Non
basta certamente considerare il passato per quel che vi è di morto,
occorre vedere in che cosa esso ha preparato il presente e l’avvenire.
Sapete bene con quale partito preso gli avversari dei catari scrivono la
storia; la sola designazione di “eretici” comporta, ai loro occhi, un giudizio
di condanna. Abbiamo spesso dato esempi di questo partito preso, non vogliamo
tornarci sopra. Preferiamo darvi indicazioni positive, come quella di Charles
Molinier, che è stato professore alle Facoltà di Lettere
di Tolosa e di Bordeaux, prendendo il suo libro su La Chiesa e la società
catara (Estratto della rivista storica, vol. XCIV-XCV, anno 1907).
«I
catari respingono l’accusa d’eresia che viene lanciata contro di loro;
essi osservano la fede in Gesú Cristo e nel suo Vangelo. Comprendono
i miracoli dal punto di vista spirituale. “I loro veri miracoli – ha detto
con ragione Schmidt – erano la conversione a Dio delle anime, la loro liberazione
dalla servitú dei demoni, la loro rinnovata unione con lo Spirito
Santo”».
Intorno
alla Chiesa dei puri, composta non di perfetti – secondo il termine che
Molinier sembra preferire – ma di catari, dal greco catharos, puro,
chiamati anche “buoni uomini” e buoni cristiani, si è formata tutta
una società di credenti. Ch. Molinier descrive la vita austera e
il lavoro costante dei catari; gli uomini sono i propagatori, gli apostoli,
sempre in compagnia di un socio (socius), nel corso dei loro viaggi,
le donne si occupano dell’educazione dei giovani, dirigono una sorta di
orfanotrofi in cui allevano fanciulli sfortunati, curano gli indigenti
e i malati, esercitano in una certa misura le funzioni sacerdotali degli
uomini, in particolare la predicazione e la benedizione del pane. Tutti,
fratelli e sorelle, sono ugualmente venerati dai credenti.
Il
nostro storiografo risponde alle accuse puerili che si muovevano contro
di loro: essi non possedevano personalmente alcun bene, ma una cassa comune
provvedeva ai loro bisogni; nessun testo tuttavia indica che abbiano interdetto
la proprietà individuale ai loro credenti. Quanto alla famosa questione
della condanna del matrimonio, benché abbiano fatto di tutto per
ingarbugliarla, una cosa la chiarisce, ed è che essi permettevano
il matrimonio ai loro fedeli e che lo interdicevano ai preti, come nella
Chiesa di Roma. Molinier cita a tal proposito questa testimonianza di Etienne
di Borbone: «Uxores electis eorum prohibentur, auditoribus (credentibus)
concederunt» (Essi interdicono le mogli ai propri eletti e permettono
mogli legittime ai loro uditori (credenti).
Le
diatribe dei catari sui pericoli e l’immoralità dell’unione sessuale,
anche nel matrimonio, erano «un tema favorito per i primi Padri della
Chiesa cristiana, quelli d’Oriente in particolare». I sospetti e
le diffamazioni di avversari fanatici e in cattiva fede non hanno alcun
valore, poiché gli interrogatori dell’Inquisizione non ne fanno
alcuna menzione, e questo silenzio è fondamentale, dato che gli
Inquisitori cercavano tutti gli indizi possibili. Il monaco francescano
Jean de Capelli proclama apertamente la loro purezza e ne afferma la realtà.
Abbiamo già detto come la credenza nelle vite successive chiarisca
esattamente l’attitudine dei catari riguardo al matrimonio e alla famiglia,
cosa non ancora considerata da Charles Molinier. Inoltre, i credenti avevano
un’assoluta devozione verso i “buoni uomini”. In effetti, questi non dovevano
la loro popolarità solo a uno stile di vita austero e puro. Quei
sentimenti popolari erano mantenuti e accresciuti da «altre virtú
sicuramente meno elevate, ma tali da far nascere l’entusiasmo. Vogliamo
dire la mancanza d’orgoglio, un’esistenza senza ricercatezze, una familiarità
piena di bonomia verso i piccoli e i semplici. A tale riguardo i testi
dell’Inquisizione ci forniscono testimonianze che non permettono alcun
dubbio».
Le
donne catare lavoravano spesso nei loro laboratori di cucito, i “buoni
uomini” nei campi, dove li si vedeva mietere per conto dei proprietari.
