L’uomo è dunque un essere peccaminoso. Cerchiamo di comprendere ora il senso di tale fatto. Che cosa significa peccare? Il peccato è la possibilità di mettere i propri pensieri, i propri sentimenti, i propri impulsi volitivi in una posizione contraria a quella stabilita dall’ordinamento del mondo.
Prima che avvenisse la cosiddetta tentazione luciferica, non sussisteva per l’uomo la possibilità di contrapporre un proprio mondo illusorio ed errato all’obiettivo Mondo Divino-Spirituale. L’uomo non poteva nemmeno esplicare pensiero, sentimento e volontà personali. Invece di vivere come fa ora in queste tre facoltà dell’anima, era completamente immerso nella realtà dell’immaginazione, ispirazione e intuizione. Nell’immaginazione esperimentava il pensiero degli Angeli, nell’ispirazione il sentimento degli Arcangeli e nell’intuizione la volontà dei Principati. Da ciò si comprende che egli non aveva un mondo interiore personale, ma la sua interiorità era come uno specchio che rifletteva obiettivamente la grandezza e la saggezza del cosmo. Era un essere divino, ma non era libero: era un prodotto della spiritualità.
La tentazione luciferica e il susseguente intervento arimanico ebbero come effetto il distacco dell’uomo dalla divinità, il suo isolamento spirituale, il sorgere della sua personalità. L’uomo, una volta subito il peccato originale, non ha piú il pensiero dell’Angelo come immaginazione, il sentimento dell’Arcangelo come ispirazione, la volontà del Principato come intuizione, ma può dire: «Io penso; Io sento; Io voglio».
Il pensiero, il sentimento, la volontà, divenuti personali, cominciarono ad agire con tale forza che avrebbero potuto distaccare completamente l’umanità dall’evoluzione divino-spirituale per portarla nella sfera luciferica ed arimanica. Perciò gli Dei, come si può leggere nella Scienza occulta di Rudolf Steiner, decisero di porre dei limiti alla potenza di Lucifero e di Arimane. In altre parole, stabilirono un confine alla espansione egoistica e personale della natura umana. Una bella leggenda spirituale dice che gli Dei dettero all’uomo tre doni affinché egli potesse salvarsi dall’inferno: il dolore, la malattia e la morte.
L’uomo può nutrire sentimenti contrari all’ordinamento del cosmo solo fino ad un certo punto. Il dolore lo arresta e gli fa sentire che la sua anima è in opposizione con la realtà. Allo stesso modo, può nutrire pensieri falsi o ingannevoli, ma questi lo fanno ammalare e nella malattia può sentire la sua contraddizione all’universo. La morte infine gli toglie la possibilità di agire in modo egoistico.
Ora diciamo con piú esattezza: il dolore è un dono per il corpo astrale, la malattia è un dono per il corpo eterico, la morte è un dono per il corpo fisico. Il dolore, la malattia e la morte sono necessari per arrestare l’azione del peccato originale, ma l’uomo non potrebbe evolversi, non potrebbe semplicemente sussistere, se la sua anima fosse immersa continuamente nel dolore, se la malattia di continuo lo divorasse, se il suo corpo fisico obbedisse solo alle leggi della rigidità cadaverica. Le Entità spirituali dovettero perciò trovare un rimedio, un correttivo all’azione del dolore, della malattia e della morte. Tale correttivo fu dato dal fatto che ogni arto della natura umana scese nell’arto immediatamente inferiore in modo piú profondo di quanto non fosse previsto nel piano divino originario. Il corpo eterico si immerse nel corpo fisico per combattervi la morte; il corpo astrale discese nel corpo eterico per combattervi la malattia; l’Io penetrò nel corpo astrale per combattervi il dolore. Ognuno di questi tre arti – Io, corpo astrale, corpo eterico – deve cosí adempiere una duplice funzione: una secondo la sua propria natura e un’altra piú pesante, che lo distoglie dalla sua natura, come conseguenza del peccato originale. Possiamo dire: la morte è un dono per il corpo fisico e un aggravio per il corpo eterico; la malattia è un dono per il corpo eterico e un aggravio per il corpo astrale; il dolore è un dono per il corpo astrale e un aggravio per l’Io.
Tutto nell’universo ha un limite. Perciò anche l’Io, il corpo astrale, il corpo eterico, sono disposti a sobbarcarsi questo sovrappiú di attività, imposta loro come conseguenza del peccato originale e contraria alla loro natura, solo fino ad un certo punto. Essi tendono di continuo a ritornare alla loro natura originaria, a manifestare il loro vero essere. Perciò nell’essere umano avviene il grande fenomeno dell’alternanza tra la vita e la morte, tra la veglia e il sonno, tra il ricordo e l’oblio.
