Circa 900.000 disperati partecipano ad un maxiconcorso indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione, nella speranza di conquistare una cattedra; pubblicate le prime graduatorie, numerose denuncie prospettano un mortificante sospetto di irregolarità dolose a carico delle commissioni, attualmente al vaglio della magistratura.
Oltre alle ricorrenti considerazioni sulla corruzione diffusa, sulla farraginosità di una burocrazia costosissima, sul dramma della disoccupazione, soprattutto intellettuale, se una civiltà si misura dalla qualità del suo sistema educativo, il riproporsi di mastodontici concorsi nella scuola suscita non poche perplessità in merito alla loro effettiva capacità di selezionare i futuri educatori. La stragrande maggioranza degli iscritti, spesso reduce da numerose esperienze simili, riconosce apertamente di essere motivata dalla ricerca, piú che comprensibile, di una sistemazione economica; è giustificato ipotizzare che solo in rari casi sussista una sincera vocazione/predisposizione all’insegnamento; quanto alle procedure di valutazione – quando non si riducono ai “test”, indiscutibile sintomo di decadenza(1) – potranno forse accertare, corruzione permettendo, il possesso, spesso temporaneo, delle nozioni richieste, ma non la presenza di quelle che Rudolf Steiner chiama le tre attitudini fondamentali di un docente(2): venerazione per l’allievo quale portatore di alte forze spirituali, entusiasmo suscitato dal possesso, anche se parziale, di una reale conoscenza dell’essere umano, per le sue latenti possibilità evolutive, senso di protezione nei suoi confronti durante ogni singola esperienza di apprendimento.
Si tratta evidentemente di una superiore visione dell’insegnamento, che considera l’essere umano nella sua triplice natura, spirituale, animica, fisica(3), ben oltre la dimensione della scuola contemporanea, tendenzialmente “nozionistico-meccanicistica”, coerente espressione del materialismo imperante. E l’urgenza di un tale ampliamento appare inconfutabile soprattutto in considerazione del rapido aggravarsi di un generale senso di smarrimento, di un’angosciosa “problematicità” nei confronti delle scelte esistenziali, che il fondatore dell’Antroposofia riconduce a precise carenze educative(4).
Significativa risulta inoltre una recente e capillare indagine demoscopica tra gli insegnanti statali, che ha drammaticamente registrato un diffuso senso di futilità e fallimento della propria missione, unito ad uno scarso apprezzamento nei confronti dei giovani e del loro futuro. Premettendo che, in quanto essere spirituale, l’indispensabile passaggio attraverso l’incarnazione fisica rappresenta comunque per l’uomo un abbassamento di livello, un “ammalarsi”, R. Steiner dimostra come il compito primario dell’insegnamento consista appunto nel risanare, potendo altresí aggravare ove inappropriato. Un’educazione ignara delle precipue cadenze settennali dello sviluppo determina successive deviazioni comportamentali, quali l’ambizione al potere o l’erotismo smodato(5); una didattica noiosa, incapace di risvegliare interesse, predispone seriamente al diabete(6); un insegnamento troppo concettuale determina eccesso di acido carbonico nel sangue, con conseguente indurimento precoce delle arterie(7); viceversa, una ricchezza di messaggi basati su immagini facilita la conservazione dell’ossigeno, e quindi un deciso slancio verso il futuro(8); l’intelletto del bambino risulterà ben risvegliato se l’insegnamento artistico precede quello razionale(9); un’intelligente attività manuale svilupperà adeguatamente la capacità di giudizio(10). Gli esempi citati, scelti tra la vasta casistica prospettata da R. Steiner dimostrano come l‘insegnamento letteralmente configuri il futuro adulto attraverso un’azione che, poiché «la vita fisica quaggiú è una continuazione della vita spirituale», è chiamata a proseguire «ciò che entità superiori hanno compiuto sino allora [prima della nascita, n.d.r.]»(11).
L’insegnante/terapeuta, particolarmente durante la scuola dell’obbligo, è dunque il pilastro centrale della futura struttura sociale, verità che l’opinione pubblica comincia a riconoscere accordando ai singoli istituti un’autonomia, attualmente alquanto titubante, ma indiscutibilmente orientata nella direzione indicata dalla tripartizione steineriana(12).
Nell’attesa che la metodologia delle scuole Waldorf (13) trovi sempre piú consensi, e nonostante le problematiche condizioni dell’istruzione ufficiale, su chi è impegnato nell’insegnamento ricade la non dilazionabile responsabilità di affiancare all’aggiornamento tradizionale l’approfondimento del retroscena umano/cosmico rivelato da R. Steiner, indispensabile per una non effimera conoscenza del soggetto da educare. Detto contenuto, ove venga assimilato e vissuto cosí fedelmente da divenire un passo dopo l’altro “natura” del docente, arricchisce parallelamente l’attività educativa di nuove, vitali forze rigeneranti, capaci di armonizzare finalmente la crescita dell’individuo con le autentiche esigenze del proprio destino e della sua epoca.
Paradossalmente l’Autore avverte che: «Non attraverso l’insegnamento dell’Antroposofia, ma attraverso il modo di comportarsi degli insegnanti, ciò che essi portano nell’anima, lo spirituale animico, penetrerà nella nostra scuola»(14), mirando a sottolineare la centralità decisiva della personalità dell’insegnante nella sua totalità; «l’uomo non agisce nel mondo soltanto per quello che fa, bensí, prima di tutto, per quello che egli è»(15).
Questa continua immedesimazione nei contenuti della Scienza dello Spirito, unita a una sagace attenzione ai suggerimenti educativi contenuti nei relativi testi specifici, è la condizione indispensabile all’assolvimento del duplice compito istituzionale della scuola: non immettere nel mondo un giovane malato o atrofizzato, e consentirgli di crescere nella società in modo da intraprendere qualcosa «con cui far progredire se stesso ed il mondo»(16).
Nei confronti del sistema vigente non giova un atteggiamento critico, e controproducente risulterà ogni tentativo di convincere delle verità antroposofiche chi non appare ancora pronto, col rischio di confonderlo ulteriormente. Rudolf Steiner in proposito, nel raccomandare prudenza nel rispetto delle altrui convinzioni(17), rinnova l’invito a indirizzare i propri sforzi al fine di «fare qualcosa di noi stessi»(18) e suggerisce il seguente motto per chi è impegnato nell’insegnamento(19):
«Compènetrati di fantasia, abbi il coraggio della verità
affina il tuo sentimento di animica responsabilità».

