COLLOQUI

Valeria:
«Il nostro comune amico Silvano ritorna sempre sulla necessità di elaborare una strategia socio-economica in grado di fronteggiare la Bestia apocalittica che attanaglia l’attuale società. Di questo abbiamo a lungo dibattuto, ma non è facile che emerga una precisa visione di quanto occorrerebbe fare in campo pratico. Per ora è necessario proseguire nella nostra individuale preparazione spirituale, pronti ad accettare, quando il momento si presenterà, tutto ciò che ci sarà da mettere in atto in maniera fattiva, “sino al massimo sacrificio”, sino quindi, se sarà necessario, al martirio. È di questa determinazione che ha bisogno il Mondo Spirituale per inviare i giusti impulsi negli animi di chi si offre di servirlo».
Giacomo:
«Non so cosa intendi per martirio, ma non credo che in questa epoca ci sia richiesto di entrare nella fossa dei leoni, sebbene Massimo Scaligero una volta mi dicesse che siamo come i primi cristiani. Il massimo sacrificio è quello della personalità inferiore, che deve farsi da parte affinché sia “Non io ma il Cristo in me”.
Inoltre, ricordo che Massimo ebbe a dirmi – sapendomi ammiratore di un personaggio di altissimo livello spirituale e politico, assassinato dai suoi nemici – che “Non è piú tempo di Codreanu”. E non è sempre Massimo che dice: “Noi siamo qui per vincere, non per soffrire!”(1)?
Anch’io sono convinto che noi siamo qui per vincere e non certo per nobili sconfitte, le quali, per quanto nobili, restano sempre delle sconfitte. La storia dello Spirito su questa Terra è costellata di nobili sconfitte. E proprio perché è sconfitto solo chi si arrende, ora è venuto il momento di concretizzare qui, almeno in piccola parte, quella Vittoria che è già stata conseguita nei Mondi Spirituali.
In ogni caso io il martirio non me lo auguro proprio, sarebbe malsano avere un simile atteggiamento. Inoltre ho già abbastanza guai per andarmene a cercare altri: che di solito, poi, arrivano da soli senza bisogno di sollecitazioni ed in numero piú che sufficiente!»
Federico:
«Capisco bene quanto dici, Valeria; e in parte almeno non posso che essere d’accordo. Viviamo ogni giorno quel tormento, quindi non c’è nulla da aspettarsi in piú, salvo un cancro qua e là, salvo un’ingiusta incriminazione, salvo un attentato alla vita. Che probabilmente non ci sarà: infatti, si può togliere di mezzo un avversario sparandogli con un cannone – e allora si capisce bene di cosa si tratta – ma il veleno propinato a gocce nel corso degli anni è meno riconoscibile, pur essendo orientato ad ottenere il medesimo risultato.
Il guaio è che ho l’impressione che le cose siano andate piú in là di quanto avrebbero dovuto andare. Non si vede ancora una reazione, un’autentica difesa. Però mi pare che i nostri guai siano spiegabilissimi con quanto dice il Dottore, quando sostiene che molti mali di questa epoca scaturiscono da un’attenuazione delle coscienze, specialmente di uomini in posizioni direttive(2). Infatti, è facilmente osservabile come persino nel nostro piccolo mondo certe sconfitte, certe durezze siano state causate proprio dalla mancanza di lucidità, una mancanza talvolta clamorosa ed inspiegabile.
D’altronde, se le cose stanno cosí è anche ovvio che ci si debba confrontare con gli spiriti delle tenebre ed esserne attaccati. Forse bisognerebbe essere piú capaci di vederli, come dice qualcuno che li sogna. Mi accorgo spesso di lamentarmi e dolermi perché ritengo che ci sia dell’ingiustizia oppure addirittura della sfortuna nel mio destino, mentre invece dovrei ricordare sempre che dietro c’è un disegno preciso tendente a distruggerci con mezzi ben concreti pur se abilmente mascherati. Questo vale in generale, è vero, ma secondo me si manifesta anche nelle apparentemente piccole cose personali e quotidiane».
