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Ho
letto in altre lettere da voi pubblicate il problema del trascorrere veloce
del tempo. Per me è diventato impossibile reggere il suo ritmo incalzante,
che aumenta ogni giorno e sempre piú chiede in attenzione alle cose
materiali, facendomi trascurare quelle che io so bene essere prioritarie,
come gli esercizi e le letture spirituali. Sento di avere un grande bisogno
di pace, di serenità, di calma interiore.
- In merito al trascorrere del tempo, e alla quiete, disse un giorno
il Maestro d’Occidente: «Hai mai contemplato un rivolo d’acqua che
sgorga da una sorgente, sempre vivo e identico nel punto in cui scaturisce?
Ebbene, cosí vedo trascorrere il tempo: non sono un piccolo corpo
portato innanzi dal fluire del rivolo, che lascia la sorgente, se ne allontana
e passa attraverso un paesaggio, vedendo cose diverse secondo il suo scorrere:
no, sono immobile fuori del tempo: lo vedo fluire con gioia: sento in me
la gioia della vita da cui esso fluisce. Il mutare delle cose e degli eventi
lo vedo sempre nello stesso scenario, perché ciò che è
vasto e ricco e sconfinato e diverso è il mondo in cui posso stare
immobile, fuori del tempo. Il tempo non passa, ma scorre identico secondo
il ritmo della perennità. …È necessario approdare là
dove è l’assoluto silenzio, la fine di ogni risonare dell’umano,
dove la quiete è il fondamento del riposo in sé, dell’identità
con sé, ove si sente svanire ogni valore della Terra: permane solo
ciò a cui non si tende con la brama. Non v’è piú tensione,
ma solo stabilità che dal profondo contiene tutti i mondi ed è
il loro radiare dalla sua pace profonda. Allora si comprende la “quiete
delle Gerarchie”, il riposo che gli Dèi hanno in sé come
una natura non voluta epperò presente nell’essere. Questo riposo
viene ricordato dall’anima come un suo nascosto fondamento: da questo assoluto
suo essere essa può muovere. Ma questo assoluto suo essere è
il Logos, a cui l’anima volge senza saperlo».
Sono rimasto particolarmente colpito dal sogno che compare nel numero di
Dicembre, intitolato “Il mostro”, perché recentemente ho sognato
anch’io un essere molto simile, per comportamento e risultato devastante,
a quello descritto. Ritengo, dall’impressione profonda che è rimasta
in me, che si tratti di una figurazione dell’Anticristo, secondo quanto
annunciato nell’Apocalisse. Vorrei sapere qualcosa in piú su questo
dèmone, al quale Rudolf Steiner accenna senza però, da quanto
mi risulta, entrare nei particolari.
- Nel numero dello scorso Novembre,
nella rubrica “Siti e miti”, abbiamo riportato uno stralcio tratto dalla
conferenza di R. Steiner intitolata Influssi luciferici, arimanici,
asurici (Berlino 22.3.1909, «Antroposofia», XXVI, N. 1-3)
in cui è descritto l’Anticristo come Asura, o dèmone solare.
Anche in un altro ciclo (R. Steiner, Apocalisse e attività dei
sacerdoti, O.O. 346, VIII conferenza, Dornach 12.9.1924) tale entità
viene tratteggiata con estrema precisione: in riferimento all’Apocalisse
di Giovanni, egli è legato al numero 666. Fu proprio nell’anno 666
d.C. che la Bestia si inserí per la prima volta nel karma dell’umanità
«per imprimere alla cultura occidentale il sigillo del materialismo».
