- Rinviando
il lettore, come ad una specifica premessa, a quanto sulla
rivista «UR» è stato scritto circa la “Magia dell’Imagine”,
consideriamo utile ribadire la necessità che la coscienza
imaginativa venga rigorosamente dissoggettivizzata, ai fini
dell’esperienza sovrasensibile. L’imaginare è il
pensiero che tende a liberarsi dalla condizione dialettica,
per muovere secondo la sua reale dynamis: ma a ciò
gli occorre una particolare ascesi, tipica in relazione alle
difficoltà del tempo.
- Il
pensiero, in realtà, scaturisce dall’essenza
stessa da cui emana la Vita: còmpito del pensiero è
conoscere la propria scaturigine, perché in essa ogni volta
incontra l’essenza degli enti, delle cose e degli eventi
del mondo, che Filosofia e Scienza collocano di là dal
conoscibile. Dogmaticamente Scienza e Filosofia tendono a
stabilire come reale ciò il cui principio, per la
incapacità di scorgerlo, collocano fuori del reale. Per
incapacità di giungere alle sorgenti del pensiero con cui,
senza saperlo, muovono nel reale e senza cui non potrebbero
parlare di reale, esse inconsapevolmente trascendentalizzano
i fondamenti del reale, che il pensiero attinge invece in
sé, ma, impotente, proietta fuori di sé. L’essenza degli
enti, invero, sorge di continuo nel pensiero, ma l’uomo,
debole di pensiero e pertanto forte dialetticamente, non ne
ha che un’eco o un’ombra: incapace di realizzare il moto
vivo del pensiero, non avverte ciò che come essenza sorge
già nel concepire l’essenza di un ente, e “in sé”,
che chiede potenza di imagine per rivelare il proprio
esserci, per venire, meglio che pensato, percepito.
Una simile operazione fa superare all’uomo il limite
soggettivo: lo fa ascendere dall’animico allo spirituale,
cioè dalla sfera del pensiero riflesso a quella dell’imaginazione
creatrice.
- La
disciplina dell’imaginazione si coltiva col dedicare l’attenzione
a determinate rappresentazioni, sino a che esse suscitino
uno specifico sentimento. Il rappresentare ordinario è l’iniziale
imaginare, normalmente usato dall’anima senziente, o dall’anima
razionale-affettiva: comunque, è l’iniziale moto del
pensiero imaginativo, che tuttavia è sempre alla mercé
della psiche assoggettata alla vita corporea. L’uomo
invero in sé si chiude al Logos, al proprio Io superiore.
- La
facoltà imaginativa si educa:
- a) col
lasciar operare su sé, essendo abbandonati a uno stato di
immobilità contemplativa, imagini della storia metafisica
dell’uomo e dell’universo, quale ci viene data dai testi
sacri della Tradizione, dai Veda alla Bibbia, alla
Bhagavadgita ecc;
- b)
mediante la calma contemplazione della natura minerale, e
vegetale, sino all’esperienza del “percepire puro”;
- c)
costruendo un’imagine secondo un’idea attinta alla
Scienza dello Spirito e contemplandola, alimentando di
continuo il suo movimento;
- d) con l’imaginare
un colore, astraendo dal supporto sensibile mediante cui
normalmente si manifesta, sí da contemplarne il contenuto
non sensibile: si può imaginare l’accostamento di due
colori, il rosso e l’azzurro, e percepirne il rapporto
interiore, che deve sorgere vivente. È importante curare
che ogni imagine abbia il suo compimento nell’anima,
risonando con un determinato sentimento. Con questo
sentimento, al quale hanno cooperato il pensare e il volere,
si apre un varco allo Spirituale, che ha il potere di
giungere sino al fisico.
- La
disciplina imaginativa comporta la messa in atto della piú
ampia facoltà di scelta e di uso indipendente delle
imagini: essa in sostanza verge al rigoroso controllo di una
forza a cui tuttavia deve simultaneamente accordare il
massimo dell’autonomia di manifestazione. È il caso di
parlare di “arbitrio cosciente”. L’estrinsecazione
della dynamis imaginativa è in sostanza una
mediazione offerta dalla coscienza al fluire della forza
interiore piú alta: alla cui impersonalità viene
assicurata una veste adeguata, perché penetri
sostanzialmente nell’anima. Lo sperimentatore, con la
libera imaginazione, offre la “forma” di cui
necèssitano le forze sovrasensibili, per non soverchiare
con la loro potenza l’umano.
- Con il
fluire di tale forza, il discepolo fa suo un elemento
interiore di vita identico a quello della natura creatrice:
dispone della prima forma di Magia Interiore. Si può dire
Magia dei nuovi tempi, germe di una redenzione cosciente
nell’umano e di una reale evoluzione dei processi
etico-sociali, perché l’imaginare liberato risponde nella
coscienza al potere germinale o archetipo del concetto,
cioè al principio della sintesi originaria del pensiero. È
l’imaginare che l’asceta antico non aveva bisogno di
liberare, non essendo legato al suo sistema nervoso, come
avviene al moderno, ma fluendogli gratuitamente dalla
condizione psico-somatica medesima: la sua arte era
donarglisi, o sprofondare in esso, o ascendere ai Mondi
Superiori mediante esso.
