I
COLORI NELL'ARTE
Il bisogno di penetrare le leggi a cui sono soggetti
i fenomeni del senso della vista nacque in Goethe dalla meditazione delle
opere d'arte dei pittori. Ogni quadro gli presentava un enigma. Quale rapporto
ha il chiaroscuro coi colori? Quale rapporto hanno i diversi colori fra
loro? Perché il giallo risveglia un senso di serenità, e
l'azzurro uno di serietà? La teoria newtoniana non poteva dare nessuna
chiave per aprire questi misteri. Essa deduce tutti i colori dalla luce,
li pone in serie l'uno accanto all'altro, e non dice nulla circa i loro
rapporti con l'oscurità né circa i viventi rapporti dell'uno
con l'altro. Dal punto di vista che Goethe raggiunge per vie sue proprie,
egli può invece risolvere gli enigmi che l'arte gli aveva proposto.
Il giallo deve possedere un carattere sereno, lieto, dolcemente attraente,
essendo il colore piú prossimo alla luce. Sorge dalla piú
leggera mitigazione della luce. L'azzurro fa pensare all'oscurità
che in lui agisce. Perciò risveglia un senso di freddo, e "ricorda
anche le ombre". Il giallo rossastro sorge da un'intensificazione
del giallo dalla parte dell'oscuro. Grazie a questa intensificazíone
cresce la sua energia. La serenità, la letizia, si tramutano in
gioia piena. Quando l'intensificazione procede oltre, dal giallo rossastro
al rosso giallastro (scarlatto), il senso di letizia e di gioia piena si
trasforma in un'impressione di violenza. Il violetto è l'azzurro
che tende al chiaro. La quiete e la freddezza dell'azzurro diventa cosí
inquietudine. Tale inquietudine aumenta ancora nel rosso azzurrino (paonazzo),
Il rosso puro (carminio) sta nel mezzo, fra il rosso giallastro e il rosso
azzurrino. L'impetuosità del giallo rimane moderata, la quiete indolente
dell'azzurro si anima e si ravviva. Il rosso dà l'impressione della
soddisfazione ideale, della conciliazione dei contrari. Un senso di soddisfazione
viene anche dal verde, che è un miscuglio di giallo e d'azzurro.
Anzi, poiché ivi la serenità del giallo non è intensificata,
e la quiete dell'azzurro non è turbata dal richiamo del rosso, la
soddisfazione sarà piú pura di quella prodotta dal rosso
stesso.
L'occhio, quando gli si mette dinanzi un colore, ne chiama subito un altro.
Se vede il giallo, sorge subito in lui il desiderio del violetto; se percepisce
l'azzurro, chiede l'aranciato, se vede il rosso, domanda il verde. Si comprende
che sorga il senso della soddisfazione, quando si pone accanto ad un colore
che è esibito all'occhio, un altro colore a cui l'occhio tende per
sua natura. Dall'essenza dell'occhio risulta la legge dell'armonia dei
colori. I colori che l'occhio vuole vicini fanno un effetto armonico. Se
si trovano vicini due colori di cui l'uno non chiami l'altro, l'occhio
viene stimolato a reagire. La combinazione di giallo e porpora ha qualche
cosa d'unilaterale, ma di gaio e di ricco. L'occhio vuole il violetto accanto
al giallo, per vivere a suo modo. Se viene il color porpora al posto del
violetto, vuol dire che l'oggetto fa valere i suoi diritti di fronte a
quelli dell'occhio: che non si adatta alle esigenze dell'organo. Combinazioni
di tal genere servono a chiamar l'attenzione su quel che v'è di
significativo nelle cose. Non vogliono soddisfare incondizionatamente,
ma caratterizzare. A queste combinazioni caratteristiche si prestano i
colori che non sono in opposizione diametrale fra loro, ma che non sono
neppure l'uno sfumatura dell'altro. Combinazioni di quest'ultimo genere
danno alle cose in cui si verificano una cert'aria di mancanza di carattere.
Goethe ha imparato a conoscere nella natura il divenire e l'essere dei
fenomeni della luce e dei colori. Ma l'ha anche a sua volta riconosciuto
nelle creazioni dei pittori, ove si trova innalzato a un gradino superiore,
tradotto in spirituale. Mediante le sue osservazioni sulle percezioni visive,
Goethe ha quindi acquistato una profonda visione del rapporto fra natura
ed arte.
R. Steiner, Concezione
goethiana del mondo, Carabba, Lanciano 1925
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