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Ho letto le parole del messaggio del Terzo segreto di Fatima – quelle a
suo tempo pubblicate dal giornale «Neues Europa» nel 1963 e
di cui oggi si riparla dopo la pubblicazione dell’attuale testo “ufficiale”
del Vaticano – e ne sono rimasto, come dire, indebolito. È vero
che l’uomo ha dimenticato le sue vere origini. Il XX secolo è stato
il secolo che più d’ogni altro ha “dominato” l’interiorità
dell’uomo. Tutte le disgrazie nascono dall’impoverimento spirituale che
l’uomo produce. Tutte le grandi invenzioni, compreso il computer su cui
sto operando, non hanno fatto altro che imprigionare l’archetipo dell’uomo:
l’Io Sono. L’uomo nel momento magico, puro, fuori dal terrestre, produce
l’invenzione (grazie allo Spirito), però simultaneamente nega lo
Spirito, portatore di verità, e celebra l’oggetto. L’oggetto senza
lo Spirito è la caduta. L’arte del ricercatore non è rifiutare
l’oggetto (concezione precipua delle antiche religioni orientali, ma anche
altre religioni cadono nell’inganno) oppure, come la nostra civiltà,
idolatrare l’invenzione, bensí prendere coscienza dell’Eterno dietro
la scienza e la tecnologia. L’oggetto, senza la conoscenza, è Arimane:
il colpevole di tutti i drammi dell’umanità. […] Sono stato ferito,
in quanto ho avvertito nelle parole della Madonna il dominio di Satana
sulla terra. Questo è vero in parte, in quanto è l’uomo che
produce il male, la colpa non è di Lucifero e Arimane: essi sono
l’opposto della Luce. Sono due forze cosmiche avverse all’uomo, forze ostacolatrici,
nemiche dell’umanità, angeli caduti, che aspettano di essere aiutati
e redenti dall’uomo. Anche se l’uomo, come si diceva, ha toccato una disperazione
profonda, egli non si deve annullare davanti al Demone, il Bene deve trionfare
sul Male. Il mistero metafisico dell’uomo sulla terra è trovare
il Cristo vincitore, inceneritore di Satana. L’uomo non si deve perdere
nemmeno davanti a tutti gli scatenamenti di Dei inferi, la sua arte è
ricordarsi del Cristo solare. Massimo Scaligero, nel Quaderno IX dell’Aprile
1969, così scrive: «L’amore christico è la Forza che
fa vincere, perché fa enucleare in ciascuno il principio che non
può essere sopraffatto da nulla: il nocciolo della vita inesauribile
e vittoriosa. Rispetto a tutto ciò che è impedimento, equivoco,
natura, oscurità, questo principio è vittorioso solo per
il fatto che è. È intoccabile dalle forze infere, pur movendosi
tra esse, è inafferrabile dagli eventi umani, pur essendone spettatore
e conoscitore».
Giuseppe Franceschi, Prato
- La lettura del Terzo segreto di Fatima non deve farci sentire “indeboliti”,
ma ci può far prendere atto di ciò che ogni serio e impegnato
seguace della Scienza dello Spirito già conosce perfettamente: questo
è il periodo in cui gli Ostacolatori sferrano contro l’uomo la lotta
più aspra, senza esclusione di colpi: ai due già ben noti
Lucifero e Arimane si è aggiunto il terzo, l’Anticristo. I messaggi
dati durante le apparizioni sono volti a mettere in guardia le persone
più semplici, quelle del gregge di Pietro, e devono necessariamente
avere toni apocalittici, perché i tre Nemici sono talmente potenti
e subdoli da far vacillare anche la fede più conclamata, come quella
degli stessi ecclesiastici. Ma anche per noi essi sono utili, per scuotere
quella parte dell’ego che fatica a realizzare ciò che l’intelligenza
del cuore ha già perfettamente compreso: l’indulgere verso alcune
nostre pigrizie o comportamenti negativi, di cui ci rendiamo conto ma che
non ci impegniamo a fondo ad estirpare. Il Maestro d’Occidente ha lavorato
quand’era in vita per opporre una strenua resistenza alle orde demoniache
che tentavano di prevalere sulla Terra, e in particolare in Italia. Dal
Mondo spirituale il suo lavoro continua, e possiamo contare sulla sua protezione.
