Il mondo scientifico ha recentemente comunicato
la conclusione della “mappatura” del patrimonio genetico umano, nell’ambito
del progetto «Genoma», specificando di essere attualmente impegnato
ad individuare il meccanismo funzionale di ogni singolo elemento con i
relativi processi interattivi, quale base della medicina del futuro.
Nella sincera speranza che tutto ciò
conduca effettivamente all’obiettivo dichiarato e possa realisticamente
contribuire al progresso umano, non è difficile rilevare come la
ricerca menzionata, ampiamente pubblicizzata, concorra ad asseverare la
concezione dominante che considera l’esistenza esclusivamente alla luce
di processi chimico-fisici. Alcuni fantascientifici sviluppi correlati
alla ricerca genetica, ipotizzati non senza leggerezza, miranti a prolungare
la vita molto al di là dei limiti attuali, vengono positivamente
accolti soprattutto quale unica alternativa di estensione della sola forma
di esistenza oggi ritenuta possibile, quella fisica, nella totale incertezza
sulla realtà di dimensioni diverse.
Coerentemente l’antropologia indaga e classifica
sostanzialmente alla luce del criterio di causa ed effetto(1),
individuando nel presento null’altro che la conseguenza del passato, per
cui l’attuale tipo umano è considerato esclusivamente il risultato
della successione generazionale, dell’ereditarietà genetica. Quanto
precede, pur se condivisibile sotto il profilo esteriore, non lascia spazio
all’ammissibilità di un’origine non materialistica degli impulsi
dell’anima. La concezione evolutiva darwinistica individua uno sviluppo
organico progressivo dal meno evoluto al piú perfetto, ma nega la
configurabilità di un processo analogo nei confronti delle qualità
interiori: laddove si manifestino talenti straordinari, si parla di “genio”,
si ipotizzano cervellotiche coincidenze, escludendo tassativamente che
anche una disposizione interiore eccezionale possa rappresentare lo stadio
finale di un proprio processo evolutivo, ascendente e progressivo(2),
come di fatto avviene nel corso delle incarnazioni sulla terra e dei relativi
soggiorni intermedi nelle sfere spirituali(3). La teoria evoluzionistica
predominante, derivando qualità esteriori ed interiori da combinazioni
ereditarie di natura fisico-chimica interagenti con l’ambiente, coerentemente
non può concepire nell’uomo la presenza di un’individualità
indistruttibile di natura immateriale, che sopravviva in quanto tale alla
decomposizione del corpo fisico, continuando ad esistere con diverse modalità
in mondi affini.
Alla luce di quanto precede risultano veramente
rivoluzionarie, e quindi spiritualmente preziose, le recenti affermazioni
di due neuropsichiatri dell’ospedale di Southampton, in Inghilterra, Sam
Parnia e Peter Fenwick, i quali, dalle loro ricerche su un nutrito gruppo
di soggetti sopravvissuti ad arresto cardiaco, sono giunti a dubitare che
la morte cerebrale determini la fine di ogni forma di coscienza: «All’inizio
ero scettico, ma dopo aver valutato tutte le prove adesso penso che ci
sia qualcosa», afferma il Dott. Parnia. I soli quattro pazienti
che hanno superato la cosiddetta scala di Grayson (un criterio medico per
valutare le esperienze di quasi-morte) hanno concordemente descritto sensazioni
di pace e gioia, accelerazione del tempo, perdita di percezione corporea,
intensi fenomeni luminosi; in proposito, il medesimo ricercatore prosegue:
«Queste persone hanno avuto tali esperienze in una condizione in
cui il cervello non avrebbe dovuto essere in grado di sostenere processi
lucidi o consentire loro di avere ricordi duraturi. Questo potrebbe fornire
una risposta alla domanda se la mente o la coscienza siano prodotte dal
cervello o se il cervello non sia invece una specie di intermediario
della mente, la quale esiste indipendentemente». E il collega
aggiunge: «Se la mente e il cervello sono indipendenti, allora la
coscienza sopravvive al corpo»(4).
