento, dal quale non si sciolga piú.
Ciò può anche spiegare come il supercapitalismo ad etichetta conservatrice abbia giudicato molto piú pericoloso contro il suo disegno il fascismo che non il comunismo sovietico: perché questo, nella sua sostanza determinante, è lo stesso supercapitalismo internazionale con etichetta rivoluzionaria piú adatta all’indole mistica dell’elementare anima russa.
Chi è giocato in tutta questa manovra? Tutti i popoli ormai, nessuno escluso, tutti i proletariati, attraverso gli ossessionati, gli illusi, i fanatici e i disonesti, che si prestano al giuoco.
Ma questo è uno degli aspetti della congiura contro l’umanità, ben piú vasta e complessa, soprattutto per il carattere occulto della sua trama, di contro a cui è data una sola possibilità di resistenza e di superamento: quella di una precisa conoscenza della tecnica del “Maligno” e di una nuova vivificazione cosciente dei valori dello Spirito.

Massimo Scaligero

Da «Architrave» anno I n° 3, Aprile 1948.

Immagine: Massimo Scaligero nello studio di Via Cadolini – Foto Arch. Leti Messina