Con rinnovata intensità
nel corso di trasmissioni televisive, dibattiti o pubblicazioni a carattere
scientifico-divulgativo, si insiste nel confinare al “naturale” la sfera
d’indagine considerata accessibile alla Ragione quale strumento di apprendimento
certo e verificabile, e al “sovrannaturale” quella conseguentemente ritenuta
di esclusiva competenza della Fede, nel persistente equivoco che l’umano
conoscere sia privo di intrinseca affidabilità e ricavi certezze
solo dal contatto col mondo dei sensi, dovendo pertanto arrestarsi di fronte
al sovrasensibile: viene cosí arbitrariamente attribuito al pensiero
un limite assoluto che un’imparziale verifica rivela inesistente. L’uomo
è un essere la cui entità complessiva funziona in modo che
per ogni processo od oggetto della realtà i relativi elementi gli
affluiscono da due direzioni, osservazione e pensiero: «Un processo
od oggetto semplicemente osservato non fornisce da sé alcun dato
riguardo al suo nesso con altri processi od oggetti: questo nesso appare
soltanto quando l’osservazione si congiunge con il pensiero»(1).
L’osservazione è
dunque il primo approccio con la realtà, cui deve seguire la relativa
elaborazione concettuale affinché il processo conoscitivo sia completo:
la semplice vista di un organo animale non mi consente di valutarne l’importanza,
che solo un successivo pensare appropriato può evidenziare, individuandone
la specifica funzione nel complesso dell’organismo cui appartiene.
Il nostro pensiero, a sua
volta, non sfugge alla situazione generale: possiamo imparare a conoscerlo
solo osservandolo, riconsiderandolo con attenzione. Rudolf Steiner, alla
cui opera fondamentale richiamata, La filosofia della libertà,
risolutamente rinviamo per ogni approfondimento sul tema, dopo aver dimostrato
le intrinseche contraddizioni presenti soprattutto nelle principali concezioni
filosofiche e fisio-psicologiche relative ai processi percettivi(2),
evidenzia la fondamentale circostanza che esclusivamente nel pensare umano
apparenza e realtà si presentano manifestamente coincidenti. Un’osservazione
primitiva del sistema solare ha per secoli originato l’errata rappresentazione
di un Sole ruotante fisicamente intorno alla Terra, finché calcoli
astronomici corretti hanno dimostrato il contrario: «Non si può
rimanere fermi al punto di vista primitivo sulla realtà [l’apparente
rotazione solare nell’esempio citato, n.d.r.] se non ci si vuole artificiosamente
chiudere all‘impulso verso la conoscenza»(3).
È dunque generalmente
legittimo dubitare dell’apparenza, diffidarne. Ma di fronte all’osservazione
del proprio pensare, e solo in questo caso, l’uomo può fiduciosamente
fermarsi all’apparire, accettando come veritiera la fisionomia in cui i
propri pensieri gli si presentano: quando osservo un pensiero da me medesimo
concepito (indipendentemente dalla circostanza che il suo contenuto si
riveli successivamente corretto o errato), la forma in cui lo percepisco
è autentica e fedele; avendo io stesso formulato quel pensiero «non
mi trovo di fronte ad un oggetto a me estraneo, ma alla mia stessa attività»(4);
pertanto non ha senso dubitare se la mia percezione di esso sia affidabile
o non risulti invece erronea come nella menzionata osservazione dei rapporti
fisico-gravitazionali tra Sole e Terra.
Insomma, mentre non ogni
altro percepito è accettabile nella forma in cui primitivamente
si presenta, possiamo senz’altro fidarci della nostra osservazione del
pensare da noi medesimi prodotto, della forma in cui ci si manifesta: la
mia attività pensante, qualunque grado di abilità
io possegga nel formulare e collegare attraverso di essa idee e concetti,
è proprio quella che percepisco quando successivamente la riconsidero,
e pertanto ho in essa una base certa dalla quale muovere alla conoscenza
del mondo e di me stesso, un dono prezioso ed insostituibile per
orientarmi nell’esistenza. Posso anche ignorare scientificamente perché
al fulmine segua il tuono, ma, trovandomi al centro del mio pensare e non
al suo esterno, so senza dubbio per conoscenza diretta in che modo si
colleghino in me i concetti relativi ai due fenomeni atmosferici: «La
mia osservazione mi dice che nel connettere i pensieri io mi baso su nient‘altro
che il loro contenuto, non sui processi materiali che hanno luogo nel mio
cervello»(5).
