- Si è convenuto che essere
soltanto uomini “moderni” significa recare l’unilaterale
aspetto “tellurico” di questo tempo. Tuttavia per
essere veri conoscitori del male del tempo, occorrerebbe
giungere ad averlo innanzi alla propria coscienza,
obiettivamente, cosí da non identificarsi piú con esso:
se ne comincerebbe ad essere allora i risolutori, ossia si
sarebbe figli del tempo, o figli solari dello Spirito
del Tempo. Per la comprensione di questo “nome”,
rimandiamo alla Bhāgavād-Gīta.
- Il senso della ricerca della
propria forza interiore ha sempre il carattere dell’“inaspettato”:
per essere veramente nella Tradizione, giova sapere che
cosa veramente significhi essere fuori di essa. Oggi l’anima
cosciente è desta, ma l’uomo ne utilizza la forza per
rimanere quale è, ossia in una sorta di continuo
sequestro della coscienza da parte di entità estranee al
suo principio. Il caos psichico dunque si rinforza in
quanto viene alimentato da forze piú coscienti,
attraverso due principali attitudini: l’antimetafisica,
il materialismo e la falsa religiosità, l’agnosticismo
e la pseudo-iniziazione.
- Oggi il cercatore della realtà
spirituale, che non vivesse immerso nella sfera di
immagini riflesse di antiche dottrine esoteriche, non
potrebbe piú accettare una “trasmissione” di
influenze o di verità da parte di altri, senza rinunciare
all’essenza della libertà d’onde si presume che
prenda le mosse; ma egli stesso, mediante le sue forze
coscienti, dovrebbe volgersi al ritrovamento di questa
realtà come tale, ricevendo dall’esterno soltanto un
orientamento o un metodo di conoscenza interiore. Non deve
tuttavia stupire che oggi il bisogno di “padroni”, di
maestri, di qualcuno che agisca in vece nostra, sia piú
vivo che mai. Si tratta di un servaggio rinvigorito dalle
piú individuate forze della coscienza.
- Ciò che in antico era giusto,
diviene cosí un errore, da cui d’altra parte non è
facile liberarsi, dato che le chiavi di tutte le
iniziazioni e di tutti i sistemi metafisici tradizionali,
sono perdute. Si diviene tutt’al piú ossessi di una
data corrente. Chi si contenta di seguire un “credo” o
di conformarsi a quanto taluni dogmatismi gli
suggeriscono, in forma o scientifica o filosofica o
esoterica, non è un cercatore della realtà, non è un
figlio del tempo: è soltanto un “moderno”.
- Una volontà univoca di realtà
interiore, una sete di assoluto, incessante, possono
aiutare a farsi strada in mezzo a molti equivoci. Perché
molti sono gli “spiritualismi”. La maggior parte di
essi non fa che dare una veste attuale ad antichi metodi
di cui hanno soltanto un retaggio dialettico; altri
cercano di trasformare l’uomo mediante l’eccitamento
di forze di cui evitano con ogni cura di conoscere e
possedere le leggi (ché ciò esigerebbe un vero e proprio
lavoro interiore e una smobilitazione della pigrizia
mentale). L’indagine psichica riesce tutt’al piú a
toccare l’interiorità automatistica dell’uomo e a
dare valore ai quadri del suo passato; mentre la
psicanalisi giunge a immergersi nella sfera dei sedimenti
istintivi, in cui ama sostare oltre il necessario,
traendone sequenze di parole e “confessioni” che non
sono altro se non un prodotto secondario di quella
istintività. Lo spiritismo, che non ha alla sua base
neppure un metodo di conoscenza, essendo una fede
inferiore, non è se non materialismo del piú ingenuo, in
quanto pretende afferrare con i sensi fisici ciò che
trascende il dominio di essi.
- Riguardo al metodo, le sole cose
da prendere sul serio – ove non ci si contenti di una
“via mistica” – sono quelle che vengono dall’Oriente:
Buddhismo originario, Yoga (e particolarmente il sistema
tantrico) Taoismo, Zen. Ma non si tiene conto, riguardo a
tali vie, e specialmente per lo Yoga e lo Zen, che esse
divengono adattazioni alla forma mentale moderna, se prima
non si ha una chiave per operare la conversione della
conoscenza razionalistica e per divenire veri
contemplatori di quei metodi: cosí che siano poi quei
metodi a operare, e non ciò che della loro enunciazione
abbiamo tradotto nelle forme della nostra consuetudine
cerebrale.
- Il problema per un occidentale
non consiste tanto nella scelta tra i diversi metodi di
auto-costruzione interiore (la Tradizione e i testi
tradizionali e gli Yoga presentati in linguaggio moderno
ce ne offrono diversi: magistrale, ad esempio, la sintesi
della via tantrica, compiuta da Julius Evola nel suo Yoga
della Potenza) quanto nel procurarsi la chiave che
veramente faccia funzionare tali metodi, i quali in
definitiva rimandano sempre a una stessa serie di atti
interiori: nomi diversi, ma operazioni analoghe. E qui,
altro problema scottante per il ricercatore occidentale è
quello del rapporto della sua interiorità in via di
trasformazione, con la vita.