- Al
discepolo moderno si presenta un compito opposto: liberare
in sé medesimo l’imaginazione della condizione
psico-somatica: con ciò egli si prepara a sperimentare nell’anima
processi cosmici. Si può dire che quanto umanamente e
mondialmente esiste, è il condensamento, sino alla
mineralità, di possenti imaginazioni superumane, secondo
archetipi cosmici. Tali imaginazioni, naturalmente, hanno
dietro di sé poteri creativi ancora piú profondi: d’Ispirazione
e d’Intuizione di Entità cosmiche. Si comincia appena a
comprendere una pianta, se si ravvisa in essa l’imaginazione
di un pensiero superumano realizzata: l’uomo infatti può
tradurre al massimo il proprio obiettivo potere d’imagine
in una macchina, che è un oggetto senza vita, cosí come è
senza vita il suo pensiero imaginativo, in quanto non
sperimentato di là dalla cerebralità.
- Cosí la
malattia è un’intensa imaginazione incarnata. Essa ha
alla base un processo imaginativo, mediante il quale lo
Spirito tende a un determinato conseguimento. Tale
imaginazione, posseduta, è il principio della guarigione.
Lo sperimentatore, capace di imaginare la propria guarigione
realizzata, già mette in moto la forza guaritrice:
naturalmente la conoscenza di sé, epperò delle ragioni
karmiche del suo male, deve guidarlo. Ove egli giunga a
riconoscere le cause metafisiche, può operare su sé: si
tratta però di un riconoscimento ben diverso da quello di
un’analisi psichica. La tecnica imaginativa consiste nel
dare vita, per via di ripetizione e ritmo, a determinate
imagini-chiave, che mettono in moto le forze basali dell’anima,
secondo lo Spirituale.
- Lo
sperimentatore che intenda dare autonomia alla imaginazione
creatrice, deve innanzitutto conoscere l’arte della
concentrazione e della meditazione. Per tale Via, egli
svincola l’imaginazione dal corpo astrale, kama rupa,
cosí da poterla dirigere con il massimo potere di
controllo: tale controllo però, come si è accennato, è
quello che normalmente smorza il suo potere di spontaneità:
ma appunto questa spontaneità egli tende ad assumere quale
veicolo della revivificazione imaginativa del corpo astrale.
- Nell’imaginare
voluto, opera qualcosa di intimo, piú potente che l’imaginare
stesso. Occorre non dimenticare che la Magia imaginativa
viene considerata dai Maestri dei Nuovi Tempi, l’introduzione
alla Magia divina. Il libero imaginare va attivato mediante
volontà, ma senza sforzo volitivo: questo ne paralizza la
forza. Una imagine diventa dinamica, quando la si contempla
disinteressatamente come un quadro già fatto. Si deve
volere con la massima forza, ma con assenza assoluta di
sforzo o di determinazione:
con un “non volere” di tipo taoistico, non certo, però,
per mezzo di discipline taoiste, bensí per virtú di moto
incorporeo di pensiero, ossia secondo la disciplina
rosicruciana del pensiero.
- …L’imaginazione
si esercita mediante la concentrazione e la meditazione. Se
si osserva, la concentrazione è in sostanza un esercizio di
imaginazione: cosí la meditazione è un imaginare che
congiunge il pensiero con le forze sottili del sentire e del
volere.
- L’asceta
che possegga l’imaginare, ha veramente il principio della
Magia divina. Qualsiasi realizzazione di sé gli è
possibile, mediante il ritmico e ripetuto esercizio
imaginativo. Per esempio, l’asceta che si senta carente di
forze di devozione, può imaginare la devozione, il potere e
il contenuto di essa, e la trasformazione della propria vita
interiore grazie al sorgere della devozione. La
consacrazione di sé al Mondo Spirituale all’inizio si
svolge sempre mediante intensa attività imaginativa. In
effetto, del resto, non v’è realizzazione interiore, che
non sia anzitutto opus imaginativo.
- Per le
decisive operazioni interiori, occorre che l’imaginare
attinga alla sua origine cosmica: cosí soltanto esso
diviene puro, si libera dei sottili impulsi egoici, che
ancora nasconde in sé. Ove questi non venissero eliminati,
darebbero luogo a equivoci seri nella visione spirituale,
non esenti da presunzione di percezione di eccezionali
verità sovrasensibili. È la ragione per cui dagli esperti
viene consigliata, ai fini della sana coscienza imaginativa,
una rigorosa ascesi del pensiero cosciente.