I trovatori erano dei poeti. Tutti i poeti soffrono di una nostalgia
inespressa. Ma questi conoscevano un cammino che li conduceva alla Tavola
Rotonda della nostalgia, sulla quale si elevava il "Consolatore"
che il Cristo aveva fatto annunciare da San Giovanni l'Evangelista.
I trovatori erano i poeti di un paese, il sud della Francia, ove il sole
era luminoso, ove gli astri erano vicinissimi alla terra, e ove la preghiera
era facile.
Questi poeti che pregavano non erano dei rimatori dallo spirito smarrito:
erano "puri", "Catari" e trasposero le leys d'amors
nel campo spirituale. Invece del favore delle dame, cercavano la redenzione
in Dio. In luogo del Consolament della loro dama, quello del Santo
Spirito, che è Dio.
Pregare e fare poesia non doveva essere altro che un'unica cosa. La preghiera
dei catari, dei trovatori oranti, non era che una strofa dell'inno alla
luminosa Divinità che essi intendevano giornalmente trattenere nella
sinfonia dei colori e dei suoni del loro paese. Come tutti i poeti, si
sentivano stranieri quaggiú, e aspiravano a un Aldilà migliore
dove, secondo la loro mitologia, l'uomo un tempo era stato un angelo e
dove è la sua vera patria: la "Casa della Canzone", come
ai primi tempi della storia i Babilonesi chiamavano il Reame luminoso di
Ahuramazda. I catari erano talmente sicuri di un Aldilà migliore
che consideravano questa vita semplicemente come un periodo di preparazione
alla vita reale che sapevano esistere oltre le stelle.
Tratto da: O. Rahn, Crociata contro
il Graal, Soc. Ed. Barbarossa, Milano 1991
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