L’origine
dei vostri doveri sta in Dio. La definizione dei vostri doveri sta nella
sua Legge. La scoperta progressiva, e l’applicazione della sua Legge appartengono
all’Umanità.
Dio
esiste. Noi non dobbiamo né vogliamo provarvelo: tentarlo, ci sembrerebbe
bestemmia, come negarlo, follia. Dio esiste, perché noi esistiamo.
Dio vive nella nostra coscienza, nella coscienza dell’Umanità, nell’Universo
che ci circonda. La nostra coscienza lo invoca nei momenti piú solenni
di dolore e di gioia. L’umanità ha potuto trasformarne, guastarne,
non mai sopprimerne il santo nome. L’universo lo manifesta con l’ordine,
con l’armonia, con l’intelligenza dei suoi moti e delle sue leggi. Non
vi sono atei fra voi: se ve ne fossero, sarebbero degni non di maledizione,
ma di compianto. Colui che può negare Dio davanti una notte stellata,
davanti alla sepoltura dei suoi piú cari, davanti al martirio, è
grandemente infelice o grandemente colpevole. Il primo ateo fu senz’alcun
dubbio un uomo che aveva celato un delitto agli altri uomini e cercava,
negando Dio, di liberarsi dall’unico testimonio a cui non poteva celarlo,
e soffocare il rimorso che lo tormentava: forse un tiranno che aveva rapito
con la libertà metà dell’anima ai suoi fratelli e tentava
di sostituire l’adorazione della Forza brutale alla fede nel Dovere e nel
Diritto immortale. Dopo lui, vennero qua e là, di secolo in secolo,
uomini che per aberrazione di filosofia insinuarono l’ateismo, ma pochissimi
e vergognosi: vennero, in momenti non lontani da noi, moltitudini che per
una irritazione contro un’idea di Dio falsa, stolta, architettata a proprio
benefizio da una casta o da un potere tirannico, negarono Dio medesimo,
ma fu un istante, e in quell’istante adorarono, tanto avevano bisogno di
Dio, la dea Ragione, la dea Natura. Oggi, vi sono uomini che aborrono da
ogni religione perché vedono la corruzione nelle credenze attuali
e non indovinano la purità di quelle dell’avvenire, ma nessuno tra
loro osa dirsi ateo: vi sono preti che prostituiscono il nome di Dio ai
calcoli della venalità, o al terrore dei potenti, vi sono tiranni
che lo imposturano invocandolo a protettore delle loro tirannidi; ma perché
la luce del sole ci viene spesso offuscata e guasta da sozzi vapori, negheremo
il sole o la potenza vivificatrice del suo raggio sull’universo? Perché
dalla libertà i malvagi possono talvolta far sorgere l’anarchia,
malediremo la libertà? La fede in Dio brilla d’una luce immortale
attraverso tutte le imposture e le corruttele che gli uomini addensano
intorno a quel nome. Le imposture e le corruttele passano, come passano
le tirannidi: Dio resta, come resta il Popolo, immagine di Dio sulla terra.
Come il Popolo attraverso schiavitù, patimento e miserie, conquista
a grado a grado coscienza, forza, emancipazione, il nome santo di Dio sorge
dalle rovine dei culti corrotti a splendere circondato d’un culto piú
puro, piú fervido e piú ragionevole.
Io
dunque non vi parlo di Dio per dimostrarvene l’esistenza, o per divi che
dovete adorarlo – voi lo adorate, anche non nominandolo, ogni qualvolta
voi sentite la vostra vita e la vita degli esseri che vi stanno intorno
– ma per dirvi come dovete adorarlo, per ammonirvi intorno a un errore,
che domina le menti di molti tra gli uomini delle classi che vi dirigono,
o per esempio loro, di molti tra voi: errore grave o rovinoso quanto è
l’ateismo.
Questo
errore è la separazione, piú o meno dichiarata, di Dio dall’opera
sua, dalla Terra sulla quale voi dovete compiere un periodo della vostra
vita.
G.
Mazzini, Dei doveri dell’uomo, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano
l949
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