L’Archetipo Anno IV n. 7, Maggio 1999

MEDICINA

  Curarsi con l'argilla

L’argilla è una delle materie prime piú antiche che l’uomo abbia mai usato. In tempi remotissimi, con l’argilla, grazie alla morbidezza e alla plasticità che questo materiale presentava, si producevano ceramiche e oggetti ornamentali per i comuni usi domestici. Le prime notizie storiche sull’uso dell’argilla a scopo cosmetico, risalgono all’epoca dell’antico Egitto. È stato accertato che gli Egizi per fare il sapone sostituivano la soda con una miscela composta da carbonato di calcio e argilla. Secondo alcuni autori, gli antichi Egizi conoscevano bene le proprietà antisettiche e batteriostatiche dell’argilla, per cui la impiegavano assieme ad altre sostanze per mummificare i cadaveri. Un’altra notizia dell’epoca ci dice che i malati venivano curati con il fango del fiume Nilo. È noto che i fanghi contengono una certa quantità di argilla. Durante l’epoca egizia, gli uomini agivano non in base ad un pensiero razionale, ma in base ad una sorta di ispirazione proveniente da entità superiori. Tutta la conoscenza egizia non nasceva da una scienza di tipo materialistico, ma da forme di ispirazione di natura superiore. In questo modo si costruivano le piramidi, segno di grandiosa genialità e di altrettanto grandiosa arte, e nello stesso modo si avvicinavano gli elementi della natura per le cure di bellezza e delle malattie. Quando gli antichi Egizi usavano l’argilla per curare un trauma, una slogatura o per far calcificare piú in fretta un arto rotto, non sapevano che l’argilla agisce e guarisce perché possiede una CSC (Capacità di scambio cationico), perché è ricca di silice e di allumina e perché nella sua struttura sono presenti tanti altri metalli. Questo tipo di conoscenze appartiene alla nostra epoca. Gli antichi Egizi sapevano per ispirazione che usando un impiastro di argilla su un arto rotto, se ne accelerava la calcificazione.
Nel IV e V secolo a.C. Ippocrate curava i dolori di vario genere con l’argilla. Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. nella sua Storia Naturale, e Dioscoride, medico greco, in Sulla materia medica, raccomandano l’argilla come «rimedio dalle molteplici virtú». Nel II d.C. Galeno riconosce nell’argilla un potente rimedio naturale contro molte malattie. Avicenna, medico e filosofo, nell’XI secolo d.C. nel suo Canone della medicina parla dell’argilla come di un potente e «poliedrico medicamento». Nel 1920, il famoso abate Kneipp ripropose l’argilla come una grande e potente medicina naturale. Cosí si esprimeva: «L’argilla guarisce le infiammazioni, attira a sé la materia malata e putrida, guarisce le ferite e le ulcerazioni. È un eccellente medicamento nel mal di testa, di spalle, nelle infiammazioni, nelle intossicazioni ecc.»
Nell’argilla sono presenti un polo cosmico e un polo terrestre. Il polo cosmico è rappresentato dalla silice. Il polo terrestre è rappresentato dal calcare. L’argilla è in grado di armonizzare queste due forze diametralmente opposte. Un’accentuata polarità cosmica (silice) nell’uomo, si manifesta con un distacco estremo nei confronti del mondo, della vita dei sensi e in generale nei confronti delle cose terrene. La polarità cosmica, se da una parte racchiude in sé l’anelito che spinge l’uomo verso la soglia del mondo spirituale, dall’altra rivela una grande sofferenza. Un esempio di questo modo di essere ci è dato dai mistici. La polarità terrestre (calcare) si manifesta, sempre a certi livelli, con un attaccamento estremo alle cose, alle persone e alla vita in generale. Calcare è la bramosia, è il mondo delle brame e dei desideri, è la voglia di possedere e di essere posseduto, è la voglia di legarsi con tutto e con tutti.
Questi due poli, cosí diversi nella loro natura, coesistono tranquillamente dentro l’argilla. E ciò è possibile perché nell’argilla è presente una specie di Io in grado di equilibrare queste due forze, che altrimenti si distruggerebbero a vicenda. Cosí è per l’Io umano, che riesce a far convivere in uno stesso individuo il bene e il male, l’odio e l’amore e tante altre polarità che, se fossero lasciate a se stesse, si distruggerebbero a vicenda e distruggerebbero l’intero cosmo.

Giuseppe Ferraro

G. Ferraro, Il manuale dell’argilla, Ed. CLESAV, Milano 1987

 

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