Poi c’è il Maestro dei Nuovi Tempi, che alacremente e incessantemente
opera ad arginare il Male. E l’Arcangelo Michele, che sul piano spirituale
ha già vinto. Ora tocca a noi fare la nostra parte, ognuno cominciando
da sé, senza preoccuparsi di ciò che devono fare gli altri.
Recenti fatti di cronaca mi hanno spinto ad alcune riflessioni sul tema
del suicidio. Vorrei che mi aiutaste a capire se in taluni casi (Catone
Uticense, Mishima, per esempio) il gesto di togliersi la vita possa assumere
qualche valore positivo o rappresenti comunque una sconfitta.
- Secondo la tradizione dell’antica Roma, il suicidio rappresentava l’unica
possibilità di lavare una grave onta o riparare a una battaglia
ignominiosamente perduta, compiendo un atto che veniva considerato il massimo
del coraggio. Anche il suicidio rituale giapponese attinge allo stesso
principio di recupero dell’onore per sé, i propri familiari, il
proprio Paese. Secondo l’insegnamento della Scienza dello Spirito, dobbiamo
invece sviluppare le forze necessarie a trasformare la sconfitta dell’ego
in vittoria dell’Io. Massimo Scaligero precisa che il suicida: «…già
in un’esistenza precedente ha subíto la sconfitta della vita: non
ha risolto il suo problema, è fuggito dinanzi ad esso: uccidendosi,
lo ha rimandato alla vita successiva. Perciò gli si presenterà
di nuovo, ancora piú grave, ancora piú doloroso: nuovamente
sorgerà in lui l’impulso al suicidio: ma forze nuove dell’Io nel
frattempo saranno nate. La concatenazione può essere interrotta
dall’Io che si dèsti al suo essere libero. Nell’Io libero è
presente la Forza del Logos: il Logos è la sua essenza. In sostanza
il suicidio è l’atto estremamente negativo della libertà
dell’uomo: questa libertà può infine operare in lui positivamente.
Le occorre soltanto la direzione della Vita, piuttosto che quella della
Morte. L’Io del candidato al suicidio deve scorgere il Christo, l’aurora
della Vita, per vincere la Morte nella Vita: deve superare la sete di vita
che non ha speranza di essere soddisfatta, nella sfera terrestre, tra nascita
e morte, se non corrompendo la vita. Deve incontrare in sé il vincitore
della Morte, il Logos risolutore della sete di vita. Non è un aver
troppo sopportato la vita, un essersi saziato di vita, un eccesso di vita,
che muove il suicida, bensí l’opposto: un’impotenza a possedere
la vita: una inesausta sete di vita, un’incapacità a sopportare
il tormento di questa sete. L’Io vince la Morte, proprio allorché
non patisce la sete di vita: possiede la vita, non può patirne la
sete. Chi è karmicamente destinato al suicidio, può interrompere
la concatenazione distruttiva con un atto assoluto dell’Io: un atto che
sostanzialmente è un atto d’amore, non ha altro impulso se non il
superamento dell’ego, che è avverso alla vita perché incapace
di dominio della vita, bramoso di vita. Deve annientare l’ego impotente,
perché nasca infine il portatore della potenza»(1).
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(1) M. Scaligero, Reincarnazione
e karma, Ed. Mediterranee, Roma 1976
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In
copertina: Apertura del primo sigillo: «…ed
ecco un caval bianco, e colui che v’era sopra aveva un arco, e gli fu data
una corona, e uscí vincitore per vincere». Apocalisse
6, 2 – Miniatura di scuola fiamminga, secolo XV, Liber Floridus, Chantilly,
Museo Condé
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Anno 1999:
Anno 2000:
«Migrazione»
…da una di queste caverne
uscivano stormi di uccelli color del fuoco…
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