DELFI |
Il tesoro degli Ateniesi
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L'antica città della Grecia
ai piedi del monte Parnaso ospitava uno dei luoghi di culto piú
eccelsi dell'età classica, noto per la sacralità prima e
la munificenza poi, dei suoi templi dedicati ad Apollo. Questi ispirava
la "Pitonessa", o Pizia, che dall'alto di una roccia pronunciava in versi
i suoi vaticini. Il grande tempio di Delfi, che ebbe il suo massimo splendore
dal VII al IV secolo a.C., richiamava moltitudini di pellegrini, che giungevano
da ogni luogo per consultare l'oracolo, ottenendo spesso risposte sibilline
di difficile interpretazione. Ma anche solo l'aver accostato la mano alle
ciclopiche pietre istoriate del basamento, l'essersi bagnato alla sacra
fonte Castalia, l'aver varcato la soglia dominata dall'iscrizione "Conosci
te stesso", rigenerava il visitatore ritemprandolo in corpo, anima e spirito.
Occorrono particolari attributi perché
un luogo venga scelto nel tempo per divenire sacro, carico di valenze misteriche
e fatali, capace di effondere negli uomini che lo frequentano devozione,
santità, sublimazione e aneliti di trascendenza. Tali attributi
Delfi li possedeva in massimo grado piú che altri luoghi sacri dell'antichità:
vapori e miasmi emananti da fessure del suolo, atti a instaurare in chi
li respirava trance e deliri divinatori; caverne profonde spesso precipitanti
a inghiottitoio nelle viscere della terra, veri e propri cordoni di collegamento
tra la realtà esteriore e quella metafisica; infine l'acqua, ruscellante
a cascate e ramificazioni cristalline o schiumosa lungo i pendii boschivi,
o gorgogliante da polle raccolte in vasche naturali che essa stessa, con
un lavorío millenario, aveva ricavato nel corpo calcareo della montagna
sacra.
La fonte Castalia
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Questo incessante scorrere di acque
purificanti è tuttora visibile nelle concrezioni pietrificate di
cui è irretita la roccia sovrastante il tempio e gli edifici dei
tesori delle varie città elleniche.
In questo luogo di elezione misterica
la mitologia greca ha ambientato uno dei suoi drammi esoterici piú
importanti, esprimendolo con elementi allegorici di ben piú ampi
contenuti che quelli puramente letterari. Qui, riporta il racconto leggendario,
il dio solare Apollo, per vendicare la madre Leto fatta perseguitare da
Hera per mezzo del serpente Pitone, inseguí quest'ultimo, lo raggiunse
sulla cima del monte e lo colpí con una freccia. Il Pitone, ferito,
si rifugiò nelle grotte dei miasmi divinatori, ponendosi sotto la
protezione della Grande Madre, alla quale il primitivo tempio oracolare
era dedicato. Ma Apollo, violando la sacralità del sito, uccise
il Pitone e si insediò da allora al posto delle divinità
antiche. Dovette però comunque emendarsi di quell'atto di lesa divinità
lavandosi nelle acque della fonte Castalia, sgorganti a pochi passi dalla
cavità oracolare. L'abluzione del dio instaurò quindi una
liturgia di purificazione, di espiazione e di riconciliazione con il divino,
trasposta in seguito per consuetudine nel rito di espiazione verso la divinità
e di riconciliazione tra umani, in ossequio al quale le città elleniche
convenivano a Delfi per dirimere le controversie, rinnovare accordi, perdonarsi
vicendevolmente torti e usurpazioni territoriali. Nessuno poteva lasciare
il tèmeno del dio solare senza essersi prima rappacificato col nemico.
L'allegoria della vicenda mitologica
è chiara: le divinità lunari luciferiche legate al sortilegio
e alla magia furono esautorate dal dio solare, da Febo "lo splendente",
l'armonioso cantore, il suonatore di lira, frequentatore delle nove Muse
che, dirimpettaie abitatrici del monte Elicona, amavano fargli visita e
insieme a lui irradiare intorno le assonanze celesti di cui l'uomo può
impregnarsi la mente e il cuore solo che voglia e sappia tacitare le passioni
materiali, le cupidigie, i timori panici dell'alienazione e della morte.
Delfi è dunque punto nodale
della transizione dalle dottrine umbratili e nebbiose dei primordi arcaici
alla religione solare svincolata da ogni condizionamento infero e ctonio.
L'uomo da allora si avvia ad accogliere
l'incarnazione del piú elevato Spirito del Sole, il Cristo, dal
quale apprenderà di essere egli stesso tempio della divinità
e artefice della propria realizzazione salvifica.
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