Secondo la tradizione geologico-esoterica,
la Sardegna, al pari dell'Irlanda, venne risparmiata dal Diluvio. È
una terra che conserva quindi tuttora residui di un'arcaicità misterica
spesso difficile da interpretare. Crocevia di migrazioni da Sud a Nord
e da Est a Ovest, punto di approdo e di scalo delle peregrinazioni marittime
di vari popoli e in particolare di quelli orientali e mediorientali, la
Sardegna rappresenta un composito reliquiario di civiltà diverse
tra loro. Sul territorio sardo si rinvengono dolmen, tholoi cretesi, ziqqurat
caldei, menhir e cromleck. Un ibrido culturale e architettonico che doveva
poi sfociare nella costruzione dei nuraghi, allo stesso tempo abitazioni
e fortezze.
Oltre alle tombe rupestri chiamate domus de janas (case delle fate),
sono state individuate nell'isola varie strutture di tipo megalitico-dolmenico,
alcune di chiara destinazione sepolcrale, e altre, soprattutto nella zona
nord-orientale, di difficile catalogazione. Queste ultime, definite molto
sommariamente "tombe dei giganti" per la vastità della
camera ritenuta sepolcrale, sono indebitamente assimilate alle "tombe
dei giganti" a pozzetto, rinvenute con una certa frequenza un po'
ovunque nel territorio dell'isola.
A Capichera, nei pressi di Arzachena (Sassari), in piena e isolata campagna,
si trova una delle piú interessanti "tombe dei giganti".
Si tratta del classico semicerchio megalitico formato da una stele anteriore
centrale prominente e forata alla base da cui si dipartono sei lastre fittili
per ogni lato (i dodici con il tredicesimo al centro). La cosiddetta "camera
sepolcrale" è collegata all'apertura praticata nella stele
maggiore centrale attraverso il condotto dolmenico: un cunicolo piuttosto
lungo, in origine completamente ricoperto da massicce lastre di pietra.
L'insieme della costruzione, assai ben conservata rispetto a reperti della
stessa natura nel corredo archeologico sardo, piú che di una tomba
destinata all'inumazione dà l'idea di un sepolcro iniziatico, come
se ne trovano nell'area egeo-minoica, in particolare a Delfi nella parte
arcaica presso lo zoccolo del primo tempio, sotto la roccia della Pizia.
La "tomba dei giganti" di Capichera rappresenta un richiamo esplicito
all'utero femminile, giustificando l'ipotesi della funzione iniziatica
della costruzione, destinata a fornire un supporto strumentale per l'esperienza
rituale della pseudo-morte e della rinascita. Il neofita, sotto la guida
dello jerofante, veniva introdotto nella camera interna attraverso l'apertura
praticata sotto la stele centrale, immerso in un sonno catalettico che
doveva durare tre giorni e tre notti, nel buio e nel silenzio assoluti
del sacello, dal quale usciva infine alla luce e ai suoni della vita completamente
rigenerato, purificato e iniziato al mistero dell'ultraterreno.
Schema tipico
della "tomba dei giganti"
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Là dove regna la vera vocazione alla meditazione,
e non solo a pensare questo o quel pensiero, là v'è progresso.
Molti sapienti non hanno questa vocazione. Essi hanno imparato a ragionare
e a concludere, come un calzolaio a fare le scarpe, senza mai arrivare
all'idea madre, o senza preoccuparsi di trovare il fondo dei pensieri.
Tuttavia la salvezza non si trova per altre vie.
La contemplazione dell'universo comincia al punto centrale, nell'inifinito
e assoluto soprano, e discende la scala; la contemplazione di noi medesimi
comincia nel basso assoluto e infinito della periferia, e sale la scala.
L'unione assoluta del basso e del soprano: ecco le sistole e le diastole
della vita divina.
Novalis, Preludi e commenti agli «Inni
alla notte», Carabba, Lanciano 1912
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