Ogni uomo aspira, nel profondo,
all'armonica convivenza della società umana. Schiller, facendosi
interprete di questa esigenza, affermava che la questione di una esistenza
veramente degna dell'uomo è strettamente collegata alla questione
della convivenza sociale. L'uomo attuale ha acquistato un certo grado di
autocoscienza, ha assunto una certa autonomia rispetto agli antichi dettami
metafisici mediante l'esperienza del pensiero. Ma nell'attuale razionalità
riflessa, interamente rivolta al mondo delle quantità, non essendovi
ancora coscienza della sorgente della sua dynamis, confluiscono impulsi
volitivi condizionati dagli istinti inferiori e influenze senzienti dettate
da una fragile psiche. L'uomo verrà meno al suo compito di riacquistare,
per atto libero, la sua dimensione sovrasensibile, se non inizierà
a separare dal pensare le forze del sentire e del volere che, nel loro
groviglio inferiore conseguente alla necessaria perdita della dimensione
spirituale, lo legano a una condizione che è sempre piú vicina
a un'animalità tendente ad invadere appunto tutta l'espressione
razionale.
La Tripartizione dell'organismo
sociale non contiene solo delle possibilità di soluzione per gli
enormi problemi pratici della nostra epoca. Essa rappresenta, prima di
tutto, la ricostituzione cosciente dell'ordine spirituale autentico nella
società. Nella netta separazione fra vita spirituale, istituzioni
giuridiche e contesto economico, viene donata all'uomo l'opportunità
di riferirsi alla reale necessità della separazione del volere,
del sentire e del pensare. L'agire socialmente, l'impegnarsi prima nella
propria particolare attività e da questa collaborare all'organizzazione
tripartita alla quale si appartiene, per entrare poi in rapporto vivente
con gli altri settori, aiuta l'uomo a comprendere e a realizzare la sua
missione. Senza costrizioni, senza dogmi, egli è posto nella condizione
di operare liberamente e coscientemente – secondo lo Spirito dei nuovi
tempi – dalla posizione esteriore che occupa, dalle capacità che
possiede, alla soluzione della questione sociale e contemporaneamente alla
sua nobilitazione interiore. Come si potrà mai pervenire a una società
degna dell'uomo se egli non supererà la condizione anonima di classe,
se non supererà una concezione materialistica che ne fa solo un
mezzo di produzione fra altri mezzi di produzione, se non si porrà
oltre le sue limitate inclinazioni egoiche, anche se infiorettate di intellettualismo,
se l'uomo non restituirà prima di tutto dignità a se stesso?
La
separazione del pensare, del sentire e del volere non può che essere
atto dell'Io. Non dell'Io inferiore, dell'ego legato al groviglio psico-istintivo,
bensí dell'Io Superiore – di cui l'ego è la prima necessaria
manifestazione – espresso da un'esperienza del pensare affrancata da ogni
condizionamento dell'apparire esteriore e della psiche legata al sistema
nervoso, in grado pertanto di restituire al sentire e al volere la loro
dimensione cosmica. Parimenti, la vera convivenza sociale si realizza mediante
l'azione dell'uomo, prima nella libera vita spirituale, espressione delle
forze del volere, poscia nello Stato giuridico ispirato da un luminoso
sentire, infine nel settore economico vivificato dalle manifestazioni del
pensare puro. Da questa presenza del fondamento spirituale, da questo sgorgare
di libera autocoscienza e di potere di autentico amore, da questo rinnovato
senso di giustizia, da questa concreta creatività, l'uomo può
costruire una vera socialità, una effettiva unità della società,
superando tutte le recitazioni demagogiche odierne.
Attuando la Tripartizione
dell'organismo sociale, l'uomo restituisce alla società il suo ordine
essenziale, con al vertice l'Io Superiore, la manifestazione del Logos
nell'umano, ricostituendo la sacralità perenne che doveva temporaneamente
perdere per compiere la propria evoluzione. Il principio dello Spirito,
esprimentesi nella forma sociale atta ai nuovi tempi, consente a tutti
gli uomini "di buona volontà" di iniziare a operare secondo
la propria essenziale dignità: di identificare, partendo dalla posizione
assegnata dal proprio destino, l'importanza del proprio compito esteriore,
anche del piú umile, agendo secondo creatività, senso di
giustizia, fraternità, in quanto è data loro occasione, nelle
istituzioni sociali, di edificare la loro umanità piú elevata.
La questione monetaria, uno
dei tanti aspetti della provvisoria sconfitta dell'uomo, non potrà
mai trovare soluzione nei singoli provvedimenti e nelle contingenti riforme,
ma solo da una nuova concezione della società. Ma la questione sociale
non verrà mai districata se non verrà compresa prima la vera
realtà dell'uomo: l'essere egli manifestazione di quella che Dionigi
l'Areopagita ha definito, all'inizio dell'era Cristiana, la quarta gerarchia
spirituale.
A.Villella,
Metafisica della moneta, Ed. Basaia, Roma 1984.
|
Voi prendete la ricchezza come un gran bene e spesso
Dio non ce la manda che come prova. È scritto: “Il cuore resta là
dove è attaccato: chi ha un dio nell’oro non va nel regno di Dio”.
Chi fa dell’oro il suo dio e s’inginocchia davanti alla sua cassaforte,
commette un’infrazione al comandamento del Vecchio Testamento: “Tu non
adorerai che un solo Dio”. Poiché questo comandamento non si riferisce
agli idoli, né all’adorazione delle divinità pagane; significa
che non si può amare Dio e l’oro allo stesso tempo. Là dove
è il vostro cuore, resterete attaccati.
A. Hael, Vita e parole di Maître
Philippe, Edel, Roma 1988
|
|