Dove
creature angeliche librandosi
cantavano tra i pini e le nodose
querce dei sacri boschi, levigato
ora c’è il sasso della penitenza,
e nel chiuso giardino rifioriscono
le rose che ispirate da pietà
al Santo rifiutarono le spine.
Anelanti all’eterno, templi slanciano
bianchi marmi nel sole, e sconfiggendo
scura la morte nelle fonde cripte,
odorosa di miele e terebinto,
Chiara innalza la fiaccola pudica
di un alto amore. Teso fra i pinnacoli
parla il vento sonoro, vorticando
dalla piana alle cime sferza e piega
l’erba folta e gli ulivi fronda a fronda,
rami e creste solleva alla sua forza,
ondoso rimembrare di passaggi
alle rive lontane o di piú vaghi
peripli senza meta. Brevi fughe,
se guardi all’infinito che mareggia
Le rose senza spine che
tuttora fioriscono nel roseto di
Santa Maria degli Angeli ad Assisi
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Giotto (1279-1300)
San Francesco e Santa Chiara
Assisi, Chiesa Superiore di San Francesco
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entro
chiostri gelosi, o vasto irrompe
negli spechi votati a dure ascesi,
vivido flusso che travolge l’anima:
ovunque scova Dio i suoi fedeli
e li marchia col fuoco. Pellegrino
che qui venisti ad implorare pace
per gli inquieti pensieri, la celeste
luce degli insondabili misteri
e le chiavi del Regno, nel tuo cuore
porti impresso quel segno, e ti consolano
il balsamo dei mirti, le colombe
dolci al riparo delle antiche gronde,
il cipresso che brucia il suo fervore
in solitarie cuspidi. Se interroghi
ogni varia mirabile presenza,
ti risponde una voce dall’immenso
per darti l’ineffabile segreto:
ricompensa è il prodigio della vita.
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