In relazione all’esercizio della concentrazione
di cui parla il numero di dicembre della vostra Rivista, vorrei avere qualche
chiarimento. Ad esempio: devo definire al massimo l’immagine dell’oggetto
che scelgo di rappresentarmi nella mente fino a farla divenire il piú
possibile nitida? Devo avere il suo senso fisico? Devo analizzare ogni
singola parte dell’oggetto prima di sintetizzarlo in un’unica immagine?
E come giungere a questa immagine-sintesi? Grazie per le precisazioni.
Mauro Sangineti, Alessandria
Bisogna decisamente pensare all’oggetto,
senza preoccuparsi di tutto questo. Non ha affatto importanza che l’immagine
risulti nitida. Ognuno, quando pensa a una cosa, ha un suo modo di rappresentarsi
le forme immaginate, senza preoccuparsi di controllare se tale immagine
sia nitida o no. Oggi tale tecnica si definisce con il termine “visualizzare”:
noi non lo usiamo, perché potremmo anche danneggiare il lavoro che
dobbiamo fare. Si tratta di far vivere la cosa che ci rappresentiamo, quindi
dobbiamo essere molto fiduciosi nel nostro rappresentare. Se dobbiamo camminare
non ci domandiamo come muoviamo le gambe: prima camminiamo, e poi possiamo
anche fare l’analisi del nostro camminare. Questa è un’analisi intellettuale,
che in un trattato può essere interessante e anche brillante, però
ricordiamoci che il vero nemico dell’opera spirituale è l’intelletto,
il quale sta lí a fare obiezioni. Appunto si sceglie un oggetto
banale per la concentrazione, perché non solleciti il nostro intellettualismo.
Per quanto riguarda il senso fisico dell’oggetto, questo deve essere trascurato.
Dobbiamo solo guardare l’immagine, senza alcuna preoccupazione di come
sia questa immagine. Il nostro immaginare noi lo abbiamo fin da bambini.
Per quel che riguarda l’immagine-sintesi, possiamo dire che è proprio
perché ci sono molte forme e colori di un bottone che possiamo pensare
al bottone come un’immagine che contiene ogni tipo di bottone. Quando diciamo
“albero”, non ci riferiamo a un determinato tipo di albero, come ad esempio
il pino. Se parlate con una persona esperta di ideogrammi, vi confermerà
che nella scrittura cinese antica non c’era l’ideogramma dell’albero in
generale, ma solo quello specifico di ogni singolo albero: abete, pero,
susino. Nel pensiero degli antichi cinesi non c’era dunque il concetto
di albero. Quando noi invece diciamo bottone, a questa parola corrisponde
un’idea: tutti i tipi di bottone sono compresi in quest’idea. Non bisogna
perdersi nell’analisi. Scegliamo un oggetto semplice proprio per non esagerare
nell’analisi. Ogni volta che noi analizziamo, dividiamo una sintesi che
già c’è in noi e che dobbiamo riconquistare. Non bisogna
essere troppo avari di analisi, ma nemmeno eccedere, altrimenti l’analisi
diventa arzigogolo. Chi da tanti anni fa regolarmente la concentrazione
conosce l’importanza di questo esercizio, ma sa anche che è molto
difficile farlo bene. Noi camminiamo con questo e con gli altri esercizi:
perché li fa chi comincia, ma anche chi già ha avuto esperienze
interiori. L’importante è lavorare con impegno e serietà.
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Mese di Aprile 1999
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Il dio Ptah, mentre plasma al
tornio l’uovo della vita.
Per gli antichi Egizi, come per noi oggi in occasione della Pasqua,
l’uovo era simbolo ogni anno del perpetuo rinnovarsi della natura.
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