|
Cammino lungo le strade
di una città sconosciuta, forse in America. Arrivato ad una piazza
triangolare, nella quale confluiscono due vie a ipsilon, vedo nel centro
uno strano edificio squadrato: una chiesa. La forma e la decorazione esterna,
che ricordano quelle di un tempio orientale, mi incuriosiscono e cosí
entro. Appena all’interno, mi assale un senso di disagio. La chiesa è
sconsacrata e vuota, c’è solo un altare barocco in legno scuro,
sgradevole e pesante. Mi volto per uscire ma appena fuori mi accorgo che
sono in un altro luogo, ben diverso dalle vie cittadine di prima. Sono
in una foresta. Ci sono quattro grandi querce poste in quadrato. Mi fermo
a guardare perché il paesaggio è affascinante. Ad un tratto
sento un rumore e mi faccio da parte. Sta arrivando – ma da dove? – qualcuno.
Si tratta di un uomo giovane perfettamente normale eppure mi sento a disagio
di nuovo. Mi accorgo che non è poi cosí normale. Infatti,
avverto in lui una presenza femminile e maschile insieme, ma certamente
non nel senso positivo della cosa! L’uomo emana un fascino straordinario
e avverto il suo grande potere. Qualcosa dentro di me mi mette in guardia
e penso che debba essere un elementare uscito dalla terra e dotato di poteri
pericolosi. Il tizio mi ignora, pur avendomi visto benissimo, e si dirige
verso la città. Lo seguo. Incontra una bambina.
Immediatamente inizia
a sedurla intervenendo direttamente nei suoi pensieri. La testa dell’essere
è mobilissima e sembra parlare ma in realtà non fa che connettere
i pensieri di chi gli sta di fronte come vuole lui, alterandoli, dirigendoli.
A questa bambina presto se ne aggiunge un’altra, un’amichetta. Resta subito
presa anche lei, perché l’essere si divide in due. Lentamente lo
vedo dividersi, prima la testa e poi tutto il resto. Ora sono due esseri,
uno maschile e l’altro femminile, ed esercitano un fascino potente cambiando
anche aspetto come protei e adattando la forma al contenuto dei pensieri
che emanano avvolgendo le due bambine che restano incantate come da un
serpente. I pensieri sono tutti pensieri di forza, di potere, un potere
che l’essere/i promette di donare proprio su questo piano. Ma per fortuna
il mostro ha un punto debole: non può continuare per molto e deve
riposare.
D’un tratto i due esseri
si sdraiano e si addormentano. Una voce fuori campo mi suggerisce di cercare
subito la chiave del potere del mostro. Si tratta di due scettri di legno
nero intagliato che giacciono accanto a ciascuno dei due esseri. La voce
mi dice di darli alle bambine e di farglieli incrociare. Le convinco e
lo fanno. Allora l’essere si sveglia e si ricompone svelando il suo vero
aspetto: è un uomo magrissimo, come intagliato in un legno marrone
scuro, è contenuto, si può dire, in un mantello rigido ma
aperto, come una conchiglia, di color verde-azzurro livido, della consistenza
di un fungo. L’interno è rosso scuro. Non posso descrivere la sua
faccia perché è l’unica cosa estremamente mobile mentre il
resto sembra pietrificato. Alla vista dei due scettri incrociati digrigna
i denti e retrocede, si separa di nuovo tentando di sedurre ancora le due
bambine ma continua a retrocedere. Allora alle sue spalle, nel paesaggio
stesso che sembra uno sfondo dipinto, si apre una porta. Dietro c’è
una lunga galleria oscura che si perde nelle tenebre. L’essere viene risucchiato
dentro e la voce fuori campo mi suggerisce di rendergli gli scettri perché
nulla di lui deve rimanere nel mondo.
Passa un certo tempo,
durante il quale cado nel sonno senza sogni. Poi il sogno prosegue. Sono
di nuovo nella chiesa di prima, ma ora questa è in funzione e si
sta bene. C’è una signora di mezza età, cieca, che suona
il pianoforte. Accanto a lei dorme un bimbo avvolto in una coperta e sopra
il pianoforte c’è un gatto immobile di quella fissità che
solo i gatti sanno assumere. Pace. Ad un tratto l’atmosfera cambia. Avverto
un’onda di pericolo. La signora stacca le mani dalla tastiera. Il gatto
si muove. Soffia e si slancia sul bambino per graffiarlo. Riesco ad afferrarlo
e scagliarlo lontano. La signora mi chiede cosa succede e la sua voce è
quella fuori campo di prima. Mi guardo attorno e le vedo: le due bambine,
ormai grandi, hanno negli occhi una crudeltà terribile e stanno
ghignando. Allora capisco: in loro è rimasto qualcosa del mostro
ed esse lo hanno richiamato sulla terra! Lo dico alla signora e questa
mi dice: «Corri a chiamare tutti gli amici: siamo in grave pericolo!
Io difenderò il bambino ma tu devi radunare tutti perché
dobbiamo combattere e sarà molto dura». Corro subito in giro
a cercare i nostri. Incontro un’amica e non so cosa dirle: mi prenderà
per suonato, penso. Invece appena mi vede capisce e corre a svegliare il
marito, che sta dormendo. Sento che gli grida terrorizzata: «È
stato richiamato, svegliati, siamo in pericolo!»
L’impressione, al risveglio,
è ancora fortissima, le immagini sono vividissime e grande il senso
di pericolo imminente per tutti. Il contenuto drammatico conta piú
delle immagini, come insegna il Dottor Steiner. Il senso che ho súbito
è quello di un reale pericolo. L’essere esiste sul serio, ma il
suo potere non si esplica direttamente nel mondo bensí attraverso
gli uomini che seguono la trama dei suoi pensieri che essi scambiano per
la loro. Sono gli uomini che l’ascoltano a diventare pericolosi. Il pericolo
viene dalla loro ignoranza: «Nessuno è piú schiavo
di colui che si ritiene libero senza esserlo» (Wolfgang von Goethe).
12 ottobre 2000
|
|