L’Archetipo Anno IV n. 3, Gennaio 1999

PERSONAGGI

 

 

Swami Vivekananda (1863-1902), fu il primo ambasciatore spirituale e culturale dell’India in Occidente. Egli rappresentò le religioni indiane presso il Parlamento mondiale delle religioni riunito a Chicago in occasione dell’Esposizione Universale del 1893. Il suo messaggio per l’unione dell’umanità e l’armonia delle religioni venne accolto sia dal pubblico sia dalla stampa del tempo come il simbolo dell’essenza stessa di quel Parlamento. Lo Swami desiderava lanciare un ponte tra l’Oriente e l’Occidente, portando negli Stati Uniti il dono dell’antica spiritualità indiana in cambio del patrimonio scientifico e industriale occidentale. Dopo quattro anni di viaggio e di insegnamento in America e in Europa, egli ritornò in India, dove viene venerato come Santo nazionale. Il governo indiano ha dichiarato festa nazionale il suo giorno di nascita.
Riportiamo di seguito un suo scritto ricavato dal libro di S. Lemaître Textes mystiques d’Orient et d’Occident, pubblicato a Parigi dall’editore Plon nel 1955.

CRISTO, IL MESSAGGERO

La grande anima, il Messaggero, apparve in un periodo della storia del suo popolo che noi possiamo ben designare come di grande decadenza. Non possediamo che modesti frammenti di ciò che è stato annotato, un po’ a caso, intorno a ciò che Egli ha detto e ha fatto. E in verità si è avuto ragione di dire che le parole e le azioni di questa grande anima, se fossero state integralmente trasmesse, avrebbero riempito il mondo. I tre anni del suo ministero sono stati come un’èra concentrata, compressa, e non sono bastati diciannove secoli per svilupparla! Semplici esseri umani, come voi e me, non sono che ricettacoli di un piccolo nucleo di energia. Qualche minuto, qualche ora, qualche anno al massimo, bastano a diffonderla interamente, a darle per cosí dire il massimo grado di estensione, dopo di che noi scompariamo per sempre. Ma osservate quel gigante che è apparso: secoli e secoli trascorrono, e tuttavia l’energia che Egli ha lasciato nel mondo non ha ancora agito completamente, non è stata completamente diffusa.
Ora, ciò che voi vedete nella vita di Cristo è la vita di tutto il passato. In un certo senso, la vita di ogni uomo è la vita del passato. Il passato della sua stirpe arriva a lui attraverso l’eredità, l’ambiente, l’educazione. In un certo senso, il passato di tutta la Terra, del mondo intero, è là che pesa su ciascuna delle nostre anime. Che siamo noi, nel presente, se non un risultato, un effetto, dell’infinito passato? Che siamo noi se non piccole onde che increspano l’eterna corrente degli avvenimenti, spinte irresistibilmente in avanti, sempre piú lontano e incapaci di trovar riposo? Voi ed io non siamo che piccole cose, bolle d’aria, ma vi è sempre, nell’oceano della vita, qualche onda gigantesca. In voi e in me, la vita della stirpe del passato non si è incorporata che in debole misura, ma vi sono dei giganti che riassumono il passato e tendono le mani all’avvenire...
Il miglior commento che esista della vita del grande Spirito è nella sua stessa vita: «Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo i loro nidi; ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo». Ecco quella che il Cristo indica come la sola via di salvezza, e non ne indica altra. Riconosciamo, in tutta umiltà, che noi non sappiamo agire cosí. Abbiamo ancora una certa tenerezza per l’"io" e il "mio". Noi desideriamo beni, ricchezze, denaro. Mal ce ne incolga! Confessiamolo, con vergogna, di fronte a questo grande Maestro dell’umanità. Egli non aveva famiglia. Credete che avesse qualche preoccupazione materiale? Pensate che questa massa di luce, questo Dio-e-non-uomo, sia disceso sulla Terra per esservi uguale agli animali?
Egli era uno Spirito senza catene e senza legami. E non ciò soltanto, ma sapeva anche, grazie alla sua meravigliosa visione, che ogni individuo, uomo o donna, giudeo o pagano, ricco o povero, santo o peccatore, era l’incarnazione del Suo stesso spirito immortale. Per questo l’essenza della sua vita è l’invito agli uomini a realizzare la propria natura spirituale. «Abbandonate – Egli diceva – quei sogni superstiziosi ove vedete dei poveri e dei ricchi. Non crediate di essere calpestati e tiranneggiati come se foste degli schiavi, perché vi è in voi qualcosa che non può essere tiranneggiato, che non si può mai calpestare, mai turbare, mai uccidere. Voi siete tutti i Figli di Dio, dello Spirito Immortale». «Sappiate – Egli diceva ancora – che il Regno dei Cieli è dentro di Voi». «Il Padre mio e Io siamo una cosa sola». «Osate sorgere e proclamare, non soltanto: "Io sono il Figlio di Dio", ma anche: "Io trovo nel piú profondo del mio cuore, che Io e il Padre mio siamo una cosa sola"».
Ecco ciò che ha detto Gesú di Nazaret. Egli non ha mai parlato di questo mondo né di questa vita: non aveva nulla a che fare con essi. Voleva solamente prendere il mondo come era, imprimergli un impulso, spingerlo avanti, farlo progredire fino a che esso, nella sua globalità, raggiungesse la folgorante luce di Dio; fino a che ciascuno realizzasse la propria natura spirituale, fino a che la morte fosse vinta e la sofferenza bandita.

Swami Vivekananda

 

Colui che è venuto duemila anni fa è il primo e l’ultimo, ma non bisogna confonderlo con gli uomini.
Quando vuoi creare o perfezionare qualcosa che qui non esiste rifletti alla tua opera prima di farla. Questo pensiero non ancora realizzato è l’archetipo di ciò che sarà la tua opera. Cosí Dio, prima di creare il tutto, pensò la sua opera; questo pensiero fu qualcuno e fu il Cristo, la Vita, la Parola di Dio, il pensiero di ogni cosa. Perché Dio creò tutto in immagine e in seguito, con il tempo, tutto si realizza. Il Cristo, primogenito di tutte le cose, fu l’ultimo creato, ma non come noi.
Egli era il Figlio stesso del Padre e, come tale, possedeva la conoscenza di tutte le cose prima ancora della loro creazione.

Maître Philippe

A. Haehl, Vita e parole di Maître Philippe, Edel, Roma 1988, pag. 67

 

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