La celeberrima sentenza
cartesiana «Cogito ergo sum» (Io penso, dunque sono)
è quindi da intendersi cosí: «Ogni altra cosa, ogni
altro divenire, è là senza di me, non so se come verità
o come illusione o sogno. Una sola cosa io so in modo del tutto sicuro,
in quanto io stesso la porto a sicura esistenza: il mio pensare.
Abbia la sua esistenza anche un‘altra origine, venga da Dio o da qualche
altra parte, io sono certo che esso esiste nel senso in cui io stesso
lo produco»(6).
Quanto precede dimostra
pertanto, non solo l’affidabilità intrinseca del nostro pensiero
quale strumento di conoscenza che sta a noi imparare ad accordare sempre
meglio con la realtà, ma anche la non configurabilità di
limiti assoluti all’apprendimento accessibile alla nostra specifica evoluzione
umana: la limitazione concerne sempre temporaneamente o le nostre
attuali facoltà percettive o la maturità di elaborazione
concettuale in nostro possesso al momento: una percezione attualmente preclusaci,
grazie ad ulteriori sviluppi non lo sarà piú in futuro, come
per esempio avvenuto in relazione ai sistemi stellari piú lontani
o ai microrganismi grazie alle rispettive invenzioni del cannocchiale e
del microscopio; un’insufficiente elaborazione concettuale relativa a percezioni
già accessibili prima o poi si perfezionerà, proprio ciò
che emblematicamente accade al bambino quando diviene adulto. Conseguentemente
non ha neppure senso affermare che il sovrasensibile non possa in nessun
caso costituire oggetto di conoscenza, alla pari di tutto il resto, ma
solo di fede: l’indagine del sovrannaturale non si sottrae al descritto
processo generale del conoscere, sempre articolato sulle due colonne d’Ercole
dell’osservazione e del pensiero; come la scienza naturale
ha dovuto e continua a dotarsi di strumenti idonei a percepire dimensioni
materiali inaccessibili ai sensi fisici, la “visione” superiore presuppone
lo sviluppo dei nostri organi all’uopo preposti secondo discipline specifiche
rispondenti all’attuale costituzione umana, disponibili essenzialmente
grazie all’infinita generosità di Rudolf Steiner e Massimo Scaligero:
passo dopo passo l’uomo stesso diviene lo strumento vivente dell’indagine
sovrasensibile, per la cui comprensione costituiscono sicura guida le illuminanti
rivelazioni dei due menzionati autori. Talvolta già dalla comune
esperienza quotidiana possiamo intuire che non sempre ci regoliamo in base
a percezioni sensoriali e giudizi del nostro intelletto; anzi proprio nelle
decisioni piú importanti non di rado sentiamo di doverci affidare
ad un’insistente intuizione che avvertiamo come “alta” e scaturita da dimensioni
appena presentite, che rientra appunto tra i compiti di un’autentica Scienza
dello Spirito disvelare.
La situazione dell’uomo
contemporaneo del resto, pur con tutti i suoi abissi, è ben diversa
da quella antecedente il poderoso sviluppo delle scienze naturali che ha
forgiato l’attuale pensiero umano, finalmente in grado di accostarsi in
piena coscienza ai Mondi Superiori, naturalmente a condizione di non autoconfinarsi
al livello esclusivamente razionale dal quale deve progressivamente ascendere
ai propri gradi ulteriori(7). Sta a noi
dunque affrontare risolutamente queste nuove frontiere secondo la descritta
via del pensiero – cui col tempo non mancherà di approdare ogni
sincera devozione al Divino – se non vogliamo essere esclusi, con non lievi
conseguenze, dal futuro livello evolutivo superiore predisposto per l’umanità(8).
La Fede vera non ha evidentemente nulla da temere da un rigoroso sviluppo
delle conoscenze relative al sovrannaturale, compimento naturale dell’autentico
sentimento religioso.
(1)
R. Steiner, La Filosofia della libertà, Editrice Antroposofica,
Milano 1966, p. 32
(2) op.cit. p.
67 e segg.
(3) op.cit.
p. 85
(4) op.cit.
p. 38
(5) op.cit.
p. 37
(6) op.cit.
p. 38
(7) M. Scaligero,
Manuale pratico della meditazione, Tilopa, Roma 1984
(8) R. Steiner, Cosmosofia,
Editrice Antroposofica, Milano 1999, pp. 129-135
Immagine: Carlo
Crivelli «Paolo e Pietro», 1470
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