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CINQUE
STORIE
ZEN |
Le
porte del paradiso
Un soldato che si chiamava
Nobushige andò da Hakuin e gli domandò:
"C'è davvero un paradiso e un inferno?".
"Chi sei?" volle sapere Hakuin.
"Sono un samurai" rispose il guerriero.
"Tu un soldato! – rispose Hakuin – Quale governante ti vorrebbe come sua
guardia? Hai una faccia da accattone!".
Nobushige montò cosí in collera che fece per snudare la spada,
ma Hakuin continuò:
"Sicché hai una spada! Come niente la tua arma è troppo smussata
per tagliarmi la testa".
Mentre Nobushige snudava la spada, Hakuin osservò:
"Qui si aprono le porte dell'inferno!".
A queste parole il samurai, comprendendo l'insegnamento del maestro, rimise
la spada nel fodero e fece un inchino.
"Ora si aprono le porte del paradiso" disse Hakuin.
La
mente di pietra
Hogen, un insegnante di Zen,
viveva tutto solo in un piccolo tempio in campagna. Un giorno arrivarono
quattro monaci girovaghi e gli chiesero se potevano accendere un fuoco
nel suo cortile per scaldarsi.
Mentre stavano preparando la legna, Hogen li sentí discutere sulla
soggettività e sull'oggettività. Andò loro accanto
e disse:
"Ecco questa grossa pietra. Secondo voi, è dentro o fuori della
vostra mente?".
Uno dei monaci rispose:
"Dal punto di vista del Buddhismo, tutto è un'oggettivazione della
mente, perciò direi che la pietra è nella mia mente".
"Devi sentirti la testa molto pesante – osservò Hogen – se te ne
vai in giro portandoti nella mente una pietra come questa".
Imparare
a star zitti
Gli allievi della scuola
di Tendai solevano studiare meditazione anche prima che lo Zen entrasse
in Giappone. Quattro di loro, che erano amici intimi, si ripromisero di
osservare sette giorni di silenzio.
Il primo giorno rimasero zitti tutti e quattro. La loro meditazione era
cominciata sotto buoni auspici; ma quando scese la notte e le lampade a
olio cominciarono a farsi fioche, uno degli allievi non riuscí a
tenersi e ordinò a un servo:
"Regola quella lampada!".
Il secondo allievo si stupí nel sentire parlare il primo.
"Non dovremmo dire neanche una parola" osservò.
"Siete due stupidi. Perché avete parlato?" disse il terzo.
"Io sono l'unico che non ha parlato" concluse il quarto.
La
strada fangosa
Una volta Tanzan ed Ekido
camminavano insieme per una strada fangosa. Pioveva ancora a dirotto.
Dopo una curva, incontrarono una bella ragazza, in kimono e sciarpa di
seta, che non poteva attraversare la strada.
"Vieni, ragazza!" disse subito Tanzan. Poi la prese in braccio e la portò
oltre le pozzanghere.
Ekido non disse nulla finché quella sera non ebbero raggiunto un
tempio dove passare la notte. Allora non poté piú trattenersi.
"Noi monaci non avviciniamo le donne – disse a Tanzan – e meno che meno
quelle giovani e carine. È pericoloso. Perché l'hai fatto?".
"Io quella ragazza l'ho lasciata laggiú – disse Tanzan. – Tu la
stai ancora portando con te?".
Bene
e male
Durante le settimane in cui
Bankei faceva il suo ritiro di meditazione, gli allievi venivano da tutto
il Giappone per assistervi. Nel corso di uno di questi seminari, un allievo
fu sorpreso a rubare. L'episodio fu riferito a Bankei con la richiesta
che il colpevole fosse scacciato. Bankei ignorò il fatto.
Successivamente l'allievo fu colto di nuovo in flagrante, e anche stavolta
Bankei non si curò della faccenda. Questo fece andare in collera
gli altri allievi, che presentarono una petizione in cui chiedevano l'allontanamento
del ladro, affermando che altrimenti se ne sarebbero andati tutti quanti.
Allorché Bankei lesse la petizione, li convocò tutti.
"Voi siete fratelli assennati – disse. – Voi sapete quello che è
bene e quello che non lo è. Voi potete andarvene a studiare altrove,
se cosí vi garba, ma questo povero fratello non sa nemmeno distinguere
il bene dal male. Chi glielo insegnerà, se non lo faccio io? Lo
terrò qui anche se doveste andarvene tutti quanti".
Un fiume di lacrime inondò la faccia del fratello che aveva rubato.
Ogni desiderio di rubare era scomparso in lui.
da:
101 Storie Zen a cura di N. Senzaki e P. Reps,
Adelphi, Milano 1982
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