- Noi possiamo additare come via
sicura al possesso della chiave cui si è fatto cenno, il
metodo di conoscenza offerto da Rudolf Steiner in Iniziazione
e in Filosofia della Libertà. Una volta che gli
fosse possibile disporre di una simile chiave, il
ricercatore avrebbe trovato il suo Yoga, la sua via, che
potrebbe essere tantrica, o ermetico-magica, o puramente
“occidentale”. Ma prima di una tale possibilità, egli
non potrebbe vivere che in un mondo di sogni e di parole
correlative, preparandosi le condizioni per ogni
squilibrio psichico, sino alla pazzia.
- Quanto al rapporto con la vita
esteriore, occorre dire che dandosi a talune pratiche
accettate solo per sentimentale attrazione e senza alcuna
consapevolezza del loro senso ultimo, si può giungere
talora a una qualche comunione con “zone” del mondo
sovrasensibile, ma a detrimento di una esperienza vera
della vita esteriore e della natura fisica: è facile la
perdita di connessione con il mondo fisico esigente la
chiara coscienza di veglia: non già perché tali metodi
escludano la coscienza vegliante, ma perché esigono il
distacco da un mondo esteriore che, pure, essendo un mondo
di forze, ha la sua ragione di essere.
- Ma ai moderni cercatori piace
“evadere” specialmente in quelle forme che danno l’illusione
di un rapido dominio acquisibile sul mondo esteriore: essi
sono attratti da tutti i metodi possibili, fuorché da
quello che esige una effettiva presa di coscienza di sé
alle radici della individualità: servendosi del pensiero
per ogni manifestazione di se medesimo, ignorano e perciò
non posseggono le leggi della Forza-pensiero: essi si
difendono dall’unica “tecnica”, dall’unica “via”,
del resto difficilmente conoscibile, che può dare loro la
possibilità di una conversione della visione
materialistica e di un moto interno di auto-costruzione
che non sia un sentimentalismo yoghico o una dialettica
della iniziazione.
- L’estraniarsi dal mondo fisico
era normale per l’uomo dell’antichità, per la
semplice ragione che il suo pensare non si era inserito
pienamente in questo mondo: non ne aveva ancora smarrito
la percezione “sottile”, proprio perché non era
ancora capace di “scendere” nella minerale struttura
di esso, sino a trarne, come oggi è possibile, una
scienza naturale (sia pure in forma riflessa).
- Una esperienza sovrasensibile
che sia ritenuta “solare” solo in quanto soddisfi un’aspirazione
segretamente romantica, un bisogno di essere diversi dagli
altri, una necessità che è mistica senza saperlo, ma in
senso inferiore, narcististico, sensualistico, beantesi di
una vaga intuizione di vie che furono “solari”,
orientali o estremo-orientali: una tale esperienza, anche
se battezzata con nomi della Tradizione esoterica, è
irrimediabilmente “lunare”: non supera i limiti del
“corpo lunare”, dell’anima sensibile e razionale,
proprio perché rifugge dall’unico sentiero che conduce
oltre tali limiti. È il sentiero di Michael, di cui molto
è stato detto, ma che pochissimi al mondo conoscono: è l’esperienza
dell’anima cosciente, che non evade, ma si immerge nel
mondo o lo rivela a se stesso, lo fa esprimere in sé e,
sondandone l’essenza, lo libera.
- Una esperienza metafisica che si
disinteressi del mondo esteriore e della natura, e anche
degli altri uomini, in quanto per suo mezzo si vede solo
se stessi, è già guasta in partenza dall’egoismo, che
se anche è superato nella forma volgare in cui
normalmente si presenta, si riaffaccia sotto forma di
istinto della propria beatitudine e di necessità della
propria “retta coscienza”. Del resto, contro certo
intimismo psicologico, mirante a una soddisfazione
intellettuale dei propri bisogni spirituali, mettono in
guardia sia Julius Evola, che Gustav Meyrink.
- In queste note che possono
essere soltanto preliminari riguardo al tema centrale sul
quale ritorneremo, conclusivamente aggiungiamo che la vera
“Iniziazione” opera attraverso il pensare liberato,
nella conoscenza, nell’animazione dei concetti,
giungendo al tessuto pensante del mondo che esprimendosi
in noi non si cura delle aspirazioni personali e della
felicità mistica o magica, né di altre forme centripete
e increative di contemplazione, ma comporta una espansione
dell’ambito dell’Io dovuta proprio alla vera
centralizzazione della esperienza dell’Io.
- Nella sfera del pensare normale
tale possibilità può bensí venir compresa, ma non
sperimentata; perché entro i limiti della coscienza
comune la vita concettuale è del tutto dipendente dalla
percezione sensibile: l’uomo deve da prima imparare per
via d’esperienza che l’attività pensante è bensí
legata all’organismo fisico, al cervello, ma che la sua
originaria sostanza, il pensare stesso come forza, non è
legata a nulla, ma è solo conforme alla sua legge e può
agire secondo il suo principio, se vengono create nella
interiorità le condizioni per simile azione.