Il viaggio in Italia intrapreso
da Goethe nel settembre del 1786 obbediva agli stimoli romantici dello
Sturm und Drang, alle sollecitazioni scientifiche prodotte dal Secolo
dei Lumi e in parte ai piú mondani dettami del Grand Tour, vera
liturgia socioculturale che artisti, letterati e giovani aristocratici
mitteleuropei non potevano mancare di compiere per sentirsi omologati alle
idee e alle mode correnti in quello scorcio di fine Settecento. Ma per
l’irrequieto temperamento del poeta, il richiamo della solarità
mediterranea classica doveva rivelarsi, man mano che il suo itinerario
procedeva dalle Alpi in giú, una vera e propria iniziazione agli
antichi Misteri della tradizione greco-romana e ad una riscoperta del cristianesimo
in chiave di completamento antropocentrico dei valori etico-filosofici
che quei Misteri arcaici avevano estratto dalla materia occulta e consegnato
agli uomini.
La totale immersione psicofisica
nelle atmosfere dei luoghi visitati, ancora intrisi di classicismo, procurò
a Goethe una visione a tutto campo del contesto sia naturale sia umano,
acuendo le sue facoltà intuitive volte a un’inedita ricerca scientifica.
Questo voler vedere oltre la mera apparenza fisica di quanto lo circondava,
gli consentí di ricavarne folgoranti illuminazioni. In merito a
questa determinante esperienza, riferendosi in particolare alla Sicilia,
il poeta cosí si espresse: «Qui è la chiave di tutto».
Di quale chiave parlava Goethe?
Non certo di quella perseguita da taluni alchimisti e cabalisti della tradizione
nordica, indagatori della natura al fine di carpirne i segreti magici intesi
all’acquisizione del potere sulla materia e sugli uomini, bensí
di quella mistico-alchemica che indaga sul divenire delle forme del mondo
naturale e che consente al ricercatore di aprire gli occhi su una dimensione
fatta di valori spirituali, permettendo alla sua mente avida di conoscenza
di accedere alla dimensione degli archetipi. In tal senso lo favorí
l’intima essenza dell’ambiente meridionale. In effetti, rispetto al Nord,
subitamente e integralmente convertitosi al naturalismo e allo scientismo
derivanti dal razionalismo cartesiano e sfociati poi nel positivismo e
nell’evoluzionismo darwiniano, il Sud, pur adottando le innovazioni portate
dall’Illuminismo, aveva mantenuto la ricerca scientifica e la speculazione
filosofica nell’alveo della sua tradizione umanistica dai contenuti metafisici.
Goethe dovette quindi profondamente assorbire nel proprio tessuto animico
tali umori. Fu a seguito di una sua visita all’Orto Botanico di Palermo,
che egli elaborò il principio della Urpflanze, della pianta
originaria, dell’archetipo vegetale dal quale erano derivate nel tempo
tutte le forme arboree e floreali. Era lo spunto per l’inizio di una ricerca
globale che portò alla stesura della Metamorfosi delle piante,
un vero e proprio trattato scientifico sul regno delle piante, non da considerarsi,
come affermava Linneo, delle realtà divise e astratte, bensí
partecipanti, attraverso una propria dinamicità e una forza autonoma,
alla metamorfosi e all’evoluzione del tutto cosmico.
Come ben osserva Wilhelm Pelikan:
«Goethe, che Rudolf Steiner ha definito “il Keplero e il Copernico
del mondo organico”, ha svelato allo spirito umano, con la sua dottrina
della metamorfosi, un’immagine dinamica della pianta, che permette di comprenderla
in quanto essere “sensibile-soprasensibile”. Oggetto della sua ricerca
non era il “divenuto”, cosí come appare davanti ai nostri occhi,
era il “divenire”; non era il “formato”, ma ciò che si forma; non
ciò che è perituro dalla sua nascita, ma ciò che è
durevole: la legge formatrice, il vivente primordiale, l’essere.
Goethe spiega come questo essere passi da una dimensione di forze soprasensibili
al nostro mondo fisico-materiale attraverso tre grandi tappe evolutive,
come si manifesti in questo mondo sotto forma di apparenze sensibili, e
come poi se ne “ritiri” e ritorni alla sua dimensione originaria. Le tre
tappe che egli menziona rivelano, in tre modi diversi, un gioco combinato
di forze di espansione con le forze di contrazione. Dal seme, molto contratto,
o dal germoglio, nasce la pianta con le sue foglie; essa si contrae ancora
nel calice e si dilata di nuovo nel fiore; infine si contrae nel nocciolo
e si dilata nella formazione del frutto. E il gioco della vita ricomincia
con il seme»(1).
E Rudolf Steiner cosí si
esprime: «L’elemento piú significativo della metamorfosi delle
piante non è la scoperta del singolo fatto che foglia, calice, corolla
ecc. siano organi identici, bensí la grandiosa costruzione di pensiero
che ne scaturisce, di un vivente complesso di leggi formative interagenti
il quale, per forza propria, determina i particolari, le singole tappe
dello sviluppo. La grandezza di questo pensiero, che Goethe cercò
piú tardi di estendere anche al mondo animale, ci si palesa solamente
se cerchiamo di farlo vivere in noi, se intraprendiamo di ripensarlo noi
stessi. Ci accorgiamo allora che esso è la natura della pianta stessa,
tradotta in idea, la quale vive nel nostro spirito come vive nell’oggetto;
ci accorgiamo pure che in tal modo ci rappresentiamo un organismo vivente
sin nelle sue minime particelle, e non un oggetto morto, definito, bensí
qualcosa in via di sviluppo, un divenire in incessante irrequietezza»(2).
Goethe si era formato sulle opere
di grandi scrittori e ricercatori mistici e alchemici: Paracelso, Agrippa,
Boehme. Il pensiero che tali autori gli avevano trasmesso, unito alla consapevolezza
dell’immanenza dell’elemento divino nei fenomeni e nelle creature, ispirarono
tutti i suoi lavori, tanto quelli scientifici quanto quelli letterari.
Cosí infatti egli scriveva nel 1777: «Tutto danno gli Dei,
infiniti, /ai loro prediletti, interamente, /tutte le gioie, quelle infinite,
/tutti i dolori, quelli infiniti, interamente»(3).
(1)
W. Pelikan, L’homme et les plantes médicinales, Philosophisch-Anthroposophischer
Verlag am Goetheanum, Dornach 1962.
(2) R. Steiner, Le
opere scientifiche di Goethe, F.lli Bocca Ed, Milano 1944.
(3) J.W. Goethe, Gedenkausgabe
der Werke, Briefe, Gespräche Goethes, Artemis Verlag, Zurigo 1951.
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