Pittura muraria della Domus Aurea
Fabullo: Volta della Sala di Achille a Sciro
Non utopia
ma sogno umano, atavico
desiderio di ricreare in terra
l’Eden perduto. Nobili strumenti
i bianchi stucchi riquadranti segni
d’ocra sposato al minio, tra pentelici
bagliori frammentati, tocchi eterei
le pennellate narrano l’astuzia
di Ulisse mentre scopre Achille a Sciro,
e lo strazio di Andromaca nel dare
l’addio sofferto a Ettore. Fabullo,
il gran pittore, ierofante e artefice
di tanta liturgia, montava in toga
sopra le impalcature. Fu il suo canto
del cigno, la dimora di Nerone,
Lucio Enobarbo Claudio imperatore.
Vaga ma incancellabile si effonde
l’aura che ripropone meraviglie
alla sete degli occhi. La memoria,
varcando soglie fuori dal presente,
vi aggiunge mormorii di zampillanti
fontane, la frescura dei ninfei
protesi al fiammeggiare dei tramonti
sul lago arcano, dove il Palatino
digradava solenne. Quindi immensa
s’apre la Sala Ottagona ove il tempo
muove la ruota occulta rigirante
al suo flusso invisibile. Trabocca
il giorno pieno da spiragli aerei.
Ecco, riversa il cielo sulla polvere
e le pietre ormai nude, piú tenace
indelebile un oro palpitante:
la tersa, chiara luce meridiana.
Prendono corpo, al rutilante prisma
solare, volti persi lungo i secoli;
ridestano presenze i criptoportici
al rumore dei passi; voci e risa
ravvivano i triclini mentre vibrano
suoni d’arpa, e canzoni tutt’intorno
si librano in cadenze melodiose:
corde frammiste a corde in largo unisono.
E il sogno umano rifiorisce, eterno.
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