Valeria:
«Quanto al “massimo sacrificio” non è un’espressione mia ma di Silvano; espressione che anch’io riconosco riferita a questi e ai tempi piú prossimi a venire. Non credo si tratti necessariamente della morte, che anzi sarebbe una liberazione: essa porta un grande senso di scioglimento dal giogo materico e ti fa provare una pienezza di “vera vita”. Nessuno di noi si augura il “massimo sacrificio”, dato che già ne subiamo di continui nel quotidiano, ma credo che a ognuno verrà chiesto qualcosa che sembrerà superare le nostre limitate possibilità umane: sarà allora che dovremo attingere alle forze piú profonde del nostro essere e realizzare quel “Non io ma il Cristo in me” cosí ben descritto nella preghiera del Templare(3)».
Giacomo:
«In certo modo siamo già tutti martiri, anche se, forse, non siamo ancora arrivati al punto del totale esaurimento dell’umano, la totale rinuncia al sé inferiore ed a qualsivoglia forza o velleità personale. Vuoto di personalità necessario a che possa scendere la Forza ed attuarsi il vero incontro con il Cristo».
Federico:
«La differenza essenziale tra questa visione e la mia, la condivido anche col nostro Templare. Se potesse parlare ancora, quel vecchio cavaliere direbbe che prima di essere trascinato in quel carcere in attesa della morte, ha combattuto. Non aveva spada e lancia per tenerle in mostra sulle pareti del suo castello! Le ha adoperate.
Direbbe che si arrende solo quando gli risulta evidente che non c’è nulla che possa fare: allora la sua persona, il suo ego, si ritira e lascia spazio all’Altro. Direbbe che l’eroismo consiste nel bruciare l’ego nelle prove, non nel metterlo subito da parte per conservarlo. Direbbe che l’ego si brucia combattendo e che si combatte per riaffermare una dignità d’essere Uomini, i soli capaci di lasciare il posto al Logos.
Chi non combatte non può veramente morire, chi non muore, non può veramente superarsi. Non di martiri abbiamo bisogno ma di eroi. I martiri di un tempo, quando di essi c’era bisogno, sono passati per la porta della morte e non possono piú ripetere l’esperienza già fatta, devono farne altre, devono diventare eroi. Chi muore per sacrificio personale, come martire, rinasce eroe, perché ha il coraggio del martire ma la volontà del combattente. Le prove non mancano, ma il nostro dovere è essere determinati a che si possano realizzare le migliori condizioni possibili per operare. Perciò non subire, non arrendersi e non cercare il sacrificio, bensí cercare di creare qui ed ora le condizioni adatte a che si produca quanto di autenticamente umano deve avverarsi.
Ci sarà da combattere, saremo colpiti e colpiremo, ma sappiano, quelli dall’altra parte del campo, che noi siamo qui in veste di armati e non di agnelli pronti al sacrificio! Cadremo mille volte e mille ci rialzeremo, cadranno una volta e non si rialzeranno piú. Questa è la differenza. Nei Mondi Superiori abbiamo già vinto ed abbiamo inseguito il Nemico sino sulla Terra, ora dobbiamo batterlo anche qui. Occorre stanarlo e colpirlo, guardarlo negli occhi, oltre gli occhi, e sfidarlo. Avranno altrettanto coraggio? Se l’avessero ci avrebbero già spazzati via. Allora, affidata l’anima al Logos, il cavaliere udrebbe la Sua Parola che gli direbbe: “Alzati e combatti, perché Io combatterò al tuo fianco!”»

Severo Paladin

(1) Cfr. «Graal» n° 69/70, giugno 2000, p. 5
(2) Cfr. R. Steiner, Apocalisse e attività dei sacerdoti, conferenza del 12.9.1924, ed Esigenze sociali dei nuovi tempi, Editrice Antroposofica, Milano 1971, 1ª conferenza, Dornach 29.11.1918, p. 28
(3) Cfr. «L’Archetipo» n° 4/VI, febbraio 2001, p. 2

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