Il corpo eterico è immerso nel corpo fisico per poterlo mantenere in vita, per impedire che esso sia un puro cadavere. Se vogliamo esprimerci con concetti umani, possiamo dire che non sopporta volentieri questo rattrappimento. Ad un certo momento esce dal corpo fisico e si espande per tutto l’universo solare, conforme alla sua natura che è, come luce, quella dell’irradiamento. L’istante del distacco del corpo eterico dal corpo fisico è segnato dalla morte.
Il corpo astrale è immerso nel corpo eterico per porlo al riparo, almeno fino ad un certo punto, dalle forze della malattia. Anche per il corpo astrale si può dire che esso non fa di buon grado questo servizio. Tende a sfuggire dalle strettoie e lo fa effettivamente durante il sonno. Di notte il corpo astrale esce dal corpo eterico e si diffonde tra le stelle, secondo la sua natura originaria. Cosí acquista nuove forze che porta nel corpo eterico.
L’arto dell’Io è immerso nel corpo astrale. Qui trova un mondo di dolore contro il quale deve di continuo combattere. Per esperienza diretta e personale, fatta da ogni singolo uomo, possiamo affermare che questa continua lotta contro il dolore riesce di duro peso all’Io. L’Io vorrebbe manifestare la sua vera natura di Entità spirituale, ma non lo può; deve vivere nell’astralità e combattere le dolorose passioni, cercando di vincerle e di eliminarle. Anche l’Io si libera ritmicamente da questa attività troppo pesante in un arto inferiore e cerca il riposo, cioè l’oblio. L’oblio significa il distacco dell’Io dal corpo astrale. L’Io vive dunque tra il ricordo e l’oblio. Teniamo presente che soltanto nell’oblio può manifestare la sua vera natura spirituale.
Abbiamo finora considerato le conseguenze obiettive del peccato originale. Vogliamo ora invece esaminare il lato soggettivo della cosa. L’uomo non si rende conto del disordine portato dal peccato originale nei suoi arti, ma esperimenta il pensiero, il sentimento e la volontà in modo personale. Egli può dire: «Io penso; Io sento; Io voglio». Con ciò ogni essere umano si sente un ente separato da tutti gli altri. Da questo sentimento di separazione personale nasce l’odio. Ma non solo l’odio; nasce anche la menzogna. Per il fatto che gli altri esseri non partecipano alla mia vita interiore, posso mentire, posso nascondere o camuffare la mia natura.
Ogni uomo ha un proprio mondo interiore e per il fatto che questo mondo è costituito in gran parte di impulsi egoistici, di simpatie e antipatie personali, di gioie e dolori particolari, di ideali propri, gli uomini non possono piú comprendersi tra di loro.
…In un solo campo l’umanità può oggi ancora ritrovarsi e andare d’accordo: quello della matematica, del pensiero concepito senza l’intrusione di simpatie e antipatie personali. In queste parole c’è un senso: «Io penso che Annibale sia stato un grande generale»; ma non c’è senso in quest’altra: «Io penso che due piú due fanno quattro». Nella matematica non c’è affatto bisogno che faccia sentire la mia opinione personale.
Da ciò vediamo che c’è una parte dell’essere umano la quale è restata immune dall’azione delpeccato originale. Nella Bibbia sta scritto che nel Paradiso terrestre si elevavano due alberi: l’albero della Conoscenza e l’albero della Vita. Soggiacendo alla tentazione luciferica, i nostri progenitori hanno gustato il frutto dell’albero della Conoscenza, ma non hanno avuto il tempo di porre la mano anche sul frutto dell’albero della Vita. Sono stati cacciati dal Paradiso prima che riuscissero a farlo. Che interpretazione spirituale dobbiamo dare a quest’immagine della Bibbia? La Scienza dello Spirito antroposofica ci insegna che ci sono quattro eteri (i quattro fiumi dell’Eden): l’etere del Calore, l’etere della Luce, l’etere del Suono, l’etere della Vita. Ebbene, gli Dei hanno preservato l’etere della Vita dall’influenza luciferica ed arimanica. Ciò si manifesta nel fatto che l’uomo può pensare in modo obiettivo, non personale. Nel mondo dei pensieri può manifestarsi in modo obiettivo la realtà della materia e la realtà dello Spirito. L’uomo può dire: «Io penso, ma il mio pensiero è la verace immagine del mondo».
Cosí può essere ottenuto dentro l’anima umana una specie di pareggio con le forze del peccato originale.

Fortunato Pavisi (2.)

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