La pratica della Concentrazione può non essere la strada completa
e sufficiente ai fini di una veridica reintegrazione cosciente alla sorgente
spirituale della nostra entità, da essa separata solo dalla barriera
della testa, o piú esattamente da una parte dell’organo cerebrale.
La Concentrazione potrebbe essere il solido ponte sull’abisso (che
prima o poi si spalanca intorno all’asceta), se venisse svolta oltre i
limiti personali, se fosse puntualmente intuita ed attuata la direzione
qualitativa conforme al suo trascendente potere autocorrettivo,
se ogni tentativo sollecitasse indirettamente ma potentemente le piú
nobili e profonde forze dell’anima, se una crescente venerazione, piú
intensa di ogni ordinario sentimento, permeasse l’operatore sino alla corporeità.
Questi “se” non sono impossibili, ma rari: troppo spesso tentiamo di
adempiere a questo eccezionale atto interiore, deboli, stanchi o in parziale
anestesia d’anima.
Gli individui che vengono spinti dal destino sulla Via del movimento
scientifico-spirituale, sembrano spesso attratti in direzioni non solo
tra loro diverse, e ciò sarebbe giustificato, ma anche unilaterali.
In breve: o studio o esercizi. Anche per l’unilateralità vi
sono certamente profonde giustificazioni che di solito rimandano ad una
prenatale economia dell’anima, ma per l’abuso verso il basso della Libertà
che ci permette l’irrigidimento nell’errore, il fanatismo settario (ed
è inutile continuare l’elenco), entriamo in un ambito di peccati
che l’esoterista, dinanzi allo Spirito del Tempo e all’attuale divenire
del Mondo, non può piú permettersi.
Il vero esoterista del presente non è piú un esotico
e raffinato contemplativo, ma un semplice soldato che parte per una guerra
in nefasto svolgimento, motivato soltanto da un amore piú grande
di lui.
Rappresentiamoci le due ossessioni estremizzate: la prima è
il fare e strafare esercizi, spinti da un mai chiarito imperativo categorico.
Esercizi sospesi nell’aria, come palloncini gonfiati ad elio, senza origine,
senza un pensiero che, diretto dall’Io, li giustifichi: indipendenti da
una conquistata concezione del Cosmo e dell’Uomo, nella quale il sovrasensibile
trovi sana e sicura ragione d’essere, e anzi da tali forti radici la disciplina
interiore giunga al significato di un passo grande, grave ed inequivocabile
di maturazione universale.
La seconda ossessione è quella di allargare ad libitum
una orizzontale ed insaziabile cupidigia conoscitiva che quantifica o straripa,
da ciclo a ciclo, indubbiamente estatica come il grattarsi quando la pelle
prude, ma incapace di arrestarsi nell’approfondimento di un tema o di una
frase.
Indisponibile all’esercizio esoterico, ma anche a muovere i primi passi
di una sintesi consapevole tra il pensiero antroposofico e la percezione
sensibile: disciplina indispensabile ad una conoscenza introduttiva del
soprasensibile, poiché «a chi abbia letto le spiegazioni precedenti,
prendendo solo conoscenza del loro contenuto, le verità che vengono
presentate sembrano semplicemente affermazioni arbitrarie. Diverso è
il caso per colui, la cui esperienza di idee abbia subito un rafforzamento
in seguito alla lettura di ciò che era stato esposto in connessione
con il mondo sensibile. Per questi le idee si sono svincolate dal loro
legame con i sensi, acquistando una vita interiore autonoma»(1).
La disgrazia di seguire questa via di conoscenza unilateralmente con
la sola concentrazione o con una eterna e facile lettura garantisce l’opposto
di una sana vita interiore ed esteriore, poiché, sebbene la Concentrazione
restauri per brevi momenti e secondo Verità Spirituale la retta
gerarchia dei principi organizzanti l’uomo, entro il limite del mentale
potenzia, potenzia tutto: il buono ed il cattivo. Può essere proficuamente
esercitata dal malvagio che diverrà un malvagio piú potente.
La lettura, accanita ma superficiale, non modificherà certamente
quello che interiormente è già poco ma riempirà l’anima
di immagini fantasiose che allontaneranno lo studente prima da un lucido
rapporto con il proprio mondo interiore, poi da un corretto rapporto con
il reale sensibile.
Infatti ciò che spinge molta gente lontano da certe conventicole
che “coltivano l’Antroposofia” è l’imbarazzante e sgradevole contrasto
tra l’impressione ottusa, settaria ed irreale che si manifesta tra i componenti
del gruppo rispetto alla superiore destità, disponibilità
di cuore e capacità intellettiva, posseduta naturalmente da tante
persone “normali” che nulla hanno a che fare con esoteriche dottrine.
