Figlio del governatore
del castello di Helsingborg, Tycho de Brahe nacque nel 1546 a Knudstrup,
in Danimarca. La sua passione per l’astronomia si rivelò in lui
sin dalla prima gioventú. Per essa si mise contro la famiglia, che
lo avrebbe voluto studente di diritto, e che finí poi per assecondarlo,
e sfidò persino a duello un giovane che aveva osato mettere in dubbio
i suoi calcoli matematici. Nel duello perse il naso, che si fece ricostruire
in oro, una protesi che portò tutta la vita.
Scoprí e
rettificò le tavole astronomiche in uso nei suoi tempi, le Tabulae
Prutenicae di Erasmo Reinhold in errore di parecchi giorni. Di sua
concezione furono strumenti molto sofisticati per l’epoca, fra cui un grande
quadrante per osservazioni stellari e un globo sul quale arrivò
a segnare fino a un migliaio di stelle mai scoperte prima. Fu il primo
ad osservare la nascita di una supernova, che comparve nel 1572 nella costellazione
di Cassiopea: la sua esposizione del fenomeno negli ambienti accademici
suscitò dibattiti accesi, non venendo allora accettata la concezione
di nascita, mutazione e corruzione delle stelle fisse.
Il re Federico II
di Danimarca, conquistato dalle sue tesi, gli donò l’intera isola
di Hveen per permettergli di compiere le sue osservazioni.
Tyco concepí un edificio molto particolare, che chiamò “castello
del cielo” o Uranjborg, dove visse per vent’anni. Era imponente, turrito,
cinto da poderose mura, di fattura quadrata, con i vertici orientati verso
i quattro punti cardinali. Oltre a una quantità di strumenti astronomici
come sestanti, armille e misuratori parallattici, sistemati nelle sale
di osservazione ai piani alti dotate di tetti apribili, vi era anche una
vasta biblioteca e un attrezzato laboratorio di alchimia. Dopo l’Uranjborg,
Tyco fece costruire lo Stjerneborg, o “castello delle stelle”, con osservatori
sotterranei dalla volta a cupola apribile, in cui poteva dedicarsi contemporaneamente
ai suoi studi stellari e agli esperimenti di alchimia. L’isola era organizzata
come un vero e proprio regno, con la sua corte e con le tasse che gli abitanti
dovevano versare. Alla morte di Federico II, il suo successore ritenne
tale potere eccessivo. Tyco ne rimase profondamente offeso e cercò
per sé e la sua numerosa famiglia una nuova sistemazione. Dopo varie
peregrinazioni per l’Europa temporanee, si trasferí a Praga, presso
il re Rodolfo II, che lo nominò Mathematicus imperialis.
Qui nel 1600 incontrò Keplero, che divenne suo assistente, al quale
espose nei dettagli il suo sistema geostatico. Secondo tale sistema, che
si differenzia totalmente da quello copernicano, i cinque pianeti allora
conosciuti ruotano intorno al Sole, che, insieme alla Luna, gira ogni anno
intorno alla Terra,
fissa al centro dell’Universo. Keplero non fu mai convinto del sistema
geocentrico, ma utilizzò tutti i dati delle osservazioni fatte durante
l’anno in cui aveva lavorato con Tyco de Brahe, che morí nel 1601,
per formulare le tre leggi del moto planetario.
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Nel secolo sedicesimo, nel
1546, nasce da nobile casata dell’Europa settentrionale un uomo singolare,
dotato fin dalla culla di tutto ciò che poteva condurlo ad alte
cariche nel senso della vita tradizionale di allora, data anche la ricchezza
della famiglia. Poiché, secondo le tradizioni familiari, avrebbe
poi dovuto ricoprire un posto eminente nello Stato o in altra posizione
elevata, fu destinato a una professione legale e mandato con un precettore
all’università di Lipsia per studiarvi giurisprudenza. Il precettore
tormentava il ragazzo, poiché era ancora un ragazzo mentre doveva
studiare giurisprudenza, per quanto era lungo il giorno. Ma quando il precettore
dormiva i sonni del giusto, sognando le sue teorie giuridiche, il ragazzo
sgattaiolava fuori dal letto e durante la notte contemplava le stelle con
gli strumenti semplicissimi che si era costruiti da sé. Ben presto
giunse a conoscere i misteri del firmamento non solo meglio di qualsiasi
maestro, ma anzi piú di quanto era scritto allora in tutti i libri.
Osservò per esempio una data posizione di Saturno e di Giove nella
costellazione del Leone, e guardando nei libri la trovò registrata
in modo del tutto errato. Allora sorse in lui l’anelito di conoscere nella
maniera piú esatta soprattutto la scrittura stellare, di notare
con la maggiore precisione il corso degli astri. Fu poi miracolo che quest’uomo
riuscisse ben presto a vincere l’opposizione della sua famiglia e ottenesse
il permesso di diventare scienziato e astronomo, invece di perdere la sua
vita sognando su dottrine e testi giuridici. E poiché disponeva
di larghi mezzi finanziari gli riuscí possibile creare un istituto
attrezzato.
