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Ho
avuto di recente una grande delusione nello scoprire come una coppia di
amici, che consideravo modelli dal punto di vista umano nonché da
quello del lavoro, in realtà si comportavano perseguendo solo i
propri egoistici scopi di carriera ed economici. Dato che entrambi dichiarano
a gran voce la loro seria e impegnata ricerca di perfezionamento spirituale
attraverso l’antroposofia, ho tentato di far loro comprendere quanto la
base di ogni evoluzione interiore sia l’amore fraterno e disinteressato
che ci lega gli uni agli altri. Per tutta risposta, mi hanno detto che
un tal modo di ragionare si adatta piú a un moralista bigotto che
a un seguace della Scienza dello Spirito…
Rudolf Steiner, in un breve scritto risalente al 1888, Credo. Il
singolo e il tutto, cosí si esprime in merito alla necessità
per l’uomo di vincere il proprio egoismo: «La repressione di ogni
egoismo è il fondamento di una vita superiore, poiché chi
scaccia da sé l’egoismo vive come un essere eterno. Siamo immortali
nella misura in cui facciamo perire in noi l’egoismo. Ciò che in
noi è mortale è l’egoismo. Questo è il vero significato
del detto: “Chi non muore prima di morire, si corrompe quando muore”. Cioè
chi non rimuove da se stesso l’egoismo durante la vita terrena non partecipa
per nulla a quella vita dell’universo che è immortale, non è
mai effettivamente esistito, non ha mai avuto una vera esistenza. Vi sono
quattro campi dell’umana attività nei quali l’uomo, con la rimozione
di ogni atto esclusivamente personale, si dà totalmente allo spirito.
Essi sono: la conoscenza, l’arte, la religione e l’amorevole dedizione
agli altri nello spirito. Chi non vive in una almeno di queste quattro
sfere, in verità non vive. La conoscenza è la dedizione all’universo
con il pensiero, l’arte con la contemplazione, la religione con il sentimento;
l’amore con tutte le forze spirituali è dedizione a qualcosa che
a noi appare come un essere del mondo degno di pregio. La conoscenza è
la forma piú spirituale, l’amore è la forma piú bella
dell’altruistica dedizione, perché l’amore è una vera luce
celeste nella vita ordinaria di ogni giorno. Un devoto e verace amore spirituale
nobilita il nostro essere fin nelle sue intime fibre, innalza tutto ciò
che vive in noi. Questo puro e devoto amore trasforma l’intima vita dell’anima
e la rende affine allo spirito del mondo. Amare in questo senso piú
elevato significa portare il soffio della vita divina là dove per
lo piú si può trovare soltanto un esecrabile egoismo e una
passione indegna di stima. Si deve prima sapere qualcosa della santità
dell’amore, e soltanto allora si potrà parlare di esistenza religiosa.
Se l’uomo, uscito da ciò che è strettamente personale, si
è immedesimato, attraverso una delle quattro suddette sfere, con
la vita divina dell’idea, ha raggiunto ciò che nel suo petto fa
germogliare il seme di un anelito, l’anelito cioè della sua unione
con lo spirito; vive in libertà, perché si è svincolato
da ogni subordinazione. Nulla piú lo costringe tranne ciò
di cui volontariamente subisce la coercizione morale, perché lo
ha riconosciuto come dotato di maggiore elevatezza. Fa’ dunque che la verità
diventi vita; perdi te stesso per ritrovarti nello spirito universale!»
Vi invio il mio libro La leggenda
dell’ultimo predicatore [Ed. Bambino, Massarosa, Lucca], frutto di una
lunga ricerca interiore allo scopo di ritrovare il sorriso che avevo perso.
Non volevo pubblicare questa opera prima di aver realmente verificato su
me che poteva concretamente dare un contributo costruttivo al lettore.
Ho fatto tutto quello che potevo affinché chi leggesse l’opera potesse
fare un’esperienza originale: cioè un’esperienza semplice, fondata
sul sorriso, sulla purezza e sul senso di riconoscenza verso il mondo.
Spero che l’opera sia di Vostro gradimento, e non nascondo che mi farebbe
piacere un’eventuale recensione sulla Vostra rivista.
L’Archetipo non ha, fino ad oggi, una pagina dedicata alle recensioni.
Le rispondiamo pertanto, come agli altri lettori, nella rubrica della posta.
Il libro è gradevole e ben scritto. Si rivolge però a un’utenza
diversa da quella della nostra rivista che, come avrà notato, reca
come sottotitolo “Mensile di ispirazione antroposofica”. L’Antroposofia,
o Scienza dello Spirito – una Via di conoscenza e di disciplina interiore
tracciata da Rudolf Steiner, il “Maestro dei Nuovi Tempi”, e portata avanti
da Massimo Scaligero, suo ideale continuatore – considera come figura centrale
di tutta l’umana evoluzione quella del Cristo, dal cui mirabile insegnamento,
dopo la Sua venuta in veste fisica duemila anni fa, non può prescindere
alcun discepolo che intenda percorrere il sentiero della propria formazione
spirituale. Scorrendo le pagine della sua interessante “favola”, si percepisce
chiaramente un’ispirazione equidistante da induismo, shintoismo, buddhismo
e quanti altri possenti orientalismi conosciuti. Vi manca però quella
presenza centrale, radiante di Luce cosmica, rappresentata dal Cristo,
il cui insegnamento si discosta da quello suggerito nel testo. Noi dobbiamo
essere operanti, attivi nel donare, nel sacrificio di noi stessi verso
gli altri, piuttosto che passivi, sognanti, in attesa del cibo che qualcuno
porrà nella nostra ciotola dell’elemosina, antico costume dei saggi
dell’India. Viviamo in un’epoca in cui siamo chiamati a impegnarci in maniera
vibrante perché si attui finalmente sulla Terra quello che il Dio
fatto uomo venne a predicare tra noi, quel comandamento che tutti li riassume:
«Ama il prossimo tuo come te stesso».
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E-mail
In
copertina: Gustave Doré «Pentecoste»
incisione, 1866. «Il mistero della Pentecoste è un
appello rivolto agli uomini affinché, in quanto singoli
individui, essi accolgano in sé l’impulso del Golgota».
(R. Steiner, Ascensione e Pentecoste, Dornach 7.5.1923)
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Di Lieto
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Mese di Giugno
2001
Programmazione html: Glauco
Di Lieto
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Numeri arretrati
Anno 1999:
Anno 2000:
Anno 2001:
Questa
miniatura rappresenta il mese di giugno. Venne eseguita a Parigi nel 1440
su commissione dei duchi di Berry. La prospettiva è ripresa dall’Hôtel
de Nesle, allora residenza preferita della casata nella capitale francese.
Lo sfondo è occupato interamente dal Palais de la Cité, che
fu la reggia dei monarchi capetingi fino al 1417. Divenne poi sede di uffici
giudiziari e finanziari dell’amministrazione reale. Notevole è la
raffigurazione, sulla destra dello sfondo, della Sainte Chapelle, fatta
edificare nel 1246 dal re Luigi IX, il Santo, per accogliervi le reliquie
della Passione di Cristo riportate dalla Palestina al termine della 7a
Crociata.
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