La dottrina dell’armonia delle sfere risale al filosofo greco Pitagora
(570-496 a.C.). Secondo un aneddoto di Giamblico, Pitagora aveva capito
che i valori musicali potevano essere espressi in rapporti quantitativi,
quindi numerici, e secondo misure geometriche, ascoltando i colpi di diversi
martelli pesanti all’interno della bottega di un fabbro. Osservando gli
strumenti a corde, egli scoprí il nesso esistente tra la frequenza
delle vibrazioni e l’acutezza del suono. Secondo la sua dottrina, il mondo
era costituito da armonia e numero: sia l’anima microcosmica sia l’universo
macrocosmico erano strutturati sulla base di rapporti proporzionali ideali,
esprimibili con una melodia.
L’altezza dei singoli pianeti (note) sulla scala musicale celeste era
direttamente proporzionale alla velocità di rotazione, mentre le
distanze erano commisurate alla lunghezza degli intervalli.
Illustrazione di Athanasius Kircher, Musurgia universalis,
Roma 1650
Secondo Boezio (V secolo d.C.), teorico della musica neoplatonica,
la musica instrumentalis terrena non è che una proiezione
della musica mundana, ovvero la musica cosmica, rappresentata dalla
sfera al centro dell’illustrazione. Essa, a sua volta, è solo una
debole eco della musica divina dei nove cori angelici.
A. Roob, Alchimia e mistica, Ed.
Taschen, Bonn 1997
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