REDAZIONE

 

Vorrei sapere cosa ne pensate del metodo di guarigione “Reiki” ricevuto per ispirazione dal maestro giapponese Usui. Attendo risposta.

Paola «Delphinia»

Telegrafica la domanda, cui dovrebbe seguire un’altrettanto telegrafica risposta. Cercheremo invece di scandagliare il perché di tale richiesta, via e-mail, proprio a noi. Non ci viene certo chiesto cos’è il Reiki: su Internet ci sono un’infinità di siti che si dilungano sul metodo, le tecniche di respirazione e di guarigione, la nascita, la vita e l’opera del Maestro Usui ecc. Rivolgendosi invece a una rivista come la nostra, che si proclama “di ispirazione antroposofica”, si vuole forse chiedere se un seguace della Scienza dello Spirito può allargare i propri interessi ad altre vie e tecniche che esulano da quelle indicate da Rudolf Steiner prima e da Massimo Scaligero poi. La risposta diviene allora molto semplice. Noi siamo liberi di esplorare tutte le terre d’Eldorado che vediamo luccicare in lontananza, rispondere a tutti i seducenti canti delle allettanti sirene che ci indicano isole di pace e di delizie. Perché dunque limitarci a seguire una via fatta di faticoso, lento e, soprattutto all’inizio, poco gratificante lavoro, svolto attraverso il ripetitivo impegno in esercizi che sembrano non dare alcun esito, almeno a breve termine, quando ci sono sistemi piú rapidi per giungere a risultati “portentosi”? Ognuno di noi sa e deve darsi la propria risposta. Che è diversa per ciascuno. E nessun altro, al di fuori di noi stessi, può darcela. Se ci interroghiamo a fondo, sentiamo qual è l’inquietudine che ci spinge a cercare altrove risposte che non riceviamo dalla via che stiamo percorrendo. Due allora sono le possibilità: tendere, senza troppi rimpianti, verso nuovi orizzonti, o impegnarci maggiormente in qualcosa che non riusciamo ancora a realizzare nella pratica quotidiana, forse esercitata in maniera distratta o poco convinta.

Un certo numero di amici che seguono da tempo autonomamente l’antroposofia mi ha recentemente chiesto di organizzare e dirigere un Gruppo di studio, con riunioni a cadenza settimanale, in cui dovrei leggere e commentare contenuti della Scienza dello Spirito. Pur sentendo la mia inadeguatezza, credo sia giusto rispondere con coraggio e decisione a tale richiesta. Vorrei, se possibile, un consiglio in merito, soprattutto riguardo alla possibilità di far seguire al mio intervento una discussione generale, come è stato da alcuni proposto.

Guglielmo Premoli

Il 28 agosto 1919, Rudolf Steiner rivolse queste parole alla signora Adelheid Petersen, che gli aveva chiesto un consiglio in merito al lavoro da svolgere con il Gruppo che ella dirigeva: «Il lavoro antroposofico è una realtà nei mondi spirituali ed agisce nella vita delle Entità delle Gerarchie superiori. Tramite il vero lavoro antroposofico può essere pareggiato molto del male che avviene nel mondo. Questo è importante per i mondi spirituali, che continuamente agiscono in tutto. …Fondamentale per qualsiasi lavoro antroposofico realmente giusto è questo: lei può parlare, elaborare e spiegare soltanto quei contenuti dell’antroposofia che sono già diventati in lei vera vita interiore. Ciò che le è diventato gioia di vita, condizione di vita, ciò che lei ha unito con se stessa. Solo questo penetra negli altri. Solo questo può realmente trasmettere antroposofia. Ciò che la gente espone in conferenze per mezzo della sapienza intellettuale è astratto, e non agisce diversamente dalle altre astrazioni su chi ascolta. Non viene creata sostanza viva, non viene destata alcuna convinzione. …Lei deve imprimere questo nella sua anima: decisivo non è ciò che lei dice, ma il modo in cui lei lo dice! (Naturalmente deve essere esatto). Come ciò che lei dice vive in lei e come lei risponde con tutta sincerità, serietà e veracità interiore di ciò che dice. Com’è il suo atteggiamento interiore, la sua piú profonda disposizione d’animo, la sua piú intima coscienziosità. A questo sono rivolti gli sguardi del mondo spirituale. …Il senso e il compito del lavoro di Gruppo è lavorare in profondità nell’elemento esoterico. Nel lavoro in comune del Gruppo vive la preparazione per gli impulsi della sesta epoca di civiltà. Un determinato lavoro per la preparazione della vita spirituale della sesta epoca può essere effettuato soltanto nel lavoro di Gruppo, nell’elaborazione dell’elemento esoterico, nello sviluppo della sostanza antroposofica che vive nei cicli e nelle conferenze. …Non si deve discutere nelle serate di Gruppo. La sostanza spirituale – o l’aura – viene deformata e sciolta per via delle discussioni. …La teoria della conoscenza non dovrebbe essere elaborata nelle serate di Gruppo, e nemmeno i libri fondamentali (Teosofia, Scienza Occulta ecc.), i quali sono la base di corsi di introduzione. Ciò che è stato dato con questi libri deve essere approfondito interiormente nel lavoro di Gruppo, deve essere concretizzato, ampliato e completato. …Quando io non sarò piú qui, verrà una intellettualizzazione della Scienza dello Spirito antroposofica. Questo è un grave pericolo, poiché significa il ristagno di tutto il movimento. Perciò è tanto importante la vera cura del lavoro esoterico interiore. La gente non lo sa, e in fondo non vuole nemmeno sentirne parlare. Ma è cosí: quando un uomo sta quieto nella sua stanzetta e legge con vera serietà interiore, con tutta la dedizione del cuore, per esempio il Vangelo di Giovanni, oppure qualcosa di antroposofico, e lo vive sperimentandolo a fondo, allora contribuisce di piú con questo alla salvezza del mondo e dell’umanità che non taluni che si danno importanza con chiacchiere antroposofiche». A questi consigli cosí diretti e precisi non possiamo che aggiungere i nostri migliori auguri di buon lavoro!

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L’addobbo dei pozzi

Presso le popolazioni britanniche vigeva anticamente l’usanza di abbellire e ornare le fonti sacre con fiori e ghirlande. Ciò avveniva soprattutto in coincidenza con la Pasqua cristiana, che aveva mutuato questa gentile tradizione dalle celebrazioni celtiche del ritorno della primavera. In diverse località inglesi, specialmente nel Derbyshire, l’usanza è stata ripresa. Veri e propri mosaici di petali variopinti adornano sorgenti e pozzi, le cui acque sono ritenute curative da secoli. Le composizioni si ispirano per lo piú a episodi evangelici, spesso con esplicito riferimento all’acqua. Solenni processioni si dirigono ai pozzi per benedirli, e infine danze folkloristiche chiudono le festose cerimonie.
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