ESERCIZI

Per chi sente e vuole compiere un passo oltre l’inafferrabile linea della parvenza e dell’organizzato caos della vita, si presenta l’ineludibile necessità di forzare se stesso ed il proprio pensare, sentire e volere a moti duraturi, discipline, non conformi al naturale flusso delle forze dell’anima e delle cose del mondo: a tali sistemi di azioni ripetute e prolungate, che se sperimentate, risultano alla lettera “contro corrente” rispetto agli ordinari percorsi delle forze animiche e delle azioni umane, diamo il nome di esercizi interiori.
Nell’anima del ricercatore non dovrebbe mai penetrare ed insediarsi il sentimento consolatorio di possibili commistioni, di giustificabili contaminazioni: i casi in cui si scambi il sogno per percezione astrale, la rappresentazione per esperienza immaginativa, l’oscura sensazione corporea per corrente eterica, sono soltanto temporanea follia o disponibilità medianica. Se il guasto non è troppo grave, è interessante constatare che la realtà di riferimento ed il corrispondente grado di coscienza del confuso, rimane quello piú comune, conforme cioè al mondo fisico-sensibile.
Per contro, nell’esperienza sovrasensibile balena un mondo qualitativo, nel quale il pensiero ordinario è inutile, mondo di segno e contenuto opposto rispetto a tutto ciò che cristallizza in forma certa la generale realtà antropologica.
Il discepolo che non smarrisce per strada l’intima coerenza con l’ammaestramento dello Spirito, rievocherà meditativamente l’impressione inconciliabile, l’immensa contraddizione avvertita tra il mondo del sensi ed il mondo dello Spirito. Da simili ripetute impressioni, quella parte dell’anima non stretta al sensibile matura profondi cambiamenti, si svincola dall’illusione del sapere, dalla costellazione di forme e certezze, sino a minare la presunzione che supporta l’essere nell’apparire, giungendo alla severa e viva esperienza che il filosofo greco ed il saggio taoista chiamavano consapevolezza di non sapere, circondata da un mare e da un cielo, vasti, di silenzio.
L’esperienza del silenzio può essere immediata o progressiva, ma risulta in ogni caso una importante componente dello sviluppo interiore.
Poiché viviamo immersi nel mondo, il silenzio sembra impossibile ed innaturale, al punto che chi si interessa con sensibilità professionale dei problemi della società e della psiche umana può constatare che “il silenzio, nella nostra cultura dell’informazione, velocissima ed affollatissima, è la cosa che sopportiamo di meno. A cui diamo il valore piú basso”.
L’occultista sveglio è anche realista, e semplicemente sa per esperienza diretta che per la coscienza ordinaria il silenzio è impossibile.
Al silenzio ci si educa con la disciplina della Concentrazione, perciò dall’inizio vero: essendo in quella la presenza fra due parole, lo sfondo di ogni immagine volitivamente evocata. Si può affermare che il silenzio procede pari passo con l’ascesi della Concentrazione.
Il Silenzio può essere sperimentato dall’anima, quando questa inizia ad essere capace di vera concentrazione, come una disciplina a sé stante. È persino possibile in alcuni momenti avvertire come il Silenzio sia la prima, iniziale condizione in cui l’anima, per non sentirsi semplice gioco di contrastanti illusioni, dovrebbe trovarsi per realizzare la minima verità della propria natura.
Ad esempio, l’ultimo Iniziato Solare, a dei discepoli poco inclini alla meditazione, consigliava di integrare l’esercizio del silenzio all’insieme del lavoro giornaliero, oppure a concentrazione conclusa di mantenersi nel silenzio per un tempo ulteriore.
Il Silenzio è propedeutico alla semplice ma non facile disciplina della percezione pura, ma anche nella forma piú elementare di temporanea interruzione dell’eterno e logorante monologo interiore, è un potente risanatore dell’anima e del corpo.

Si provi con interiore sobrietà il seguente esercizio: ci si sieda in un bosco o davanti a una verdeggiante barriera vegetale e si guardi in silenzio il verde del fogliame, evitando per almeno un quarto d’ora impulsi e pensieri, in paziente attesa, senza attendere nulla.

L’esercizio descritto è formativo e possiede inoltre valore terapeutico sul sistema nervoso e sugli organi del respiro e della vista.
Il Silenzio ci guida tra i primi e piú delicati stati di coscienza modificata: con la mente silenziosa, anche per pochi minuti, si guardi il mondo che ci attornia in qualsiasi luogo e situazione. Non accadrà nulla di sconvolgente, ma ben presto ci accorgeremo che quel mondo scelto a caso torna a noi uguale eppure diverso: il percepito piú una sensazione o impressione senza nome e riferimento. Abbiamo con ciò sperimentato l’iniziale separazione tra la percezione fisica e la sua controparte sottile (subtilis ab spisso), il primo passo sulla via dell’esperienza cosciente del cosmo eterico.
Come per la concentrazione, anche in questo caso la fase pura dell’esperienza termina con la percezione dello sforzo, con il suo istintivo trasferimento alla sensazione fisica o qualora si verifichi una leggera atonia nella coscienza, la quale al contrario, dall’esperienza descritta, trarrà una delicata ma percettibile impressione di vastità e forza suscitata dalla comunione con una fine e onnipervadente sostanza di Vita.
Se si domina davvero il pensiero ordinario, in altra direzione, si attivi tutta la forza della Concentrazione, poi con atto istantaneo non pensato ma voluto, si realizzi lo stato di Silenzio perfetto, impeccabile.

Qualora le condizioni interiori ed esteriori consentano la permanenza, ci si concentri sul Silenzio stesso. La coscienza deve solo permettere al Silenzio di enuclearsi (farsi sostanza) ulteriormente. È allora possibile assistere alla trasformazione del Silenzio, sperimentato finora come stato, al Silenzio che inizia a diventare luogo. In questo luogo che si rafforza e si amplia (percezione spaziale del Silenzio), come da densa ed oscura nebbia che lentamente si disperda, compaiono alla visione interiore forme, correnti ed esseri da cui sarà possibile apprendere ulteriori azioni di avanzamento nei mondi interiori.

A chiusura di questa nota è forse bene sottolineare che le esperienze indicate non devono venire attratte verso il basso (tamas, corporeità, rêve éveillé) né verso l’alto (esperienze estatiche).
Alcuni testi ben conosciuti come la Prattica dell’estasi filosofica di Campanella, al di là del suo valore storico e conoscitivo e le ottuse tecniche per impadronirsi del “chi” dopo il suo degrado nelle categorie corporee, sono inattuali e fuorvianti, e seducono magneticamente l’operatore verso ciò che emana dagli stati dell’essere cosmicamente dominati dagli Ostacolatori. Le tecniche corrette, fondate al contrario sul piú lucido e presente livello delle forze dell’Io, favoriscono l’attuarsi di tali forze nella propria immanente Essenza.

Franco Giovi

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