A questo punto si potrebbe criticamente osservare
che ci troviamo in presenza dell’ennesimo episodio della ormai vasta casistica
in materia di morte apparente, ricca di apporti seri e ciarlatanerie. Sarebbe
però un giudizio affrettato e fuorviante. La
particolarità della ricerca in questione consiste infatti proprio
nel suo profilo estremamente rigoroso, ulteriormente avvalorato dall’insospettabile
qualificazione professionale degli autori. Non si parla genericamente di
sopravvivenza post-mortem o di sensazioni extracorporee di natura parapsicologica,
ma si rilevano, con metodologie ritenute valide dalla scienza, concordi
testimonianze di sopravvissuti “testati”, le quali eludono talmente le
acquisizioni consolidate in materia, da indurre i ricercatori a ipotizzare
senza mezzi termini una funzione mediatrice del cervello nei confronti
del pensiero, e non produttrice del medesimo, che di fatto risulta orientata
in direzione di quanto rivelato in proposito dalla Scienza dello Spirito:
«il pensare diviene cosciente a spese del suo riflettersi nell’organo
cerebrale»(5). Addirittura nel corso di un telegiornale,
al fine di sottolineare la novità, forse riferendo parole dei due
medici, si è paragonato l’organo cerebrale ad un televisore, che
si limita a decodificare in suoni ed immagini un apposito segnale concepito,
prodotto e trasmesso altrove.
Nel ciclo di conferenze intitolato La
missione di Michele, Rudolf Steiner rivela(6) come la nostra
epoca sia attraversata da due correnti parallele, una visibile, quella
della necessità naturale, riconducibile a Sant’Agostino, sorgente
della concezione darwinistica, e l’altra, iniziata nel XVI secolo, “sotterranea”,
veicolo dell’anima cosciente(7): «L’umanità terrena
e l’evoluzione della Terra stessa sono veramente in decadenza …Il processo
dell’umanità deve proseguire in modo che essa accolga impulsi spirituali
operanti contro la decadenza; deve insomma penetrare nell’umanità
la vita spirituale cosciente …Si deve accogliere l’elemento spirituale
in modo sempre piú distinto e chiaro affinché l’evoluzione
della Terra possa continuare» E ancora piú espressamente:
«Dobbiamo indicare come caratteristica dell’epoca di Michele che
quanto si è preparato in forma di sottocorrente …deve d’ora in
poi affiorare in superficie».
Quando ciò avviene e la menzionata
corrente invisibile accenna ad emergere, come nel caso della notizia da
Southampton, è indispensabile che la circostanza venga rilevata
in tutta la sua importanza soprattutto da chi è in grado di condividerne
la controparte spirituale alla Luce della rivelazione steineriana, per
sostenerne il prezioso impulso risanatore e sottrarlo almeno in parte all’insaziabile
consumismo dei “media”, pronti a divorare ed obliare in pochi giorni anche
avvenimenti di vitale importanza.
(1) R.
Steiner, Il ponte tra la spiritualità e l’elemento fisico
umano,
Ed. Antroposofica, Milano 1979, p. 128
(2) R. Steiner, Teosofia, Ed. Antroposofica, Milano 1994,
p. 56
(3) M. Scaligero, Reincarnazione e karma, Ed. Mediterranee,
Roma 1976, p. 29
(4) «Corriere della Sera», Milano 23. 10. 2000 p.
17
«La Nazione», Firenze 23. 10. 2000 p. 10
(5) M. Scaligero, Trattato del pensiero vivente, Tilopa,
Roma 1979, p. 130
(6) R. Steiner, La missione di Michele, Ed. Antroposofica,
Milano 1981, p. 81
(7) R. Steiner, Lo studio dei sintomi storici, Ed. Antroposofica,
Milano 1991, p. 7 e ss.
Immagine: Robert Fludd,
Utriusque cosmi II, Oppenheim 1619
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