Dopo un lungo pellegrinaggio in
mondi demonici e in boschi di figurazioni mitiche del terrestre piú
transitorio, occorre risorgere al puro essere con l’occhio purificato.
Alla poesia piú alta. È come la veste dell’Aurora che reca
la prima luce e la speranza dell’eternità di quel momento: è
come la forma del Verbo che crea.
È un tornare alla base
originaria, nel profondo essere dell’anima, là dove nasce il pensiero:
l’alba dello Spirito, la prima luce. Là dove essere è un
cessare di essere, come un morire.
È un guardare ieratico,
che viene tratto innanzi da un nuovo essere, come da una nuova possente
obiettività. È il miracolo del superamento dell’oscuro mondo
degli istinti e il loro vibrare di una musica riordinatrice, un fremere
secondo un antico richiamo: la Redenzione è la musica possente che
riconduce alla Fonte di sé.
Con il procedere graduale nel
sentiero vuoto, invisibile, l’azione umana prorompe come simbolo di ciò
che opera come formazione sovrasensibile di un nuovo mondo, di un ordine
anelato attraverso le mille infinite brame-catastrofi, attraverso tanto
dolore.
Ogni giorno il cammino si fa piú
ricco di doni: è un conoscere nuove piú segrete forme della
realtà superiore. Ma occorre sempre maggiore forza d’animo, una
purità ancora piú tersa. Questo diviene un impegno serio
dell’anima rispetto a tutto: un’alta e chiara ascesi, capace della piú
potente continuità, una forza continua, un coraggio continuo.
È necessario capire l’apice
che ogni volta, dal basso, dal massimo dell’oscurità divenuta livello
quotidiano, occorre raggiungere per ritrovare il senso della vita: perché
la vita abbia un volto e una luce. Quest’opera deve essere compiuta anche
quando sembra che svanisca il suo significato nella opposizione della demonicità
quotidiana, per ritrovare il senso, la direzione, la volontà: conoscere
che cosa significa, per l’umanità del tempo, Resurrezione!
Da una lettera dell’aprile
1970 a un discepolo
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