L’Archetipo Anno IV n. 6, Aprile 1999
Redazione
 
In relazione all’esercizio della concentrazione di cui parla il numero di dicembre della vostra Rivista, vorrei avere qualche chiarimento. Ad esempio: devo definire al massimo l’immagine dell’oggetto che scelgo di rappresentarmi nella mente fino a farla divenire il piú possibile nitida? Devo avere il suo senso fisico? Devo analizzare ogni singola parte dell’oggetto prima di sintetizzarlo in un’unica immagine? E come giungere a questa immagine-sintesi? Grazie per le precisazioni.

Mauro Sangineti, Alessandria

Bisogna decisamente pensare all’oggetto, senza preoccuparsi di tutto questo. Non ha affatto importanza che l’immagine risulti nitida. Ognuno, quando pensa a una cosa, ha un suo modo di rappresentarsi le forme immaginate, senza preoccuparsi di controllare se tale immagine sia nitida o no. Oggi tale tecnica si definisce con il termine “visualizzare”: noi non lo usiamo, perché potremmo anche danneggiare il lavoro che dobbiamo fare. Si tratta di far vivere la cosa che ci rappresentiamo, quindi dobbiamo essere molto fiduciosi nel nostro rappresentare. Se dobbiamo camminare non ci domandiamo come muoviamo le gambe: prima camminiamo, e poi possiamo anche fare l’analisi del nostro camminare. Questa è un’analisi intellettuale, che in un trattato può essere interessante e anche brillante, però ricordiamoci che il vero nemico dell’opera spirituale è l’intelletto, il quale sta lí a fare obiezioni. Appunto si sceglie un oggetto banale per la concentrazione, perché non solleciti il nostro intellettualismo. Per quanto riguarda il senso fisico dell’oggetto, questo deve essere trascurato. Dobbiamo solo guardare l’immagine, senza alcuna preoccupazione di come sia questa immagine. Il nostro immaginare noi lo abbiamo fin da bambini. Per quel che riguarda l’immagine-sintesi, possiamo dire che è proprio perché ci sono molte forme e colori di un bottone che possiamo pensare al bottone come un’immagine che contiene ogni tipo di bottone. Quando diciamo “albero”, non ci riferiamo a un determinato tipo di albero, come ad esempio il pino. Se parlate con una persona esperta di ideogrammi, vi confermerà che nella scrittura cinese antica non c’era l’ideogramma dell’albero in generale, ma solo quello specifico di ogni singolo albero: abete, pero, susino. Nel pensiero degli antichi cinesi non c’era dunque il concetto di albero. Quando noi invece diciamo bottone, a questa parola corrisponde un’idea: tutti i tipi di bottone sono compresi in quest’idea. Non bisogna perdersi nell’analisi. Scegliamo un oggetto semplice proprio per non esagerare nell’analisi. Ogni volta che noi analizziamo, dividiamo una sintesi che già c’è in noi e che dobbiamo riconquistare. Non bisogna essere troppo avari di analisi, ma nemmeno eccedere, altrimenti l’analisi diventa arzigogolo. Chi da tanti anni fa regolarmente la concentrazione conosce l’importanza di questo esercizio, ma sa anche che è molto difficile farlo bene. Noi camminiamo con questo e con gli altri esercizi: perché li fa chi comincia, ma anche chi già ha avuto esperienze interiori. L’importante è lavorare con impegno e serietà.
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Aprile 1999


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Il trasfigurativo di Sagramora


Il dio Ptah, mentre plasma al tornio l’uovo della vita.
Per gli antichi Egizi, come per noi oggi in occasione della Pasqua,
l’uovo era simbolo ogni anno del perpetuo rinnovarsi della natura.

 

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