L’Archetipo Anno IV n. 7, Maggio 1999
Redazione
 
Forse è un luogo comune, ma poeti possono essere tutti quelli che riescono a trovare la voce e le parole per dare forma a ciò che, vivendo nel loro tempo, nell’animo di tutti gli esseri umani, non riesce a trovare lo spazio per la sua espressione. Troppa è la concretezza degli affari del giorno, troppo il peso che fingiamo spudoratamente di sopportare, troppo occupati a proteggere i confini del nostro “stato’’, troppo leggero il silenzio, che pure cerchiamo sempre, quando l’angoscia o la depressione ci fa sentire prigionieri nei nostri stessi confini. E i confini sono in realtà muraglie che ci avvolgono, fatte solo di rumore assordante, il nostro, un rumore che teme il silenzio, perché teme l’invasione di eserciti nemici. Perciò, per paura di sentirci deboli e fragili, cerchiamo sempre di gridare più forte, scambiando il rumore con la forza.. È poeta chi sa pagare il prezzo del silenzio, senza il quale non si può ascoltare ciò che veramente è vivo negli altri e nel mondo, e per amore, solo per amore della vita, ripeterlo, ripeterlo instancabilmente. Ma il prezzo è alto, insostenibile per molti, poiché la moneta con cui si paga è la “debolezza”. Una moneta che nessuno Stato è disposto a coniare. Il poeta guarda, ma soprattutto si osserva. Dolorosa, al suo sguardo silenzioso e nascosto, è la condizione di quella parte di se stesso che ha bisogno di reagire per sentirsi esistente. Ed è sempre dura e di freddo metallo questa zona di confine, stridente, quando cozza con quella degli altri. Anche quando il vestito esteriore è elegante e di buona fattura, anche quando si è educati alla buona educazione e alla signorilità, per poco che venga messo in discussione quello che si crede di essere (“immagine di noi alla quale siamo avvinghiati, come il naufrago all’ultimo pezzo di legno della nave distrutta”), un automatismo scatta dentro di noi e al nostro posto agisce, ferendo per non sentirsi ferito. Per molto tempo, a volte non basta una vita, il poeta si esercita, abituandosi a lasciarsi ferire, facendo dell’automedicazione una consuetudine. E finalmente scopre che il “porgere l’altra guancia” non ha a che fare con la pietà o il perdono, poiché non c’è niente che debba essere perdonato, a nessuno. Al contrario, impara la gratitudine verso chi, obbligandolo a questo gesto interiore, gli fornisce il pretesto e la sostanza per lavorare su se stesso, misurandosi con il vero nemico, quello che gli impedisce di vedersi per quello che realmente è. Un nemico invisibile, solo perché in tutto aderente, come il bozzolo rigido intorno al baco da seta.
Ma ogni poeta avverte segretamente una farfalla agitare le sue ali in quel verme sepolto nel buio e ogni vera poesia, come ogni opera d’arte, è un colpo d’ariete, disperato o gioioso, sempre anelante la Luce. Tra la vita e la forma egli sceglie la vita, ma conserva la forma come un bene prezioso, come l’abito buono delle grandi occasioni, da indossare ogni giorno sulla scena grandiosa del mondo, imparando la parte dell’Uomo.

Fausto Aufiero, Avellino

Piú che una lettera, un proclama, volto a destare il poeta che è in ognuno di noi. Un invito a una piú ampia e intima comprensione della vita che ci circonda e di quella che giace, inesplorata, nella nostra interiorità: due realtà pronte ogni attimo ad essere avvivate dal nostro lavoro spirituale. E sappiamo che proprio attraverso la Scienza dello Spirito tutta l’arte, che di poesia vive, si anima di una nuova luce e di un nuovo linguaggio.

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Maggio 1999


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Il trasfigurativo di Sagramora


La Pentecoste
Miniatura ferrarese, Milano, Biblioteca Trivulziana

L’immagine della festa di Pentecoste rappresenta il compenetrarsi dell’animico-spirituale con la comprensione del mistero del Golgota: il discendere dello Spirito Santo. Il Cristo compí l’opera sua per tutta l’umanità. Ma al singolo uomo che deve comprendere quest’azione del Cristo, al singolo individuo umano, egli ha inviato lo Spirito Santo, affinché l’animico-spirituale dell’uomo trovi accesso all’azione del Cristo compiuta per l’umanità in generale. Mediante lo Spirito Santo, l’anima umana può conquistarsi il mistero del Golgota.

 

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