Uno degli oratori del “Corso
di Scuola Superiore” del 1922 a L’Aia – dove Rudolf Steiner ogni giorno
teneva le Sue conferenze – era uno psichiatra di Friburgo, un uomo grande
dal naso aquilino, un po’ curvo nel portamento e con un’aria amichevole,
ma seria. Mi ricordo ancora bene di come parlò al convegno riguardo
ai nervi sensori e motori.
Aveva un fratello piú
giovane, che voleva studiare Teologia a Friburgo e che si poneva con una
certa diffidenza di fronte all’Antroposofia, con la quale questo psichiatra
si sentiva fortemente collegato. Quando Rudolf Steiner dovette tenere una
conferenza a Friburgo, questo giovane fratello disse che anche lui avrebbe
voluto sentirla volentieri, per vedere se era vero quello che gli antroposofi
dicevano sempre riguardo a Rudolf Steiner. Ma suo fratello “piú
grande” pensò che ciò non sarebbe stato possibile, perché
la conferenza era solo per antroposofi e, inoltre, lui era troppo giovane.
Il giovane scrollò le spalle, come se volesse dire: “Allora proprio
no”. Egli era un seguace di Karl Barth e aveva intenzione di approfondirsi
ulteriormente in questa direzione di pensiero. In autunno dovevano iniziare
le lezioni all’Università. Voleva già conoscere in anticipo
alcuni professori della facoltà di Teologia, soprattutto uno, del
quale aveva già letto alcune cose e che perciò stimava molto.
Andò da questi già prima delle vacanze estive per porgli
alcune questioni di principio. Il professore lo guardò amichevolmente
e poi disse: “Posso ben trattare l’argomento di queste domande, però
lei troverà la risposta a tutto quando in ottobre verrà ai
corsi. Abbia dunque ancora un po’ di pazienza e poi lei verrà completamente
soddisfatto”.
Per il nostro amico ciò
fu tuttavia un po’ deludente. Ma non poteva cambiare le cose, e cosí
attese fino a che cominciarono le lezioni. Pieno di devozione ascoltò
il professore da lui stimato, che parlava bene e spiegava chiaramente ciò
che trattava. Però il nostro studente aveva la sensazione di aver
solamente da udire quello che il professore “già” sapeva, conosceva,
aveva elaborato ecc. C’erano naturalmente ancora altri professori nella
facoltà di Teologia, cosí egli si recò pieno di fiducia
al successivo appuntamento. Pure in questa occasione venne tenuta una buona
lezione. Però anche qui il professore disse solo cose che aveva
preparato. Tutto ciò che il nostro studente udiva era chiaro, limpidamente
delineato e logico. Da un terzo professore sperò di sperimentare
per una volta qualcosa di diverso, tuttavia anche questi lo deluse. Si
aspettava troppo? Ciò che soprattutto lo infastidiva era che tutto
veniva affermato senza dubbi. Non avvertiva che qualcuno “lottasse con
le questioni”. Cresceva sempre piú in lui l’esigenza di sentire
per una volta qualcos’altro. Veramente non si trattava piú tanto
di problemi di religione, ma invece solo del problema di come uno
si pone nei confronti di ciò di cui parla.
La facoltà di Teologia
era abbastanza piccola, e perciò ascoltò lezioni anche in
altre facoltà, Giurisprudenza, Medicina, Biologia ecc. Andò
addirittura in altre Università. Nacque in lui una misteriosa, inestinguibile
brama. È comprensibile che egli, piano piano, desse nell’occhio.
Lo si indicava, per cosí dire, a dito: “Sta di nuovo lí l’originale
che a ogni ora vorrebbe ascoltare qualcun altro!” Successivamente mi raccontò
personalmente che in tale maniera in un anno udí sicuramente alcune
centinaia di professori. C’era una sola cosa che lo impegnasse e
ancora solamente lo interessasse: il modo in cui uno tratta ciò
che sa.
Dopo un anno il Dott. Steiner
venne nuovamente a Friburgo. Questa volta al nostro studente non venne
assolutamente l’idea di chiedere ancora l’autorizzazione a suo fratello
maggiore. A questo punto di sicuro voleva sentir parlare almeno una volta
questo Dott. Steiner e si recò alla relativa serata, con il suo
bagaglio di scetticismo. La sala era piena zeppa delle cosiddette “dame
lilla” [le persone che avevano la tendenza ad accettare senza senso critico
tutto ciò che veniva dal Dott. Steiner erano chiamate “le dame lilla”,
dal colore preferito del Dottore, il violetto. Molte di loro si erano appese
nella camera da letto tende color lilla appena divenute socie della Società
Antroposofica…], che si intrattenevano le une con le altre bisbigliando,
con espressioni pie e piene di deferenza. Ci si può immaginare che
il nostro amico rabbrividí già a questa vista. C’era proprio
un’atmosfera del tipo “di dir di «sí» in anticipo su
tutto”, che naturalmente lo prendeva del tutto contropelo. Si sedette proprio
in fondo vicino all’uscita, per potersela caso mai svignare durante la
conferenza, se la serata avesse superato ogni limite. Improvvisamente una
specie di “mormorio” attraversò la sala: il Dott. Steiner entrò.