L’istituto era disposto
in modo singolare: nei piani superiori conteneva strumenti per osservare
i segreti del firmamento e nella cantina conteneva apparecchi per formare
miscele e analisi di materie diverse. Qui lo studioso lavorava, dividendo
il suo tempo tra indagini dei piani superiori e il far ribollire, mescolare
e pesare giú in cantina. Cosí lavorava dunque quello spirito,
per mostrare a poco a poco come le leggi iscritte nelle stelle fisse e
nei pianeti, le leggi macrocosmiche, si ritrovino microcosmicamente nei
numeri matematici che stanno a base delle misture e delle analisi della
materia. Egli applicò poi alla medicina il nesso vivente che trovava
fra l’elemento celeste e il terreno, e cercò di preparare dei medicinali,
che produssero intorno a lui effetti negativi solo perché li distribuiva
gratuitamente fra le persone che desiderava soccorrere. I medici, che invece
aspiravano a farli pagare cari, erano infatti furibondi contro di lui perché
compiva tali “reati” con ciò che voleva portar giú dal cielo
sulla terra.
Fortunatamente quell’uomo,
in seguito a un fatto speciale, godeva le buone grazie del re Federico
II di Danimarca, e finché ne ebbe la protezione le cose andarono
bene, e vennero conseguiti veramente dei risultati enormi in merito all’azione
spirituale delle leggi universali, nel senso che prima ho caratterizzato.
In verità egli sapeva molto intorno al decorso spirituale delle
leggi universali. Fra l’altro fece allibire il mondo con cose che forse
oggi non sarebbero credute allo stesso modo; cosí un giorno a Rostock,
in base alle costellazioni celesti, profetizzò la morte del sultano
Solimano, e la notizia di quella morte, avvenuta veramente di lí
a pochi giorni, rese popolare il nome di Tycho de Brahe in tutta l’Europa.
Di lui, che pur visse in un tempo non tanto lontano da noi, oggi il mondo
non sa quasi piú nulla, se non che era ancora alquanto ingenuo,
che non aveva raggiunto ancora le alte vette materialistiche dei nostri
giorni. Egli ha invero segnato sulla carta astronomica mille nuovi astri,
ha sí fatto la scoperta allora clamorosa di una stella la cui luce
apparve e poi riscomparve, descrivendola come la “nova-stella”, ma di queste
cose per lo piú non si parla. In fondo oggi di lui non si sa altro
se non che era ancora tanto sciocco da escogitare un sistema dell’universo
secondo il quale la Terra sta ferma e il Sole con i pianeti le gira intorno;
questo oggi sa il mondo. Ma che Tycho de Brahe sia stato una personalità
eminente del secolo sedicesimo, che si sia reso infinitamente benemerito
dell’astronomia per mezzo di studi utili ancora oggi, che in quel che ci
ha dato vi sia una somma incalcolabile di profonda sapienza, tutto questo
di solito viene ignorato, semplicemente perché Tycho de Brahe, nell’esposizione
di un preciso sistema planetario, fu indotto dal proprio profondo sapere
a scoprire difficoltà non vedute da Copernico. E se è lecito
dirlo, per paradossale che possa sembrare, col sistema copernicano non
è stata detta ancora l’ultima parola in proposito. La disputa in
merito ai due sistemi darà ancora da fare all’umanità avvenire.
Lo dico soltanto per inciso, perché è troppo paradossale
per i nostri giorni.
Gli avversari di Tycho de
Brahe, che sorgevano dovunque tra i medici d’allora e i professori dell’università
di Copenhagen, riuscirono finalmente ad aizzare contro di lui il successore
del Re che era stato il suo protettore. Cosí Tycho de Brahe, cacciato
dalla patria, dovette riparare di nuovo verso il sud. Già in precedenza
egli aveva eretto ad Augusta il suo primo grande planisfero e il globo
dorato su cui iscriveva sempre le nuove stelle che scopriva e che raggiunsero
alla fine il migliaio. Nell’esilio egli trovò poi la morte a Praga.
Ancora oggi, se non ci valiamo dei soliti testi di studio ma risaliamo
alle fonti e studiamo per esempio Keplero, vediamo come Keplero stesso
arrivò alle sue leggi perché Tycho de Brahe gli aveva spianato
la via con le sue osservazioni astronomiche cosí accurate. Tycho
de Brahe fu dunque una personalità che recava in sé una vasta
impronta di quanto era stato grande e importante nella saggezza dei tempi
a lui anteriori; una personalità alla quale non riusciva ancora
di adattarsi a quanto di lí a poco diventò popolare con la
concezione materialistica del mondo.
R.
Steiner, conferenza tenuta a Stoccarda il 30 dicembre 1910,
in Storia occulta, Editrice antroposofica, Milano 1981, pp.74-76
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