Nel corso di un telegiornale
un’autogru solleva brutalmente carcasse dí bovini per poi scaraventarle
nel cassone di un autotreno: finiranno nella fornace di un cementificio
nell’ambito dei provvedimenti preventivi contro la cosiddetta sindrome
della mucca pazza. In una successiva edizione la campagna inglese sembra
in fiamme per i tanti roghi alimentati da centinaia di suini inceneriti,
nel tentativo di arrestare l’epidemia di afta epizootica; seguono immagini
di intere greggi di ovini “abbattuti” con le medesime finalità in
Francia e in Olanda. Contemporaneamente apprendiamo dalla stampa che in
sostituzione delle carni tradizionali sta vertiginosamente salendo il prezzo
di quelle alternative, macellate a ritmi serrati, mentre si sta intensificando
la caccia indiscriminata a specie protette, anche di frodo nei parchi (coccodrilli,
leoni, leopardi...); e che inoltre, in occasione della Pasqua, anche quest’anno
è stato apocalittico il numero degli agnelli sterminati. Frequentemente
ci viene poi riproposto l’orrendo spettacolo di polli e conigli ammucchiati
uno sull’altro a migliaia in ambienti chiusi e angusti, senza sosta ingozzati
sotto continui stimoli luminosi, fino al raggiungimento del peso commerciale
che ne determina l’inesorabile eliminazione. Se in aggiunta consideriamo
quanto segue: milioni di cavie da esperimento o vivisezionate (“ricerca”);
foche decimate per la preziosa pelliccia; balene cacciate spietatamente
nonostante accordi internazionali; uccellagione e caccia “sportiva”; cani
abbandonati o peggio addestrati a sbranarsi in combattimenti mortali, indegnamente
sfruttando la loro spontanea sottomissione al “padrone”; gatti periodicamente
torturati da giovinastri annoiati; cavalli “dopati” sino a morire di crepacuore
nelle corse clandestine – e l’elenco potrebbe purtroppo continuare – non
appare ingiustificato definire vergognoso, almeno in cospicua misura, il
nostro comportamento verso gli animali. Del resto chi non ha incontrato
almeno una volta un autotreno stipato fino all’inverosimile di capi costretti
a viaggiare per centinaia di chilometri, sotto un sole cocente, spesso
privi d’acqua, verso il mattatoio? Senza dimenticare gli esperimenti genetici:
la famosa pecora clonata è stata preceduta da circa centocinquanta
tentativi falliti, dagli esiti mostruosi e certamente accompagnati da indicibili
sofferenze, dal momento che l’animale soffre, in proporzione, piú
dell’uomo: «Il dolore è nell‘animale molto piú profondo
e colma molto di piú l’anima di quanto non avvenga nell’uomo a seguito
di un dolore puramente corporeo»(1).
Provvidenzialmente comincia
con fatica ad affermarsi una convinta coscienza animalista che produce
legislazioni protettive (per esempio in relazione ai menzionati allevamenti
in gabbia), oasi faunistiche, qualche limite alla libertà di sperimentazione,
che si spera venga rispettato; grande è il contributo delle associazioni
specifiche di volontari e tanti i casi di buon cuore zoofilo da parte di
persone umili e sconosciute. Indubbiamente un vero rispetto verso gli animali
non può certamente limitarsi a «portarli a spasso con un ridicolo
cappottino, barcollanti perché indecorosamente ingrassati da padroni
che spesso possiedono un cane o un gatto perché incapaci di relazioni
umane» come sottolineava in proposito M. Scaligero, senza con ciò
nulla togliere ai tantissimi degni proprietari che accudiscono saggiamente
i loro amici a quattro zampe. Aggiungeva poi che «Amarli veramente,
per l’uomo dell’anima cosciente, significa non solo averne cura rispettandone
la natura, ma, soprattutto, conoscere il retroscena occulto del loro
rapporto con noi e con la Terra». L’uomo infatti deve la sua
evoluzione in misura determinante alla circostanza che in un periodo antichissimo,
nel quale la situazione generale era tale che le passioni trovavano immediato
consolidamento, ha potuto evitare di incorporare stabilmente le tendenze
piú aggressive e violente allora presenti in lui, poiché
le medesime, appena espulse grazie all’azione di Gerarchie altissime, cessavano
di costituire un pericolo venendo subito stabilmente intrappolate nelle
forme animali dell’epoca, antenate di quelle attuali(2).