Arcady

(1) R. Steiner, Introduzione ad una pedagogia sociale, Ed. Antroposofica, Milano 1974, p. 35
(2) R. Steiner, Educazione ed insegnamento fondati sulla conoscenza dell’uomo, Ed. Antroposofica, Milano 1978, p. 33
(3) R. Steiner, Teosofia, Ed. Antroposofica, Milano 1994, p. 27
(4) R. Steiner, Educazione, problema sociale, Ed. Antroposofica, Milano 1981, p. 41
(5) op.cit alla nota 2), p. 66
(6) R. Steiner, Insegnamento e conoscenza dell’uomo, Ed. Antroposofica, Milano 1986, p. 62
(7) R. Steiner, Arte dell’educazione, 1° Antropologia, Ed. Antroposofica, Milano 1970, p. 42
(8) op.cit, p. 43
(9) op.cit, p. 164
(10) op.cit alla nota 6), p. 43
(11) op.cit alla nota 7), p. 20
(12) R. Steiner, I punti essenziali della questione sociale, Ed. Antroposofica, Milano 1980, p. 125
(13) R. Steiner, Vita del presente ed educazione, Ed. Antroposofica, Milano 1984, p. 175
(14) op.cit alla nota 6), p. 51
(15) op.cit alla nota 7), p. 26
(16) op.cit alla nota 6), p. 81
(17) op.cit alla nota 13), p. 147
(18) op.cit alla nota 7), p. 27
(19) op.cit alla nota 7), p. 203

Immagine:
«Uno sguardo al libro e uno alla vita» da Voli all’alba di Cesare Paperini, Roma 1951

Torna al sommario