I testi di Scienza dello Spirito non vanno soltanto letti: devono piuttosto
venire conquistati, devono essere causa di tensioni, di sforzi, di lotte
interiori. Il Mondo Occulto ha urgente bisogno di forti e generosi lottatori
piú che di sapienti lettori.
I testi, anzi il testo che si ha tra le mani, va letto con il medesimo
rigore che cerchiamo di raggiungere praticando la Concentrazione: nessun
paragrafo, nessuna riga o singola parola dovrebbe attraversare inconsapevole
o astratta la nostra testa. Se qualcuno, dominata l’impudicizia e la
sguaiataggine, divenuta inavvertito ambito naturale dei modi attuali di
parola e pensiero, riesce a provare a poco a poco rispetto o devozione
o amore per quanto, nella quiete, il testo inizia a comunicargli, trova
il sentimento giusto che lo guiderà alla percezione diretta del
vivente cosmo di luce da cui i contenuti del libro sono stati attinti.
È importante ricordare che l’Iniziato Solare affidava ai discepoli,
e spesso prima di esercizi individuali, la lettura di un testo che doveva
essere approfondito per tutto il resto della loro vita. Questa particolare
disciplina fu continuata e trasmessa dai primi discepoli a quelli successivi.
Per rimanere vicini alle individualità a noi piú care, può
essere ormai riferito ad esempio che il Dottor Colazza consegnò
per la vita a Massimo Scaligero il ciclo di conferenze conosciute con il
titolo Antroposofia, Psicosofia, Pneumatosofia, pubblicate a Roma
nel 1939 da Ernesto Buonaiuti.
Nel tempo sorsero, come sempre accade nel fiabesco mondo dell’occulto,
superstiziose interpretazioni sulla quantità di rilettura del “proprio
testo”: tradizioni irreali, senza alcun significato. Il fatto importante
è che sono esistite ed esistono persone che attraverso (ma non solo)
tale pratica ininterrotta sono giunte a poter contemplare da sé
alcune fondamentali realtà spirituali descritte in Teosofia,
Scienza Occulta ecc.
Di grande valore e di limpida comprensione circa il mutamento sostanziale
nel modo di lettura di testi e frasi di contenuto interiore sono le indicazioni
pratiche rintracciabili nell’articolo di Giovanni Colazza intitolato Sull’attitudine
dinanzi all’insegnamento esoterico(2).
In tale scritto il dottor Colazza delinea la triplice forma animica
atta ad accogliere compiutamente la comunicazione di contenuto spirituale.
Il tema, lo scritto, la frase, oltre che pensati devono venire sviluppati
in forma di congrua immagine, l’immagine deve essere accolta nel sentire,
nel trasformante calore del cuore, e successivamente addizionarsi alla
potenza del volere: queste tre distinte operazioni possono svolgersi, in
rapporto al senso umano del tempo, con una certa simultaneità.
Per permettere la “discesa” del contenuto nella sfera del sentire e
del volere, e allo stesso tempo per portare tale opera alla massima intensità
e sperimentabilità quale evento interiore, nell’articolo
citato vengono indicate precise tecniche di attivazione del puro sentire
e del puro volere in correlazione alle rispettive sedi corporee.
Tali direttive sono importanti nella misura in cui si voglia chiarire
e determinare su quale piano di valori faremo appoggiare il nostro studio
di Scienza dello Spirito, se avremo il coraggio di dire a noi stessi “sino
ad ora ho solo giocato”.
Lo studio delle comunicazioni interiori, da immagine a immagine, deve
essere chiaro e consapevole: illuminato dalle forze dell’Io, come il sole
illumina il mondo nella tersità del giorno; deve anche essere una
continua vittoria su quel se stesso, miserabile ma potente, che rifugge
da ogni profondità ed altezza, desideroso solo di subordinarsi all’inerte
piattezza dell’apparire già apparso. Lo studio della Scienza Sacra
diviene allora una strada magica, sulla quale può decidersi, in
forma di rivelazioni permesse dal pensiero liberato, la vita e il
divenire nostro e di quell’essere spirituale che, senza soluzione e in
cosmica sofferenza, chiede di poter operare come dono di saggezza nell’anima
umana cosciente di sé.
(1)R. Steiner, La mia vita, Editrice
Antroposofica, Milano 1966, p. 333
(2) Leo, «Ur», 1927, nelle varie edizioni
Immagine: «Studioso tra
i suoi libri» da un codice miniato del XV secolo
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