Il mondo animale, dunque,
si è sostanziato delle nostre pulsioni piú irriducibili alle
mete evolutive a noi destinate, consentendo all’uomo in formazione, cosí
liberato, di raggiungere compiutamente il grado umano. Quando ancora il
sentimento veniva considerato una delle forme attendibili di conoscenza,
prima che l’intellettualismo esasperato si ergesse ad unica fonte attendibile
di giudizio, il senso di tristezza e vergogna che tuttora proviamo al cospetto
delle scimmie, veniva considerato rivelatore della nostra subconscia consapevolezza
che i primati sono veri e propri esseri umani mancati, il cui sacrificio
ci ha consentito sviluppi superiori altrimenti impossibili(3).
Anche nell’Iliade
troviamo un preciso riferimento alla definitiva rimozione di gravi ostacoli
interiori all’evoluzione umana grazie al loro stabile incorporamento nelle
forme animali: Ulisse, il primo ad affrontare le sfide dell’esistenza da
uomo completamente terreno con l’intelligenza sorta a spese delle residue
forze di chiaroveggenza, risolve il decennale conflitto con l’abile stratagemma
del cavallo pieno di armati, dimostrando cosí un’astuzia sconosciuta
a Greci e Troiani. Omero – tradizionalmente descrittoci come cieco, cioè,
in linguaggio misterico, chiaroveggente – ben sapeva come questo nobilissimo
animale avesse incorporato in sé forze che, se fossero rimaste nell’uomo,
avrebbero impedito la sua evoluzione in essere intelligente, pensante.
È su questo genere
di profonde conoscenze che si basa il sacro rispetto verso le vacche in
India – la cui millenaria saggezza attende peraltro resurrezione a nuova
e piú alta esistenza ad opera dell’Occidente: «La luce non
può piú venire dall‘Oriente che è in decadenza; esso
però aspetta la luce dell’Occidente...»(4)
– i bovini hanno infatti l’esclusiva capacità di trasmettere continuamente
alla terra l’indispensabile spiritualità degli astri, mentre gli
uccelli, da parte loro, ritrasformano senza sosta in spirito la materia
terrestre. A proposito del volatile per eccellenza, l’aquila, R. Steiner
dice: «...Come continua a volare anche dopo la morte! La materia
fisica spiritualizzata dell’aquila vola nell’infinito per riunirsi con
la materia spirituale delle regioni spirituali»(5).
L’uomo e la Terra hanno
necessità l’uno dell’altra, ma non potrebbero sostenersi a vicenda
senza la mediazione dell’ambiente: solo grazie ad interventi come quelli
menzionati dei bovini o degli uccelli il mondo è un tutto armonico
e la nostra esistenza assicurata. M. Scaligero soleva ripetere che se qualcuno
veramente approfondisce il retroscena occulto del mondo animale, difficilmente
continuerà a cibarsi di carne; o, almeno, ci permettiamo di ipotizzare,
lo farà sempre piú parsimoniosamente e con un sacro senso
di rispetto e gratitudine.
Da quanto precede appare
evidente come solo un serio approfondimento nel senso indicato dei rapporti
tra terra, animale e uomo potrà definitivamente risvegliare nell’umanità
il sentire indispensabile e urgente per un comportamento degno e consapevole
verso i nostri preziosi compagni di viaggio; inoltre, un concomitante ed
intenso sviluppo nella medesima direzione delle conoscenze relative all’entità
spirituale dell’uomo e del cosmo, arricchirebbe la ricerca medica di tali
feconde rivelazioni da rendere rapidamente del tutto superflua ogni forma
di sperimentazione animale.
(1) R. Steiner,
Anima e spirito nell‘uomo e nell’animale, Ed. Antroposofica, Milano
1996, p. 25
(2) " " I misteri dell’antico Egitto,
Ed. Basaia, Roma 1986, p. 189
(3) " " Antroposofia, Psicosofía, Pneumatosofia,
Ed. Antroposofica, Milano 1991, p. 73
(4) " " Cosmosofia II, Ed. Antroposofica, Milano
2000, p. 162
(5) " " Uomo, sintesi armonica, Ed. Antroposofica,
Milano 1980, p. 56
Immagine:
Una prelibatezza orientale per futuri gourmet occidentali: la carne di
coccodrillo. Dunque non piú solo scarpe e borse…
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