«Questa condizione di mercenari alla quale talvolta si riducono i
“perfetti” non altera affatto il rispetto che viene loro dato dai propri
fedeli, né impedisce ad essi di continuare a dare quei segni che
sono di regola». Erano inoltre molto dolci, molto premurosi verso
le donne e i bambini, e agivano allo stesso modo dei primi apostoli e del
Cristo stesso. Da parte loro, i credenti erano laboriosi ed economi, riuscivano
in qualunque cosa alla quale si applicavano: agricoltura, commercio, industria.
Una considerevole parte delle loro economie passava alle opere di carità,
e questo sentimento di solidarietà era «cosí manifesto
che gli scrittori ortodossi hanno dovuto, nonostante tutto, attestarlo
anch’essi apertamente, e notare l’umanità di questi settari che
essi esecrano, la loro sollecitudine per i diseredati di questo mondo,
gli indigenti, i prigionieri, i miserabili cacciati dal loro focolare e
dalla loro patria». Ch. Molinier segnala in particolare le parole
del domenicano Humbert de Romans, riportate da Schmidt sulla cura che i
“buoni uomini” prendevano dei loro credenti, e le elemosine che raccoglievano
di continuo per loro. E cosí, in seno al mondo cattolico, questa
minoranza di dissidenti è «un’élite le cui virtú
sono indubitabili».
Per
concludere in merito a questa “eresia grandiosa”, Molinier cita questo
passaggio di Alphandéry: «L’influenza di questi eterodossi,
e particolarmente dei catari, sul misticismo laico dell’inizio del XIII
secolo segna un grande progresso nello sviluppo della personalità
umana».
…«È
che raramente – scrive Ch. Molinier – è esistito un sistema dogmatico
piú completo e piú saggio... Per sostenere il sistema cosí
costituito si sono riuniti alcuni dottori, di cui i loro stessi avversari,
i polemisti ortodossi, hanno dovuto riconoscere la scienza e la potente
dialettica. Questi dottori hanno formato un lungo seguito di maestri. Essi
sono i brillanti allievi delle Scuole e delle Università dell’epoca.
Hanno assimilato tutto il sapere contemporaneo».
Il
favore di cui hanno goduto le credenze catare e la loro forza non vengono
solo dalla loro contrapposizione alle tendenze secolari e politiche della
Chiesa di Roma, contrapposizione che prepara il ridimensionamento del pontificato.
«Queste dottrine sono anche un tentativo di liberazione del pensiero
umano non soltanto nel campo religioso, ma anche nell’affermazione del
diritto inalienabile di ogni uomo a organizzare la propria vita morale
e intellettuale nella maniera che piú gli conviene». Dopo
i valdesi e il misticismo popolare «ben venga il XVI secolo. Accelerato
dagli studi delle scienze della natura, il movimento prenderà il
suo carattere definitivo. Da allora si estenderà in senso puramente
laico e umano. Sulle conquiste ogni giorno piú spiccate e sicure
di un pensiero quasi adulto, fonderà l’impero di quella forza irresistibile
che è lo spirito moderno».
La
corrente catara si è d’altro canto perpetuata con i templari e i
rosicruciani, i quali si sono dedicati in particolare allo studio delle
scienze naturali in un senso profondamente spirituale. Alcuni filosofi,
come Vladimir Soloviev, hanno ritrovato il senso del dualismo dei due princípi
del bene e del male e del distacco dai sensi, e, come Maine de Biran, hanno
ripreso coscienza della comunicazione interiore dell’anima con uno spirito
superiore. Ma soprattutto, la stessa corrente ha preparato, con i Rosacroce,
una rinascita della scienza dello Spirito. Ciò che occorre attualmente,
ora che le anime dei martiri agiscono di continuo per la realizzazione
di un puro ideale umano, è che noi formiamo delle anime pure che
siano capaci di ricevere le loro ispirazioni.
Liberi
dalle passioni e dai vizi che separano, dagli istinti di violenza che distruggono,
non spegniamo il lumicino delle religioni popolari che ancora brillano
nelle tenebre, ma, illuminati dalla luce del Cristo che ci unirà
gli uni agli altri attraverso la nostra natura divina, sforziamoci di realizzare
poco a poco nell’amore puro una umanità nuova e migliore.
D.
Roché, L’evoluzione individuale e l’armonia sociale,
IX Congresso della Società degli studi catari, Montpellier, 27 marzo
1956
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