L'Archetipo Anno III n. 10, Agosto 1998

ScienzA

GOETHE E LA LUCE

Uno studio di Cristoph Burgauner su Goethe ci mostra un momento in cui il grande poeta-scienziato, studiando la scomposizione della luce attraverso i prismi, giunge all'idea che la luce debba far parte dei fenomeni primigeni. Si è fatto prestare dei prismi ed è venuto il momento di restituirli. Proprio all'ultimo, egli prende in mano un prisma e lo tiene contro una parete bianca: non c'è niente, non c'è alcuno spettro, la luce rimane fedele a se stessa. Ecco giungergli inaspettatamente la risposta alla domanda su che cosa sia la luce: «È l'essere piú semplice, indivisibile, omogeneo che noi conosciamo. Essa non è composta». Solo cosí Goethe – scrive Burgauner* – crede di poter spiegare il fatto che tutte le persone vedono la luce alla stessa maniera, anche se molte sono daltoniche e vedono diversamente i colori. Egli indaga dettagliatamente anche sulle sensazioni cromatiche che si possono avere ad occhi chiusi o in seguito a pressione esercitata sul bulbo oculare. La luce è per Goethe una parte della natura che viene messa sul "banco della tortura" delle apparecchiature, dov'essa però solo apparentemente svela i propri segreti, in realtà venendo solo disgregata e alterata. Nelle sue Maximen und Reflexionen scrive: «L'uomo in sé, fin quando si serve dei suoi sensi integri, è l'apparecchio fisico piú rilevante e preciso che possa esistere; e proprio questo è il male piú grande della nuova fisica, il fatto cioè che gli esperimenti prescindano dall'uomo e si proceda alla conoscenza della natura solo attraverso strumenti artificiali...»
Da qui dunque – precisa Rudolf Steiner** – deve prendere le mosse la teoria dei colori. Essa deve investigare l'occhio, metterne a nudo la natura. Perciò Goethe comincia dalla teoria fisiologica del colore. Ma anche qui la sua concezione è essenzialmente diversa da come viene intesa abitualmente questa parte dell'ottica. Egli non vuole, dalla struttura dell'occhio, spiegare le sue funzioni, bensí vuole osservare l'occhio in condizioni svariate, per arrivare alla conoscenza delle sue facoltà e capacità. Anche qui il suo procedere è essenzialmente da osservatore. Che cosa si produce quando la luce e l'oscurità agiscono sull'occhio? Che cosa avviene quando immagini delimitate entrano in rapporto con esso ? Egli non chiede quali processi si svolgano nell'occhio quando si produce questa o quella percezione, ma cerca di appurare che cosa possa prodursi per mezzo dell'occhio nell'atto visivo vivente. …La supposizione newtoniana: «La luce è composta di luci colorate» a Goethe doveva apparire il risultato di una speculazione errata; egli si sentiva autorizzato solamente ad asserire qualcosa sopra il nesso tra luce e colore, ma non ad asserire alcunché sopra la luce stessa, con l'ausilio di un concetto speculativo. Da qui la sua sentenza: «La luce è l'essere piú semplice, indivisibile, omogeneo che noi conosciamo. Essa non è composta».

*C. Burgauner, Goethe, Ed. Futuro, Verona 1981

** R. Steiner, Le opere scientifiche di Goethe, F.lli Bocca, Milano 1944

Nella foto: Apparecchio utilizzato da Goethe per i suoi esperimenti sulla teoria dei colori

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