DietEtica

Tutte le religioni alle loro origini hanno sempre bandito l’alimentazione carnea. In Oriente la vita degli animali fu sempre oggetto di culto e di rispetto: il Cristianesimo, che fa rimontare la sua dottrina alle Leggi Mosaiche ove testualmente è detto: «Disse Dio: “Ecco che io vi ho dato tutte le erbe che fanno seme sopra la terra, e tutte le piante che hanno in se stesse semenza delle loro specie, perché a voi servano di cibo”», non potendo piú ricondurre l’umanità all’osservanza delle leggi che furono l’origine della sua vita, ha dovuto limitarsi ad espedienti frenatori (penitenze, digiuni, quaresime, quindicine, novene ecc.) con premi spirituali, che costituiscono, se non piú regimi profilattici, delle vere diete riparatrici. In eguale posizione trovasi la scienza medica, che è costretta a limitare la sua opera alle sole cure dei mali già fatti, e vediamo sorgere ogni momento stazioni climatiche, sanatori, stabilimenti dietetici ecc.; tutti con trattamenti piú o meno vegetariani, a seconda delle possibilità di pronto adattamento.
Però le riparazioni tardive non possono che arrestare la continuazione dell’opera deleteria, e ciò che è stato distrutto non può essere piú ricostruito. Non rimane dunque che gridare all’allarme affinché ritorniamo sui nostri passi per riconquistare quella vita lunga e sana, apportatrice della felicità, che è il retaggio dell’uomo. È lui soltanto, con la sua ostinata trasgressione alle giuste quanto inesorabili leggi di natura, che ha voluto rinunciarvi per l’immediato godimento incosciente ed in opposizione ad esse.
Nel regime vegetariano e naturista, oltre all’aver l’alimento sano e puro, troviamo tutto quanto può soddisfare i gusti piú raffinati, ed una volta rigenerate tutte le cellule la necrofagia diventa addirittura ripugnante, anche negli altri.
Un piatto di maccheroni conditi con formaggio e burro, e della frutta, rappresenterebbero da soli tutta l’alimentazione di cui ha bisogno l’uomo; non pertanto si deve rinunziare al piacere della mensa. Piacere non nel senso limitato alla sola voluttà del gusto, ma a quell’insieme di soddisfazioni che in tal momento debbono ricreare piú che mai lo spirito. L’incentivo di ristorare il corpo dal suo naturale esaurimento, con un sobrio pasto, deve coincidere col riposo della mente anch’essa affaticata dai pensieri del lavoro intellettuale, e con l’opportunità di potersi riunire con la famiglia o con i compagni di lavoro ed amici.
Cosi l’atto riparatorio fisiologico del corpo non deve essere fine a se stesso, cioè un grossolano godimento materiale, ma un mezzo al fine di ridare al corpo novelle energie, affinché lo spirito possa, attraverso questo suo strumento rimesso in ordine, far fluire tutte le attività della vita nella sua piú gioiosa, attiva e feconda espressione. Vita vegetativa attiva e vita spirituale pensativa sono le due inscindibili espressioni dello Spirito che in tale sintesi realizza il suo essere. Nella religione cristiana vediamo come il piú solenne dei Sacramenti fu simboleggiato col cibo fondamentale, il pane, ed impartito durante la cena. Dalle nozze di Canaan all’odierno convito nuziale, anche nella piú modesta famiglia di contadini, l’alto sacramento del matrimonio è stato sempre suggellato dal banchetto, e cosí i piú importanti trattati di rapporti e di pace fra le nazioni.
Per quanto dunque l’uomo possa benissimo alimentarsi al completo anche con un pugno di semi e della frutta, non si deve rinunziare, quando si può, all’ora del pranzo che, anche modesto, rappresenta nella nostra vita un momento di retta e sana letizia; nel quale si ristabilisce ed esalta l’intera armonia delle forze e dei sentimenti. Non si può mangiare ed assimilar bene il cibo se non si gode pace e gioia, e non si può esser contenti se non ci si nutre sanamente, misuratamente con alimenti puri e in fraterna compagnia. Mens sana in corpore sano. La teoria della vecchia scuola biologica sostenitrice che nelle carni possiamo attingervi certi aminoacidi, risultanti dall’elaborazione assimilatrice dell’animale, mentre non li possiamo trovare direttamente nei prodotti del regno vegetale, è ormai demolita anche dai fatti sperimentati che hanno sempre provato praticamente come l’uomo non solo può vivere, ma vive meglio con i soli prodotti della terra. Poi è stato dimostrato scientificamente come, per ragione di maggior grado evolutivo dell’organismo umano, questo può compiere la trasformazione suindicata da se stesso, e in una maniera piú perfetta che non la possa fare un organismo d’ordine inferiore come è quello d’ogni animale. Basti d’altro canto empiricamente osservare che gli animali dei quali si sono studiate le carni e trovati i detti am¡noacid¡, sono esclusivamente erbivori. Ora, se essi possono compiere questo processo elaborativo attraverso l’alimento di sole erbe, in miglior modo lo potrà disimpegnare un organismo d’ordine superiore attraverso un’alimentazione naturista completa. Non regge dunque la presunta utilità e tanto meno il preteso bisogno di ricorrere ad un pigro e degradante parassitismo non degno della nobiltà dell’essere umano, sia come etica individualità che come entità biologica.

Enrico Alliata, duca di Salaparuta

E. Alliata, duca di Salaparuta, Cucina vegetariana e naturismo crudo,
Sellerio editore, Palermo 1973

Immagine: «Letizia del cibo» miniatura secolo XV, Museo Condé, Chantilly

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