Esattamente 666 anni dopo, nel 1332, culminò il secondo violento
attacco che la Bestia aveva sferrato «minacciando il Cristianesimo
e la sua ricerca di autentica umanità, facendo valere, contro l’umanità,
la bestialità»: attacco che aveva già lasciato, al
suo passaggio, la distruzione dell’Ordine dei Templari. Il terzo 666 è
il 1998, anno in cui il dèmone Sorat (nome da non pronunciarsi),
riappare sulla scena del mondo. Dice il Dottore, riferendosi al periodo
appena iniziato: «Si vedranno sorgere uomini, dei quali non si potrà
credere che siano veri uomini. Si svilupperanno anche esteriormente in
un modo singolare. Esteriormente saranno nature intense, forti, con tratti
furiosi, una furia distruttiva nelle loro emozioni. Avranno un viso in
cui si potrà vedere esteriormente un tipo di volto bestiale. Gli
uomini-Sorat saranno anche esteriormente riconoscibili, beffeggeranno nel
modo piú terribile non solo tutto ciò che è di natura
spirituale, ma lo vorranno combattere e gettare nel fango». E ancora
«…alla fine di questo secolo Sorat sarà nuovamente sciolto,
e l’anelito a spazzar via tutto lo spirituale risiederà nelle intenzioni
di un grande numero di anime terrene». I sogni dunque, suffragati
dall’insegnamento dei Maestri, ci avvisano della minacciosa presenza di
questa entità nella nostra epoca. Sta a noi sviluppare le forze
interiori necessarie a superare l’impulso dilagante dell’attuale civiltà
verso il materialismo, contribuendo invece, ognuno nel proprio campo e
secondo le proprie possibilità, all’evoluzione dell’umanità
in senso cristico.
Luminarie
artificiali, stelle di carta argentata, drappi multicolori, musiche etniche
che fanno muovere i piedi e bloccano l’anima, è questo il Natale
che abbiamo appena subíto e che subiamo da troppi anni, con troppa
mediocrità: il paganesimo uccide le festività sacre. Basta!
dicono i nostri cuori, stop a questo Natale senza amore, senza vera nascita:
che sembra il parto aberrante di una umanità mostruosa piú
che la nascita del Redentore. Noi, indegni seguaci del Maestro d’Occidente,
che potremmo attingere attraverso la Scienza dello Spirito ad orizzonti
grandiosi di luce, nascite cosmiche dell’Uomo interiore che, in noi, attende
di essere destato, restiamo giú nel fango delle tenebre, nell’orrore
di una morte spirituale. Quando, con orgoglio interiore, restaureremo la
dignità del rito? Quando spegneremo sul livido volto di Arimane
il ghigno beffardo e oscureremo lo sguardo sfuggente di Lucifero? Sta a
noi, tremebondi seguaci del Maestro dei Nuovi Tempi, imporre al mondo il
ritmo cosmico dell’Io per ingabbiare il caos prevaricante dell’esistenza
quotidiana. Incarnare la devozione del rito, l’armonia del ritmo, è
il compito che ci riguarda: è l’apoteosi concreta della concentrazione
interiore e della meditazione.
- Una lettera che non necessita di commenti, nella quale il lettore evoca
con drammatico realismo l’atmosfera di un Natale senza elevazione spirituale,
indicando al contempo chiaramente la via per l’indispensabile trasformazione
interiore, la sola può che può originare una rinnovata sacralità.
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In
copertina: «Saulo sulla via di Damasco»
arazzo tessuto a Bruxelles su cartone
di Raffaello
(Mantova, Palazzo Ducale)
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Direttore Responsabile: Fulvio
Di Lieto
Cura redazionale: Marina Sagramora
Autorizzazione Tribunale di Roma
N. 104/89 del 4.3.1989
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Mese di Gennaio
2001
Programmazione html: Glauco
Di Lieto
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Numeri arretrati
Anno 1999:
Anno 2000:

Il
fulgore di Krishna
«Quando
Paolo ha la sua visione davanti a Damasco, chi gli appare è il Cristo.
Ma il fulgore di luce del quale il Cristo si riveste, è Krishna.
E poiché il Cristo ha assunto Krishna a proprio involucro animico,
mediante il quale egli poi continua ad operare, nel Cristo che in quel
momento risplende di luce è contenuto anche tutto ciò che
in passato era stato il contenuto della sublime Bhagavad Gita».
da
La Bhagavad Gita e le lettere di Paolo, Ed. Antroposofica, Milano
1977
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