Avanzò lentamente, guardando continuamente nella sala a destra e
a sinistra, sollevando e abbassando di quando in quando il suo occhialino.
Si aveva l’impressione che volesse percepire e fissare le persone il piú
intensamente possibile, senza che con ciò fosse collegato un qualsiasi
modo di giudicare. Salí sulla pedana dell’oratore e iniziò
come di consueto nelle conferenze pubbliche con: “Miei carissimi ascoltatori”.
Rudolf Steiner parlò
a voce alta con molta forza. Già una volta molte anziane dame si
erano lamentate: “Perché parla cosí forte?” Una assicurò:
“Quando il Dott. Steiner tiene conferenze, chiunque in sala può
sentirlo!”
Di cosa si parlasse non lo so,
però il giovane udí un oratore con accento austriaco che
usava inusitati modi di dire fuori moda. Lo colpí che Rudolf Steiner
usasse espressioni come “codesto, il quale”, “codesta, la quale”. Il nostro
studente già cominciò a sorridere. “Non si parla piú
cosí al giorno d’oggi”, pensò tra sé. Un’altra locuzione
che il Dottor Steiner usava spesso e che nessuno dice piú, era “per
cosí dire”. Lo studente si meravigliò ancor piú e
pensò: “Quest’uomo non è capace di esprimersi una volta in
modo giusto. Cosí non va. Appena finito, devo dirglielo”. Mentre
con amichevole buona volontà voleva ulteriormente ascoltare l’oratore,
ebbe improvvisamente l’impressione di qualcosa completamente inaspettato,
cosí sconvolgente che non sapeva cosa gli stesse capitando: in ogni
parola che Rudolf Steiner diceva, era come se egli stesso venisse
verso le persone, come se egli, nel vero senso della parola, si pro-nunziasse.
Ogni parola era un essere vivente, ogni parola era animata. Dovette confessare
a se stesso che una cosa del genere non l’aveva mai sperimentata! Cosa
ci si presenta qui? Forse possiamo approssimativamente comprendere la sua
esperienza se pensiamo come, negli anni precedenti, avesse sviluppato,
tramite l’ascolto di diversi uomini, un organo per ciò che vive
nelle o, ancor meglio, dietro le parole. Abbiamo usato poco fa l’espressione
“lottare con le questioni”. Intendo che noi possiamo sperimentare questo
in modo grandioso in Rudolf Steiner. Quando Rudolf Steiner poneva una domanda,
ad esempio “Che cos’è effettivamente un corpo eterico?”, si aveva
l’impressione che in quell’istante veramente non lo sapesse piú
egli stesso, ciò significa che la risposta non stava lí preparata
in anticipo, ma invece veniva ogni volta nuovamente trovata. In Rudolf
Steiner non c’era routine. Che differenza con ciò che il nostro
studente aveva sperimentato all’Università! Possiamo solo supporre
ciò che dev’essere avvenuto in lui, che cosa significò per
lui questo cambiamento profondo oppure l’esperienza di questa svolta da
un modo di ascoltare pieno di compatimento all’impressione che tanto lo
sconvolse e che non era proprio descrivibile.
Non ci dobbiamo sorprendere
che la persona in questione sia diventata in seguito una guida della Comunità
dei Cristiani. Il suo nome era Gottfried Husemann. Mi raccontò personalmente
questa vicenda nel 1932, mentre sedevo con lui e sua moglie su una rupe
sopra Ascona e guardavamo in basso verso il Lago Maggiore. Naturalmente
molti uomini, quando erano in condizione di ascoltare bene e di aprirsi,
hanno avuto analoghe impressioni circa il parlare di Rudolf Steiner. Uno
stupendo esempio di ciò è quel che Christian Morgenstern
ha portato ad espressione nella sua poesia «Egli parlava......»
e con cui vorrei concludere questi ricordi:
Egli
parlava. E come egli parlava, apparivano in lui
lo Zodiaco, Cherubini e Serafini,
la stella polare, l'orbitare dei pianeti
da luogo a luogo.
Tutto ciò sgorgava dai suoni della sua voce,
faceva balenare come un sogno cosmico,
l'intero cielo pareva evocato
dalle sue parole.
|
L.F.C. Mees, Come parlava
Rudolf Steiner, Edizioni La Soglia, Basilea.
Traduzione a cura di M. Allasia e A. Calò
|