Il
sistema del Kalacakra
Il sistema del Kalacakra
fiorí in India al tempo del re Mahipala (978-1030/40 d.C.).
Secondo la tradizione, fu una richiesta di re Sucandra di Sanbhala quella
a cui rispose il Buddha in una località famosa presso Amaravati,
che si trova alla foce della Krsna, ove sorge il famoso stupa.
Sanbhala non è
un luogo geo-fisico ben identificabile dallo storico minuzioso, ma, di
contro, un vero e proprio luogo spirituale, una sorta di Castello del Graal,
il quale può essere percepito solo da una qualificata minoranza
di asceti che sappia scendere in piena coscienza in quello stadio che la
Mandukya-Upanishad definisce di catalessi.
Questo sistema filosofico
identifica nel tempo in cui si svolge la vita umana l’essenza piú
profonda della realtà. La pratica spirituale che esso prevede consiste
nella sperimentazione dei princípi universali della Ruota del Tempo
entro l’uomo, sviluppandosi in tal modo la “Vera Ruota del Tempo”, che
armonizza i due aspetti della realtà mondiale, quello esterno e
quello interno.
Nel Kalacakra
si incontra il tema gnostico-manicheo del dualismo Luce/tenebre; secondo
questo sistema, infatti, la Luce domina la tenebra, ma l’uomo comune non
riesce a vincere la forza delle tenebre – peraltro illusoria – perché
non domina il tessuto spirituale che è alla base del nostro pensare.
L’universo è
infatti sintetizzato nella forma-uomo, la scala planetaria esprime le diverse
ottave di forze spirituali il cui influsso risale addirittura allo Zodiaco.
Il cuore dell’uomo,
secondo questa fisiologia occulta, è visto come il vuoto del vuoto
(ati-sunya) in cui si condensa la luce originaria, per poi inverarsi
nella dualità soggetto/oggetto e nella “duplicità” di certe
forme umane (due occhi, due polmoni, due testicoli ecc.).
Punto massimo di
autorealizzazione si ha quando l’asceta sperimenta il samaya-mudra,
cioè l’esperienza attiva e cosciente della forza cosmica dello Spirito
Universale che si cela nell’incontro (sam-aya) con una qualsiasi
situazione. Tale autorealizzazione presuppone la continua percezione di
quel vuoto, che è tipico della condizione di catalessi e che la
Maya – l’Illusione cosmica che signoreggia il nostro ego – ci fa apparire
nella condizione di “fisicizzazione” dell’universo, il transvuoto (ati-sunya)
presente in tutti i fenomeni.
«Il Kalacakra-tantra
appare anche come una specie di Vangelo degli Ultimi Giorni, sintesi di
tutti i sistemi che l’hanno preceduto, i quali vengono da esso elencati,
classificati secondo i tre guna hindu: sattva “albedine”,
rajas “rubedine”, tamas “nigredine”»*.
* P. Filippani Ronconi,
Il Buddismo, Newton Compton, Roma 1994
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Mandala del Kalacakra
La pittura dei mandala è utilizzata per le tecniche
di visualizzazione durante la meditazione. Il mandala (“cerchio”), viene
generalmente dipinto partendo dalla zona esterna quadrata e convergendo
verso il centro attraverso molteplici rappresentazioni.
Il Kalacakra, la “Ruota del Tempo” appare qui come dinamica
personificazione, rappresentata in yab-yum, l’unione mistica che
dalla dualità porta al risveglio: yab, il principio maschile,
simbolo dell’energia e della felicità, e yum, il principio
femminile, simbolo della sapienza e della compassione. Guidati da Vajrasattva,
in alto a sinistra – uno dei cinque Buddha mistici della Via di Diamante
– sono raffigurati 21 grandi Guru, mentre la divinità centrale è
circondata dalle sue cinquantasei manifestazioni, sette per ognuno degli
otto raggi emananti dal centro.
La via spirituale del Kalacakra viene anche chiamata
il Sentiero dell’Adi-Buddha (Adi-yana). È l’essenza della
Via di Diamante, che dagli innumerevoli, multiformi fenomeni terrestri
conduce verso la sorgente spirituale del mondo, oltre ogni quantità
e forma, oltre ogni parola e immagine.
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