Ciò che in questi ultimi secoli
poteva essere conquista della coscienza del singolo, d’ora in poi dovrà
a poco a poco essere conquistato dai gruppi, da comunità. Ma
non esiste compito piú difficile, poiché una comunità
è una massa fluttuante; essa cambia continuamente, non solo il suo
volto esteriore, ma anche il suo viso interiore. Non appena un certo strato
generazionale, grazie a lotte esistenziali ed esperienze, ha raggiunto
un gradino piú maturo nell’approfondimento della coscienza, ecco
che incalza la seguente generazione oppure chi prima stava in disparte:
questi ora devono incominciare daccapo a raccogliere esperienze e di conseguenza
risospingono il livello di maturità già conquistato su un
precedente meno maturo gradino. Quando davanti a questa giovane retroguardia
si presentano vecchi problemi, essa tende facilmente a giudicare e a condannare,
ha la parola pronta, ma nella maggior parte dei casi le mancano
le basi necessarie per la formazione di un giudizio. In casi complicati
non le è neanche possibile ottenerle. Si dipende quindi da vaghe
dicerie che hanno la caratteristica non solo di cambiare forma come Proteo,
ma anche di falsare la sostanza, di trasformare spesso persino i fatti
nel loro contrario. Cosicché nel trascorrere di anni e di
decenni si sono sviluppati conflitti il cui valore obiettivo si perde nelle
simpatie e antipatie e nelle velleità della natura umana. Chi non
ha partecipato con consapevolezza a tutto quanto fin dall’inizio, si trova
presto irretito in un tessuto senza trasparenza e vede spettri,
non realtà; brancola nel buio, e la verità gli si sottrae.
Ora, ogni nuova generazione è
piú avveduta di quella precedente. Certo, perché nella sua
umanità si appropria del progresso intellettuale appena raggiunto
dai suoi predecessori e lo sviluppa ulteriormente. Ma non per questo essa
è piú saggia, perché la saggezza è una conquista
del singolo, mediante il lavoro individuale effettuato su se stesso
e l’esperienza acquisita nel corso di molte incarnazioni, e in una vita
presente ben impiegata. È molto istruttivo sperimentare quanto possano
essere ingenue o addirittura stolte persone superavvedute, e quanto poco
savie siano delle creature splendidamente dotate! E come stanno le cose
riguardo alla verità? Essa rimane un’aspirazione per l’umanità.
Non l’abbiamo mai per intero. Quanta autoillusione, quanto accecamento
si rovesciano su di essa anche quando crediamo di possederla completamente!
Come viene ripetutamente fatta a pezzi da passione, sicurezza di sé,
vanità e ambizione! Se essa vive invece come aspirazione, come anelito
nell’anima, allora esiste in ogni caso una base sulla quale si può
continuare a costruire, anche quando tutto sembra vacillare. Allora
non tutto è perduto, non c’è da disperare. È però
indispensabile che esista nell’uomo questo anelito come impulso
– anche se per un certo tempo è stato soverchiato – come
un impulso alla veracità. Quando si mente invece a sangue freddo,
muovendo da chiara conoscenza dei fatti, allora, se una tale volontà
interferisse coscientemente nella vita della comunità, sarebbe davvero
illusorio sperare nella sua guarigione.
Ma questi problemi sono casi rari,
e devono essere corroborati da fatti saldamente accertati per poter essere
considerati tali. L’obiettività non deve mai essere offuscata da
opinioni provocate dalla passione, da simpatia, né da dicerie
costrittive ed eccitanti. Tutto ciò induce a conclusioni errate.
Che cosa si può fare allora
quando una comunità, che è portatrice di un sacro impegno
assunto di fronte alla storia universale, che ha da custodire
e da promuovere un’opera senza la quale l’umanità è
destinata al declino, se una tale comunità va a impigliarsi
in problemi per lei insolubili? Essa vuole soddisfare all’impegno assegnatole
dal destino, e ciò nonostante
non è in grado di liberarsi da catene e da pesi che la ostacolano
perché non è dato ai singoli che hanno voce in capitolo di
poter vincere se stessi. I problemi non si risolvono con la cieca
devozione. Allora, cosa si può fare?
Allora anche la comunità dovrebbe
prendere coscientemente la decisione di vincere se stessa. Con chiarezza
e buona volontà.
…Che cosa possiamo fare per salvare
la nostra sostanza morale? Possiamo perdonare! Ognuno può perdonare
ciò che gli spetta di perdonare. Possiamo dimenticare quanto merita
di essere dimenticato, senza rimestare vecchi torti subiti. Possiamo tracciare
un tratto di penna su tutte le vecchie storie che ci logorano e
delle quali, se siamo giovani o siamo vissuti in disparte, non siamo neppure
piú in grado di vedere il fondo.
Possiamo attenerci alle parole: è
vero unicamente ciò che è fecondo. Dobbiamo tornare a poter
collaborare, in buona armonia e senza escludere le persone che ci sono
antipatiche, senza impedire la collaborazione ad alcuno che sia fedele
alla causa e a Rudolf Steiner; non dobbiamo isolarci e barricarci davanti
a coloro che cercano conoscenza spirituale come solo Rudolf Steiner può
darla; non dobbiamo respingere le anime che cercano e a favore delle quali
egli ha scelto coscientemente la via del martirio: per amore dell’umanità,
di tutta l’umanità smarrita. In lui l’amore divenne conoscenza,
e un giorno potrà diventarlo anche in noi, se imboccheremo quella
via.
Estratto dal testo dell’Appello alla
riconciliazione di Marie Steiner del 12.2.1942
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