*«Allontana
il fuoco!»: formula magica degli Etruschi, usata poi anche dai Romani,
incisa sugli edifici per preservarli dagli incendi. |
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Aspro un incenso
dalla terra al cielo sorge, si estende, nega l’orizzonte,
un soffio occulto lo alimenta e spinge,
divampa mentre l’anima scongiura:
«Arse verse».* Non basta la preghiera
incisa da una mano sconosciuta
sul tenace archivolto a esorcizzare
la febbre solstiziale. Brucia stoppie
per zolle e solchi la campagna, ovunque
reste dorate in roghi si consumano.
Sbaragliati manipoli, superstiti
alle cruente mischie nei canneti
e ai rovi acuminati, si disperdono,
messi in fuga caotica, i papaveri,
disseminando sangue in larghe strie
nei fossi, tra le spighe, lungo gli argini.
Fiorire è zolfo e magma, l’acre linfa
che fomenta la vita, ne consacra
le ardenti liturgie. Cosí il candore
che la magnolia effonde si dilegua
arso alla fiamma di ginestre e cardi.
Ali combuste cercano planando
tregua all’incendio. Sola pace è il vento
e quella via scavata tra colline
irte d’antenne e croci e aduste chiome
e pire d’erba cui s’immola il giorno.
Oltre, nel mare, forse, è la salvezza:
dal crogiolo che fonde sole e nembi
un domani sottratto ad ogni fuoco.
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