L’Archetipo Anno IV n. 11, Settembre 1999
Redazione
 
Quale importanza potrebbe avere l’esperienza del pensiero di cui parla l’antroposofia per far avanzare la scienza, che oggi indaga sempre piú approfonditamente sull’energia che sta alle origini stesse della vita?

Andrea Poggioli, Genova

Quando la scienza parla di energia – elettrica, nucleare, o magnetica – noi sappiamo che il termine “energia” è un concetto. Gli scienziati però non si curano di questo, non danno importanza proprio a ciò che permette loro l’indagine scientifica. Essi indagano per mezzo dei concetti, non sui concetti. Questi vengono utilizzati, ma non si vuole piú sapere cosa siano. Nessuno vuole sapere cosa siano le idee, e se c’è stato qualche filosofo nel passato che ha parlato di idee, è considerato superato. Se noi confondiamo il concetto delle cose con le cose stesse, le cose entrano in noi e ci possiedono.
Il pensiero è stato dato in pasto ai Nemici dell’uomo, i quali glielo restituiscono organizzato, geometrizzato, schematizzato, e con questo pensiero destituito di vera vita pensante tutto è stato interpretato, classificato, codificato. Il pensiero era stato donato all’uomo per lo Spirito, per far incarnare l’Io. È giunto dal mondo spirituale carico di forze divine. Si è affacciato nell’umanità con la speranza della resurrezione, della risalita. Invece è stato preso e utilizzato per fini pratici, fisici. Con esso si è dato vita alla tecnologia, alle macchine.
Quando si parla di “energia”, tale parola è un universale. Nessuno ha mai visto l’energia nucleare, l’energia magnetica: esse sono degli universali. Se si potesse arrivare a conoscere la controparte eterica di questi universali, si constaterebbe che si tratta di un etere della vita, ed è quello che fluisce nel pensiero che si libera. Non c’è essere vivente, fisico o non fisico, che non abbia una controparte eterica, dall’animale alla pianta, agli spiriti elementari. Senza eterico non c’è rapporto conoscitivo dell’uomo con l’oggetto. Se il pensiero non si conquista sul piano in cui è vivo, non c’è possibilità di conoscenza della realtà. L’esperienza del pensiero quindi diventa un’esperienza dell’Io che porta al contatto con l’originaria vita dell’intelletto: l’intelletto cosmico originario recato sulla Terra dall’Arcangelo Michele. È un bene che apparteneva all’uomo e che viene ricondotto verso l’uomo.
Attraverso la pratica della concentrazione e della meditazione, il discepolo compie un atto di volontà che stabilisce il rapporto con l’Arcangelo Michele, con Colui che può essere definito “Principe dell’eterico”, o “Principe del pensiero”, che è anche il portatore della volontà: perché volontà e pensiero sono uno. Ed è solo per mezzo di questa volontà nel pensiero che l’atto conoscitivo della scienza può indagare sulle vere origini della vita, non accontentandosi delle astratte registrazioni dei dati fenomenici.
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